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François
Truffaut: l'amore per il cinema, il cinema dell'amore Quarta parte: Triangoli sentimentali, ossessioni amorose Piano del Dossier Prima parte: Introduzione generale Seconda parte: Raccontare l'infanzia e l'adolescenza Terza parte: Il "ciclo" di Antoine Doinel Quarta parte: Triangoli sentimentali, ossessioni amorose |
François Truffaut: love for cinema, the
cinema of love Part 4: Sentimental triangles, love obsessions Plan of the Dossier Part 1: A general introduction Part 2: Filming childhood and adolescence Part 3: The Antoine Doinel "cycle" Part 4: Sentimental triangles, love obsessions |
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Jack de Nijs for Anefo, CC BY-SA 3.0 NL <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/nl/deed.en>, via Wikimedia Commons |
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Filmografia/Filmography Une visite (corto/short film - 1954) Histoire d'eau (corto/short film - 1958) Les mistons (corto/short film - 1958) I quattrocento colpi/Les quatre cents coups/The four hundred blows (1959) Tirate sul pianista/Tirez sur le pianiste/Shoot the piano player (1960) Jules e Jim/Jules et Jim/Jules and Jim (1962) Antoine e Colette (primo episodio di L'amore a vent'anni)/Antoine et Colette/Antoine and Colette (first episode of Love at twenty) (1962) La calda amante/La peau douce/The soft skin) (1964) Fahrenheit 451 (1966) La sposa in nero/La mariée était en noir/The bride wore black (1967) Baci rubati/Baisers volés/Stolen kisses (1968) La mia droga si chiama Julie/La sirène du Mississippi/Mississippi mermaid (1969) Il ragazzo selvaggio/L'enfant sauvage/The wild child (1970) Non drammatizziamo ... E' solo questione di corna/Domicile conjugal/Bed & board (1970) Le due inglesi/Les deux anglaises et le continent/Two English girls (1971) Mica scema la ragazza!/Une belle fille comme moi/A gorgeous girl like me (1972) Effetto notte/La nuit américaine/Day for night (1973) Adele H. - Una storia d'amore/L'histoire d 'Adèle H./The story of Adèle H. (1975) Gli anni in tasca/L'argent de poche/Small change (1976) L'uomo che amava le donne/L'homme qui aimait les femmes/The man who loved women (1977) La camera verde/La chambre verte/The green room (1978) L'amore fugge/L'amour en fuite/Love on the run (1979) L'ultimo metrò/Le dernier métro/The last metro (1980) La signora della porta accanto/La femme d'à côté/The woman next door (1981) Finalmente domenica!/Vivement dimanche!/Confidentially yours (1983) |
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1. Triangoli sentimentali Jules e Jim (1962) Tra le illustrazioni del "cinema dell'amore", i "triangoli sentimentali" costituiscono un motivo ricorrente nell'opera di Truffaut, e tra questi sicuramente quello che è rimasto più famoso, al punto da diventare un esempio paradigmatico, è quello proposto in Jules e Jim. Il titolo potrebbe risultare fuorviante, visto che menziona due uomini, ed di fatto il film ruota attorno alla donna che completa il "triangolo" e che ne è, a tutti gli effetti, la vera protagonista. La storia copre gli anni dal 1912 ai primi anni '30 del secolo scorso. A Parigi, due giovani, Jim (Henri Serre), francese, e Jules (Oskar Werner), tedesco, stringono una calorosa amicizia, diventando quasi inseparabili, tra la lettura di poesie, la pratica di sport e i discorsi sulle (e la ricerca delle) ragazze (si veda il Video 1 qui sotto). Un giorno un loro amico, Albert, mostra loro una diapositiva della testa di una statua classica, e i due amici ne rimangono profondamente affascinati, al punto da partire subito per un'isola nel Mare Adriatico dove è esposta in un museo a cielo aperto (Video 2). Poco tempo dopo, capita loro di conoscere una ragazza, Catherine (Jeanne Moreau), che ha lo stesso ammagliante e ammiccante sorriso della statua, e i tre diventano amici, instaurando un rapporto complesso, tra amicizia e amore (Video 3 e 4). Jules finisce per sposare Catherine, da cui ha una bambina, e i due si trasferiscono in Germania, in uno chalet sulle montagne. Ma scoppia la guerra e i rapporti tra i due amici si interrompono, per poi riprendere alla fine delle ostilità. Jim va a trovare Jules e Catherine, e l'amico gli confida che Catherine potrebbe lasciarlo, anche perchè Albert, ferito in guerra, vorrebbe sposarla adottando anche la bambina. In realtà Catherine non ama Albert, pur frequentandolo di tanto in tanto. Ma a questo punto è Jim a innamorarsi di Catherine, e per un po' il triangolo originario si ricompone, fino al momento in cui Catherine decide di vivere con Jim, dal quale vuole avere dei figli; ma quando lei non riesce a rimanere incinta, decidono di separarsi. Il destino vuole però che Catherine concepisca un figlio l'ultima notte che passa con Jim. Sarà una lettera di Jules, però, ad annunciare a Jim che Catherine ha perso il figlio al terzo mese di gravidanza. Segue un periodo di silenzio, ma un giorno, i tre amici si incontrano di nuovo nel vecchio mulino sulla Senna dove Jules e Catherine sono venuti ad abitare. Jim, che intende sposarsi, è sereno nel constatare che il suo amore per Catherine sembra ormai spento. Ma un giorno, durante una gita sul fiume, la ragazza invita Jim a seguirlo sull'auto, che poi guida fino a farla precipitare da un ponte (Video 6). E a Jules non rimane che assistere alla cremazione dei corpi di Jim e Catherine, rimpiangendo di non poter mischiare le ceneri e disperderle al vento, come Catherine avrebbe voluto. Adattando un romanzo poco noto di Jean-Pierre Roché, Truffaut realiza quello che, formalmente, potrebbe essere considerato un dramma storico-sentimentale in costume (period drama), ma che in realtà mette in scena un triangolo sentimentale-amoroso complesso, erotico e trasgressivo, quasi anticipando il "libero amore" che di lì a qualche anno sarebbe diventato uno dei motivi ricorrenti della contestazione giovanile. (In realtà, Truffaut stesso ebbe a die che il romanzo di Roché è "tanto un libro sull'amore a tre che sull'amicizia tra due uomini")(Nota 1). Comunque, a Truffaut non interessa la connotazione storico-sociale, nonostante il contesto (la Parigi bohémien, il conflitto mondiale, la rivalità franco-tedesca prima e dopo la guerra) condizioni l'intera vicenda; nè gli interessa fornire una giustificazione psicologica o sociologica alla dinamica in costante mutamento tra i tre personaggi. Al centro c'è invece questo trio di due uomini e una donna, i cui rapporti sono però costantemente regolati e sviluppati dalla donna stessa: un'immagine femminile che si presenta sin dall'inizio come un'icona della femminilità, con quel suo rifarsi ad un ideale femminile classico, fuori dal tempo, o meglio appartenente ad un'altra era, come la statua greca che Catherine sembra incarnare sin dall'inizio e del cui sorriso enigmatico e intrigante Jules e Jim cadono immediatamente preda. Ma Catherine è molto di più: anarchica, anticonformista, liberissima nei costumi, insofferente delle convenzioni, scoppiettante di vita, in costante movimento, irrefrenabile nella sua gioia di vivere e nel contempo incapace di stabilire un rapporto di coppia stabile e "normale", trascina i due uomini in un costante gioco d'amore, in cui essi diventano quasi dei bambini irretiti in un perenne scambio di affetti, ma anche quasi degli schiavi pronti a rispondere alle sue domande, ai suoi ardori, ai suoi repentini e impulsivi cambi d'umore. Come Jules dice a Jim: "Ma lei è una regina, Jim. Ti parlo francamente. Catherine non è particolarmente bella, nè intelligente, né sincera, ma è una vera donna, ed è questa donna quella che noi amiamo. E' lei che tutti gli uomini desiderano. Perché Catherine, che è così richiesta, ha dato il dono della sua presenza a noi due, nonostante tutto? Perché avevamo per lei un'attenzione totale, come per una regina." (Video 5) Catherine vuole sfuggire alle convenzioni della coppia borghese, non rinunciando mai alla sua libertà sentimentale e sessuale, nel tentativo di rifondare quasi i rapporti tra uomini e donne e la visione stessa dell'amore. Ma questo suo tentativo di ricreare una condizione di amore assoluto, di purezza ideale, di utopica innocenza, è destinato a fallire: le nuove esperienze non reggono al peso della quotidianità e del reale, la struttura tradizionale della coppia monogamica e familiare è ormai superata ma non sostituita da possibili alternative, e il suo rifiuto dell'ipocrisia e delle ottuse leggi borghesi la conduce a negare la sua stessa vitalità nel gesto estremo della morte, in cui coinvolge anche Jim, rimasto "libero" e "indipendente", al contrario di Jules che ha sposato. Nel finale, è Jim stesso a riconoscere il fallimento di questo tentativo di trasgressione che non riesce a superare i limiti di un anarchismo dei sentimenti e della sessualità: "E' bello voler riscoprire le leggi umane, ma come deve essere pratico conformarsi alle leggi esistenti. Abbiamo giocato con le sorgenti della vita e abbiamo perduto." Ma la pulsione di morte, che è l'altra faccia della trasgressione che vorrebbe assolutizzare la vita, era già stata annunciata sin dall'inzio del film, quando su uno sfondo nero sentiamo la voce di Catherine dire: "Tu mì hai detto: ti amo. Io t'ho detto: aspetta. Stavo per dirti: prendimi. Tu m'hai detto: vattene". Quasi un gioco al massacro, questo amore che ubbidisce alla legge del "Nè con te, né senza di te" - un motivo che ricorrerà a lungo nell'opera di Truffaut, fino a La signora della porta accanto (vedi più avanti). Il film rimane fedele al romanzo, ed anzi Truffaut è preoccupato di non tradire lo spirito libertario e fluido della pagina scritta, così che la messa in scena alterna sequenze ricostruite ad una voce off che riproduce brani del romanzo stesso ritenuti impossibili da rendere con il dialogo oppure troppo significativi per essere eliminati: "È un principio non molto difendibile ma che mi conviene; consiste non già nel fondere intimamente il libro con ciò che gli si vuole aggiungere, ma nel fare alternare brutalmente una scena tratta con grande fedeltà dal libro, dunque assai letteraria, assai scritta, con una scena inventata, molto realistica, molto dialogata. Si tratta di restituire la parola al libro e di riprenderla di quando in quando; può essere forse urtante ma produce contrasti che mi piacciono" (Nota 2) Nel contempo, il film traduce questa ansia di libertà e di trasgressione in un uso altrettanto liberissimo della macchina da presa, che non esita a mettersi sopra una bicicletta per seguire da vicino i suoi personaggi, nè ad affidarsi ad un elicottero per riprendere dall'alto l'intero contesto in cui gli stessi personaggi si muovono, e che, in particolare, nelle scene campestri e fluviali, rimandano alla natura selvaggia e libera di cui Catherine è l'emblema, all'opposto della "civiltà" e della "cultura" della grande città. "Il vero protagonista di Jules e Jim è la macchina da presa. Incredibilmente mobile e irrequieta, essa crea e determina il ritmo del film, che è il ritmo vitale dei personaggi. I suoi movimenti continui e imprevedibili, gli arresti improvvisi, le lente e sensuali panoramiche e le fluide carrellate, sottolineano, commentano, riflettono, anticipano e, infine, decidono il comportamento dei protagonisti, senza mai astrarlo dall’ambiente che li circonda." (Nota 3) Jules e Jim è un film profondamento intriso dello spirito della nouvelle vague, ma in quell'accezione personalissima che è propria di Truffaut. Così vediamo il senso di uguaglianza con cui sono trattati i tre personaggi (col rifiuto del tradizionale ruolo "seduttivo" dell'amante o "respingente" del marito); la rinuncia alla presenza di star (a parte Jeanne Moreau, già apparsa in film di Louis Malle), che tendono a focalizzare l'attenzione del pubblico e a diminuire la pregnanza degli altri interpreti; l'uso di riprese all'aria aperta; la sincerità con cui vengono dipinti i sentimenti dei personaggi; le ambizioni del film "d'autore". Però, allo stesso tempo, il film ha un'ambientazione storica nel passato, cosa che la nouvelle vague rifiutava a favore dei contesti contemporanei, ma che Truffaut utilizza in modo personale, non insistendo sulla verosimiglianza, perchè, come abbiamo già detto, a lui non interessano i risvolti storici delle vicende narrate (e d'altronde, il tempo sembra non passare per il terzetto, le cui esperienze non portano ad una maturità o a cambiamenti psicologici). Così anche le immagini "documentarie" sugli orrori della guerra, e che compaiono, oltre che nei titoli di testa, anche in altri momenti, hanno una funzione tutta interna alla storia, di cui scandiscono i passaggi e che assumono la funzione di arricchire e sottolineare i temi del film stesso (con le immagini di morte che fanno già presagire l'esito finale). L'ambientazione d'epoca risponde così ai motivi più profondi del film, nonchè all'esigenza, sempre sentita da Truffaut, di tenere presenti le reazioni del pubblico, facilitandone quanto più possibile il coinvolgimento anche di fronte a tematiche, come quelle trattate in Jules e Jim, potenzialmente dirompenti: "Forse è stato ambizioso fare un film d'epoca, ma ad affascinarmi è stato proprio questo distacco. Mi è sembrato più facile riuscirci, perchè sia la trama sia l'epoca mi erano estranee e, non facendone parte, volevo portare il pubblico a essere obiettivo come me ... Era questo che mi piaceva: fare un film sovversivo con una dolcezza totale, senza aggredire il pubblico ma avvolgendolo di tenerezza e forzandolo ad accettare sullo schermo situazioni che nella vita avrebbe condannato ... Come presentare allo spettatore un caso particolare affinché sembri del tutto naturale? Come fargli accettare situazioni che sono estremamente scabrose e allo stesso tempo estremamente pure? Ecco, questa è la domanda che mi sono posto per Jules e Jim." (Nota 4) E parecchi anni dopo, Truffaut dichiarerà: "Confesso che mi sentirei molto imbarazzato a fare Jules e Jim adesso, perché mi darebbero fastidio le relazioni che si potrebbero trovare tra questa storia, in cui la donna regna sovrana, e il movimento femminista. Ho affrontato Jules e Jim con una certa innocenza e ci ho messo forse dieci anni a comprenderne il senso ..." (Nota 5) |
1. Sentimental triangles Jules and Jim (1962) Among the realizations of the "cinema of love", "sentimental triangles" constitute a recurring motif in Truffaut's work, and among these certainly the one that has remained most famous, to the point of becoming a paradigmatic example, is Jules and Jim. The title could be misleading, given that it mentions two men, while in fact the film revolves around the woman who completes the "triangle" and who is, to all intents and purposes, the real protagonist. The story covers the years from 1912 to the early 1930s. In Paris, two young men, Jim (Henri Serre), a Frenchman, and Jules (Oskar Werner), a German, forge a warm friendship, becoming almost inseparable, biding their time by reading poetry, playing sports and talking about (and looking for) girls (see Video 1 below). One day a friend of theirs, Albert, shows them a slide of the head of a classical statue, and the two friends are deeply fascinated by it, to the point that they decide to leave immediately for an island in the Adriatic Sea where it is exhibited in an open-air museum (Video 2). A short time later, they happen to meet a girl, Catherine (Jeanne Moreau), who has the same dazzling and winking smile as the statue, and the three become friends, establishing a complex relationship, halfway between friendship and love (Videos 3 and 4). Jules ends up marrying Catherine, with whom he has a daughter, and the two move to Germany, to a chalet in the mountains. But war breaks out and relations between the two friends are interrupted, only to resume at the end of hostilities. Jim goes to see Jules and Catherine, and his friend tells him that Catherine might leave him, also because Albert, wounded in the war, would like to marry her and also adopt her baby. In reality, Catherine does not love Albert, although she frequents him from time to time. But at this point it is Jim who falls in love with Catherine, and for a while the original triangle is recomposed, until the moment when Catherine decides to live with Jim, with whom she wants to have children; but when she fails to get pregnant, they decide to separate. However, fate wants Catherine to conceive a child on the last night she spends with Jim. It will be a letter from Jules, however, to announce to Jim that Catherine has lost her son in the third month of pregnancy. A period of silence follows, but one day, the three friends meet again in the old mill on the Seine where Jules and Catherine have come to live. Jim, who intends to get married, is glad to see that his love for Catherine now seems extinguished. But one day, during a trip on the river, the girl invites Jim to follow her in the car, which she then drives until it falls off a bridge (Video 6). And Jules can only watch the cremation of Jim and Catherine's bodies, regretting not being able to mix the ashes and scatter them in the wind, as Catherine would have liked. Adapting a little-known novel by Jean-Pierre Roché, Truffaut creates what, formally, could be considered a historical-romantic period drama, but which in reality stages a complex, erotic and transgressive sentimental love triangle, almost anticipating the "free love" which in a few years would become one of the recurring motifs of youth protest. (In reality, Truffaut himself claimed that Roché's novel is "as much a book about love in threes as about the friendship between two men")(Note 1). However, Truffaut is not interested in the socio-historical connotation, despite the fact that the context (bohemian Paris, the world war, the Franco-German rivalry before and after the war) affects the whole story; nor he is interested in providing a psychological or sociological justification for the constantly shifting dynamic between the three characters. At the centre there is instead this trio of two men and a woman, whose relationships are however constantly regulated and developed by the woman herself: a female image that presents itself from the outset as an icon of femininity, with its beckoning to a classic female ideal, out of time, or rather belonging to another era, like the Greek statue that Catherine seems to embody right from the start and whose enigmatic and intriguing smile Jules and Jim immediately fall prey to. But Catherine is much more: anarchic, nonconformist, very free, intolerant of conventions, bursting with life, in constant motion, unstoppable in her "joie de vivre" and at the same time unable to establish a stable and "normal" couple relationship, she drags the two men into a constant love game, in which they almost become children ensnared in a perennial exchange of affections, but also almost slaves ready to answer her questions, his ardour, her sudden and impulsive changes of mood. As Jules tells Jim: "But she is a queen, Jim. I’m speaking to you frankly. Catherine is neither especially beautiful, nor intelligent, nor sincere, but she is a real woman, and it is this woman we love. It is she whom all men desire. Why has Catherine, who is in such demand, given the gift of her presence to the two of us, in spite of everything? It’s because we pay complete attention to her, as if she were a queen." (Video 5) Catherine wants to escape the conventions of the bourgeois couple, never giving up her sentimental and sexual freedom, in an attempt to almost re-establish the relationship between men and women and the very vision of love. But this attempt of hers to recreate a condition of absolute love, of ideal purity, of utopian innocence, is doomed to fail: the new experiences do not hold up to the weight of everyday life and reality, the traditional structure of the monogamous and family couple is by now outdated but not replaced by possible alternatives, and her rejection of hypocrisy and obtuse bourgeois laws leads her to deny her own vitality in the extreme act of death, in which Jim is also involved - Jim who has remained "free" and "independent", as opposed to Jules whom she married. In the finale, it is Jim himself who acknowledges the failure of this attempt at transgression that fails to overcome the limits of an anarchism of feelings and sexuality: "It's nice to want to rediscover human laws, but how practical it must be to conform to existing laws. We have toyed with the springs of life and we have lost." But the death drive, which is the other side of the transgression that would tend to absolutize life, had already been announced from the beginning of the film, when against a black background we hear Catherine's voice say: "You told me: I love you. I told you: wait. I was about to tell you: take me. You told me: go away". It is almost a game of massacre, this love that obeys to the law of "Neither with you, nor without you" - a motif that would recur for a long time in Truffaut's work, up to The woman next door (see below). The film remains faithful to the novel, and indeed Truffaut is concerned not to betray the libertarian and fluid spirit of the written page, so that the staging alternates reconstructed sequences with an off-voice that reproduces passages from the novel itself which were deemed impossible to render with dialogue or too significant to be eliminated: "It is a principle that is not very defensible but which suits me; it consists not in intimately merging the book with what one wants to add to it, but in brutally alternating a scene taken with great fidelity from the book, therefore very literary, very written, with an invented scene, very realistic, with lots of dialogue. It is a matter of returning the word to the book and taking it up again from time to time; it may perhaps be jarring but it produces contrasts that I like" (Note 2) At the same time, the film translates this yearning for freedom and transgression into an equally free use of the camera, which does not hesitate to get on a bicycle to closely follow its characters, nor to rely on a helicopter to shoot from above the entire context in which the characters themselves move, and which, in particular, in the rural and river scenes, refer to the wild and free nature of which Catherine is the emblem, as opposed to the "civilization" and "culture" of the big city. "The true protagonist of Jules and Jim is the camera. Incredibly mobile and restless, it creates and determines the rhythm of the film, which is the vital rhythm of the characters. Its continuous and unpredictable movements, the sudden stops, the slow and sensual overviews and fluid tracking shots, underline, comment, reflect, anticipate and finally decide the behavior of the protagonists, without ever abstracting it from the environment that surrounds them." (Note 3) Jules and Jim is a film deeply imbued with the spirit of the nouvelle vague, but in that highly personal way that is typical of Truffaut. Thus we see the sense of equality with which the three characters are treated (with the rejection of both the traditional "seductive" role of the lover and the "repelling" role of the husband); the renunciation to the presence of stars (apart from Jeanne Moreau, who had already appeared in Louis Malle's films), who tend to focus the public's attention and diminish the significance of the other performers; the use of shooting in the open air; the sincerity with which the feelings of the characters are portrayed; the ambitions of the "auteur" film. However, at the same time, the film has a historical setting in the past, which the nouvelle vague rejected in favoir of contemporary contexts, but which Truffaut uses in a personal way, not insisting on verisimilitude, because, as we have already said, he is not interested in the historical implications of the story events (but also notice that time does not seem to pass for the trio, whose experiences do not lead to maturity or psychological changes). Thus also the "documentary" images on the horrors of war, which appear in the opening credits as well as at other times, have a completely internal function for the story: they punctuate its twists and turns, enriching and underlining the themes of the film itself (with the images of death already foreshadowing the final outcome). The period setting thus resonates with the deepest meanings of the film, as well as with the need, always felt by Truffaut, to keep in mind the reactions of the public, facilitating their involvement as much as possible even in the face of potentially disruptive themes, such as those dealt with in Jules and Jim: "Perhaps it was ambitious to make a period film, but it was this detachment that fascinated me. It seemed easier to do it, because both the plot and the period were foreign to me and, by not being part of it, I wanted to bring the audience to be objective like me ... That was what I liked: making a subversive film with total sweetness, without attacking the audience but enveloping it with tenderness and forcing it to accept situations on the screen that it would have condemned in life ... How to present the viewer with a particular case so that it seems completely natural? How to make him accept situations that are extremely rough and at the same time extremely pure? Well, this is the question I asked myself for Jules and Jim." (Note 4) And several years later, Truffaut will declare: "I confess that I would feel very embarrassed to make Jules and Jim now, because I would resent the relationships that could be found between this story, in which women reign supreme, and the feminist movement. I approached Jules and Jim with a certain innocence and it took me maybe ten years to understand its meaning ..." (Note 5) |
Video 1 |
Video 2 |
Video 3: Italiano |
Video 4: Original French version with English subtitles |
Video 5 Video 6 Jules e Jim/Jules et Jim/Jules and Jim (1962) |
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La calda amante (1964) Solo un paio d'anni dopo, Truffaut torna ad occuparsi di un triangolo sentimentale, ma in un contesto contemporaneo e con una storia superficialmente più "ordinaria" di quella decisamente anticonformista di Jules e Jim. Il "triangolo" questa volta è ribaltato, in quanto protagonisti sono un uomo e due donne: Pierre (Jean Desailly), direttore di una rivista letteraria, conduce una vita tranquilla insieme alla moglie Franca (Nelly Benedetti) e alla piccola Sabine (si veda il Video 1 qui sotto, ed il trailer nel Video 2). Un giorno, sull'aereo che lo sta portando a Lisbona per una conferenza, rimane affascinato da una giovane hostess, Nicole (Françoise Dorléac), che poi ritrova nell'ascensore dell'albergo dove entrambi soggiornano. Timido ma insistente, Pierre passa la notte insieme a Nicole, che poi rivede una volta tornato a Parigi. Questo causa subito tensioni e litigi in famiglia, ma poi le cose sembrano appianarsi. Una nuova occasione si presenta a Pierre quando viene invitato per lavoro a Reims. Nicole lo raggiunge, ma per dei disguidi finisce per passare la serata da sola, e accusa Pierre di averla umiliata. Pierre cerca di rimediare, dicendo a tutti che deve tornare improvvisamente a Parigi, e in questo modo riesce a trascorrere un paio di giorni in campagna con Nicole. Ma Franca scopre la bugia del marito: ne segue un grosso litigio, e la coppia decide di separarsi, non senza problemi. Pierre decide di acquistare un appartamento in costruzione, ma a questo punto Nicole, non sentendosi pronta a convivere con lui, lo lascia (Video 4). Nel frattempo Franca, che ha scoperto delle foto compromettenti di Pierre e Nicole, vinta dalla gelosia, si reca nel ristorante dove Pierre è solito pranzare e, dopo avergli sbattuto sul tavolo le foto, gli spara (Video 5). E' Truffaut stesso a spiegare la genesi di questo film: "Il fatto che la gente fosse innamorata di Jules e Jim mi procurava una specie di fastidio. Allo ra ho voluto fare La calda amante per dimostrare che l'amore è qualcosa di molto meno euforico ed esaltante. L'ho fatto quindi in risposta a Jules e Jim: ci sono le menzogne, il lato sordido, la doppia vita. E' un filn da incubo" (Nota 6) In effetti, tratto da un fatto di cronaca, il film mette in scena, come si è detto, un triangolo ben diverso da quello di Jules e Jim: ambientazione contemporanea, contesto altoborghese, personaggi che, invece di essere romantici, bohémiens, al di fuori della società, sono invece pienamente inseriti in una vita borghese di cui accettano tutte le norme e le convenzioni. Ma è soprattutto la dinamica tra questi personaggi ad essere completamente diversa: Jules, Jim e Catherine erano legati da forti legami affettivi, e tentavano di conciliare amore e amicizia; Pierre e Franca sono un a coppia tradizionale, consolidata, e l'arrivo di una seconda donna innesca subito la dinamica del tradimento e della crisi di coppia. (Per confermare ancora una volta quanto la vita di Truffaut condizionasse anche le sue scelte come cineasta, bisognerà ricordare che, in quello stesso periodo, innamoratosi di Françoise Dorléac, e non sopportando l'infedeltà e l'ipocrisia familiare, Truffaut decise di lasciare la moglie. Questo può spiegare, almeno in parte e indirettamente, il tono dolente del film, così diverso da quello solare di Jules e Jim.) Ma nelle mani di un regista come Truffaut, anche una storia di tradimento e infedeltà apparentemente banale si trasforma in una rete di relazioni e in sfumature di caratteri ben più sfaccettati: la moglie è una donna bella e attraente, anche se violenta; il marito è maldestro, goffo, debole e pauroso, e l'amante non è certo una "femme fatale". E le parti sono in un certo senso invertite: mentre la moglie è una donna volitiva, passionale, pronta a lottare per il suo amore, l'amante è al contrario incerta sulle sue emozioni e quasi distaccata rispetto ad esse. Queste caratterizzazioni così ambigue aiutano a fornire alla storia dei sottotesti più intriganti, e, nel contempo, suggeriscono soluzioni stilistiche diverse e in un certo senso nuove. "Lui ha 44 anni. Lei 38. L'altra ha 22 anni. Il resto? Dettagli, e tutti quei dettagli sono La calda amante", ebbe a dire Truffaut. E' dunque nelle piccole azioni quotidiane, nella banalità dei gesti, nelle abitudini consolidate che vanno ricercati i significati e, soprattutto, rintracciate le tracce delle emozioni. A dispetto del titolo italiano, la relazione tra Pierre e Nicole non ha nulla di "caldo": non è una passione travolgente, ma un rapporto che genera insicurezza e indecisione in Nicole, ma che si rivela fatale per Pierre, legato alle convenzioni, timoroso di essere scoperto, dunque sempre a disagio, carico di sensi di colpa per la clandestinità della sua situazione. Non a caso, non vediamo mai Pierre e Nicole fare l'amore: il massimo che ci è concesso è qualche sguardo, quasi di soppiatto, e delle carezze sul corpo di Nicole addormentata. Ne consegue un rapporto con la realtà indiretto, se non superficiale, e comunque lontano da un autentico coinvolgimento affettivo, tutto "di pelle" (come dice il titolo originale francese, La peau douce, la "dolce pelle"). Per la prima volta, Truffaut afferma che l'unità di lavoro che più lo interessa in questo film non è la scena, ma l'inquadratura, e dunque, dato che le inquadrature devono susseguirsi nel tempo, diventa cruciale il montaggio. In effetti, montaggio e gestione del tempo sono strettamene correlati. E' rimasta famosa, a questo proposito, la scena, all'inizio del film, in cui Pierre e Nicole si incontrano nell'ascensore (Video 3): mentre la salita, che promette la soddisfazione del desiderio, è dilatato oltre misura, quello della discesa, che implica invece la delusione, è reale. Come spiega Truffaut: "Per Truffaut, scoprire la funzione del montaggio significa naturalmente metterne in luce la funzione estetica: lasciandosi questa definire come possibilità di intervenire sul tempo della rappresentazione, in virtù di operazioni quali la dilatazione e la contrazione. L’esempio più citato al proposito è quello della famosa sequenza dell’ascensore. «La scena consiste in Jean Desailly e Françoise Dorléac che si guardano mentre l’ascensore sale fino all’ottavo piano. La durata reale del tragitto dell’ascensore è di quindici secondi “nella vita” e tuttavia la scena nel film, girata in venticinque inquadrature, dura cinque volte di più, vale a dire sessantacinque secondi. Arrivati all’ottavo piano Françoise Dorléac esce dall’ascensore e noi restiamo con Jean Desailly che spinge il bottone per ridiscendere. Questa volta, lo stesso tragitto dura solamente quindici secondi, perché è filmato in una sola inquadratura, per la sua durata reale." (Nota 7) Allo stesso modo, le azioni dei protagonisti sono spesso intervallate da un grande numero di inquadrature che mostrano oggetti, auto, alberghi, aerei, e soprattutto un gran numero di dettagli di questi oggetti, che i personaggi manipolano banalmente e meccanicamente, in modo distaccato ed alienato, col risultato che le azioni perdono molto il senso della contiguità e della causalità, il ritmo diventa meno sostenuto, e lo spettatore può avvertire un senso di frammentazione e di lentezza (e proprio di lentezza, anzi, di "lungaggine", venne accusato il film alla sua uscita). In realtà Truffaut intendeva sostituire alla passione, che latita, la tensione, soprattutto riferita alla figura di Pierre, uomo costantemente pauroso di infrangere le norme e di sfidare i pregiudizi, prima ancora che di cedere al tradimento in sè. E così la sensualità cede il posto a quella che viene percepita come freddezza - una sensazione di disagio che d'altronde corrisponde allo sguardo, quasi chirurgico, con cui Truffaut presenta i gesti dei suoi personaggi, in primo luogo Pierre, uomo privo che non ha mai vissuto pienamente, la cui cifra personale è la passività e il distacco dalle emozioni, e, di fatto, dalle persone che dovrebbe amare. "In una parola, Jules e Jim è la tragedia dell'anticonformismo, costretto all'incessante trasgressione di un ordine, senza possibilità di liberazione che non sia la morte; La calda amante, al contrario, è la tragedia del conformismo, dell'incapacità storica ed esistenziale di realizzare se stessi contro le limitazioni che soffocano i conati vitali ed affettivi dei protagonisti" (Nota 8) |
The soft skin (1964) Only a couple of years later, Truffaut returns to dealing with a sentimental triangle, but in a contemporary context and with a story that is superficially more "ordinary" than the decidedly nonconformist one of Jules and Jim. The "triangle" is reversed this time, as the protagonists are a man and two women: Pierre (Jean Desailly), director of a literary magazine, leads a quiet life together with his wife Franca (Nelly Benedetti) and little Sabine (see Video 1 below, and the trailer in Video 2). One day, on the plane that is taking him to Lisbon for a conference, he is fascinated by a young hostess, Nicole (Françoise Dorléac), whom he then finds in the elevator of the hotel where they are both staying. Shy but insistent, Pierre spends the night with Nicole, whom he sees again once he returns to Paris. This immediately causes tensions and quarrels in the family, but then things seem to smooth out. A new opportunity presents itself to Pierre when he is invited to work in Reims. Nicole joins him, but due to some misunderstanding she ends up spending the evening alone, and she accuses Pierre of humiliating her. Pierre tries to fix it, telling everyone that he has to suddenly return to Paris, and in this way he manages to spend a couple of days in the countryside with Nicole. But Franca discovers her husband's lie: a big argument ensues, and the couple decides to separate, not without problems. Pierre decides to buy an apartment under construction, but at this point Nicole, not feeling ready to live with him, leaves him (Video 4). Meanwhile Franca, who has discovered compromising photos of Pierre and Nicole, overcome by jealousy, goes to the restaurant where Pierre usually has lunch and, after slamming the photos on the table, shoots him (Video 5). It is Truffaut himself who explains the genesis of this film: "It kind of annoyed me that people were in love with Jules and Jim. I then wanted to make The soft skin to show that love is something far less euphoric and exhilarating. So I did it in response to Jules and Jim: there are lies, the sordid side, the double life. It is a nightmare film" (Note 6) As a matter of fact, taken from a piece of news, the film stages, as we have said, a very different triangle from that of Jules and Jim: contemporary setting, upper-class context, characters who, instead of being romantic, bohemian, beyond outside society, are instead fully integrated into a bourgeois life of which they accept all the rules and conventions. But it is above all the dynamics between these characters that is completely different: Jules, Jim and Catherine were linked by strong emotional ties, and tried to reconcile love and friendship; Pierre and Franca are a traditional, consolidated couple, and the arrival of a second woman immediately triggers the dynamics of betrayal and crisis. (To confirm once again how much Truffaut's life also influenced his choices as a filmmaker, it must be remembered that, in that same period, having fallen in love with Françoise Dorléac, and unable to bear the "traditional" family's infidelity and hypocrisy, Truffaut decided to leave his wife. This may explain, at least in part and indirectly, the doleful tone of the film, so different from the - apparently - light one of Jules and Jim.) But in the hands of a director like Truffaut, even an apparently banal story of betrayal and infidelity is transformed into a network of relationships, with a set of characters which show much more multifaceted nuances: the wife is a beautiful and attractive woman, even if she is violent; the husband is clumsy, weak and fearful, and the lover is certainly not a "femme fatale". And the roles are in a certain sense reversed: while the wife is a strong-willed, passionate woman, ready to fight for her love for her husband, the lover is on the contrary uncertain about her emotions and almost detached from them. These ambiguous characterizations help to provide the story with more intriguing subtexts, and, at the same time, suggest different and in a certain sense new stylistic solutions. "He is 44. She is 38. The other is 22. The rest? Details, and all those details are The soft skin", Truffaut said. It is therefore in the small daily actions, in the banality of the gestures, in the consolidated habits that the meanings must be sought and, above all, the traces of the emotions be traced In spite of the Italian title ("The hot lover"), the relationship between Pierre and Nicole has nothing "warm": it is not an overwhelming passion, but a relationship that generates insecurity and indecision in Nicole, but which proves to be fatal for Pierre, tied to conventions, fearful to be discovered, therefore always uncomfortable, full of guilt feelings for the clandestinity of his situation. It is no coincidence that we never see Pierre and Nicole making love: the best we are allowed to see are a few glances, almost stealthily, and some caresses on the sleeping Nicole's body. The result is an indirect, if not superficial, relationship with reality and in any case far from an authentic emotional involvement, all "skin" (as the original French title says, La peau douce, the "sweet skin"). For the first time, Truffaut affirms that the unit of work that most interests him in this film is not the scene, but the shot, and therefore, since the shots must follow one another over time, editing becomes crucial. In fact, editing and time management are closely related. In this regard, the scene at the beginning of the film in which Pierre and Nicole meet in the lift (Video 3) has remained famous: while the ascent, which promises the satisfaction of desire, is dilated beyond measure, the descent, which instead implies disappointment, is in real time. "For Truffaut, discovering the function of montage naturally means highlighting its aesthetic function: allowing this to be defined as the possibility of intervening on the time of representation, by virtue of operations such as dilatation and contraction. The most cited example in this regard is that of the famous elevator sequence. "The scene consists of Jean Desailly and Françoise Dorléac looking at each other as the elevator goes up to the eighth floor. The real duration of the journey of the elevator is fifteen seconds 'in life' and yet the scene in the film, shot in twenty-five shots, lasts five times longer, i.e. sixty-five seconds. On the eighth floor, Françoise Dorléac gets out of the lift and we are left with Jean Desailly who pushes the button to go back down. This time, the same journey takes only fifteen seconds, because it is filmed in one shot, in its real duration." (Note 7) Similarly, the actions of the protagonists are often interspersed with a large number of shots showing objects, cars, hotels, planes, and above all a large number of details of these objects, which the characters manipulate trivially and mechanically, in a detached and alienated way, with the result that the actions lose a lot the sense of contiguity and causality, the rhythm becomes less sustained, and the spectator can feel a sense of fragmentation and slowness (and indeed the film was accused of being "lenghty" upon its release). Truffaut actually intended to replace the passion, which is lacking, with tension, especially referring to the figure of Pierre, a man who is constantly afraid of breaking the rules and challenging prejudices, even before giving in to the betrayal itself. And so sensuality gives way to what is perceived as coldness - a feeling of discomfort which moreover corresponds to the almost surgical gaze with which Truffaut presents the gestures of his characters, first of all of Pierre, a destitute man who has no never lived fully, whose personal signature is passivity and detachment from emotions and from the people he should love. "In a word, Jules and Jim is the tragedy of nonconformity, forced into the incessant transgression of an order, with no possibility of liberation other than death; The soft skin, on the contrary, is the tragedy of conformity, of the historical and existential incapacity to realize oneself against the limitations that suffocate the vital and emotional ambitions of the protagonists" (Note 8) |
Video 1 |
Video 2 - Original French trailer with English subtitles |
Video 3 |
Video 4 |
Video 5 La calda amante/La peau douce/The soft skin) (1964) |
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Le due inglesi (1971) Nove anni dopo Jules e Jim, Truffaut realizza un film per certi versi speculare, ma in Le due inglesi il triangolo è invertito: questa volta si tratta di un uomo che ama due sorelle inglesi (si vedano l'inizio e il trailer nei Video 1 e 2 qui sotto). Il nuovo film nasce sotto auspici non molto positivi: Truffaut è reduce dalla bruciante delusione del suo rapporto con Catherine Deneuve e nel ricordo della sorella di quest'ultima, Françoise Dorléac, morta nel 1967. Truffaut soffre di un esaurimento nervoso, è ricoverato in una clinica per una cura del sonno, ma ne esce, ancora una volta, grazie al cinema. Si tratta di filmare un altro romanzo scritto dallo stesso autore di Jules e Jim, Jean-Pierre Roché. Truffaut, come suo solito, si butta a capofitto nell'impresa, e pensa di aver alla fine realizzato il suo film migliore: ma la critica e il pubblico lo stroncano, tanto che decide di ridurne la durata di 14 minuti, senza però ottenere risultati più positivi. Per dimostrare quanto Truffaut amasse questo film, anni dopo, prima di morire, rimetterà mano al film, ripristinandolo nella sua versione originale, ma anche questa volta non otterrà reazioni positive (salvo poi che il film verrà sempre più apprezzato nei decenni successivi). Le ragioni di questo "fallimento" sono molteplici, ma hanno a che fare principalmente con la natura di questo film, che mal si inserisce nel nuovo contesto socioculturale di quegli anni. Per sua stessa ammissione, Truffaut si considerava uno spirito libero e pronto alla contraddizione: aveva appena girato Il ragazzo selvaggio (si veda la Seconda parte), postulando un ideale di educazione al linguaggio e alla società civile in un momento in cui trionfava l'idea di un "ritorno alla natura" al di là dei condizionamenti culturali; con Le due inglesi realizza un "dramma in costume" apparentemente lontano dalle tematiche e dagli stili prevalenti; e girerà subito dopo Mica scema la ragazza! in pieno periodo di rivendicazioni femministe. Ma, come abbiamo avutro occasione di sottolineare, Truffaut non si fa condizionare da nulla e mette in scena le storie che sente "sue", nello stile che abbiamo imparato a conoscere - ma Le due inglesi rappresenta veramente un film per certi versi "ostico", percepito dalle nuove sensibilità del pubblico come lungo, lento, avviluppato su se stesso, oltre che anacronistico. La storia è, a dire il vero, abbastanza lineare, pur con i suoi numerosi sviluppi narrativi: all'inizio del Novecento, un parigino, Claude (Jean-Pierre Léaud, che per la prima volta compare in un film di Truffaut non nei panni dell'Antoine Doinel del "ciclo" omonimo) incontra in un suo soggiorno nel Galles (ricostruito in realtà in Bretagna) due sorelle, Anne (Kika Markham) e Muriel (Stacey Tendeter), con cui intreccia subito un rapporto molto personale. Vediamo nel Video 3 i tre giovani che, insieme alla madre delle ragazze, sorpresi dalla pioggia, si rifugiano in una grotta, dove le due ragazze "incastonano" Claude tra di loro per affrontare il freddo, dando così subito forma fisica al "triangolo" che va formandosi. Innamoratosi di Muriel, Claude vorrebbe sposarla, ma l'intervento della madre di lui, donna possessiva e determinata, fa rimandare il matrimonio di un anno. Tornato in Francia, Claude, dopo alcuni mesi, scrive a Muriel di volere in realtà la sua libertà, e la ragazza cade in una forte depressione. Nell'andirivieni tra l'Inghilterra e il continente (le due ragazze chiamano appunto Claude "il continente", con la tipica visione autocentrata anglosassone), Anne diventa l'amante di Claude, il quale però, alla morte della madre, rivede Muriel, e la fiamma tra di loro si riaccende. Prima di riprendere il rapporto con Muriel, tuttavia, Claude arriva al punto di chiedere ad Anne di confessare la cosa alla sorella - il che provoca una violenta reazione di Anne. Dopo la morte di Anne e della madre delle due sorelle, Muriel ritroverà Claude in Francia: passerà una notte con lui, ma l'indomani lo lascerà solo e deluso. E nell'Epilogo del film, quindici anni dopo, vediamo Claude (Video 5) vagare, solo, per il museo all'aria aperta di Rodin a Parigi, dopo che Muriel si è sposata, la guerra con la sua carneficina è passata, e Claude cerca di rintracciare, nelle bambine che giocano nel parco, una qualche forma di somiglianza con le foto da bambine delle due inglesi, che ancora porta nel cuore. Passa davanti alla famosa statua del "Bacio" di Rodin, che sembra incarnare la passione un tempo vissuta, finchè cerca di prendere un taxi, che però è già occupato ... Claude non può andare da nessuna parte. Si specchia in un finestrino del taxi, e quasi non si riconosce, domandandosi chi è diventato ... Come in Jules e Jim, non è tanto l'intreccio sentimentale e passionale causato dal "triangolo" ad interessare Truffaut, quanto tutta la gamma delle emozioni, delle sensazioni, dei sussulti del cuore (ma anche della carne) che tessono tra gli amanti una rete progressivamente più complessa, limitandone sempre più la libertà e la capacità di amare e di essere amati. Non sono solo, dunque, una condizione storico-culturale (i rigidi costumi sessuali, le convenzionii sociali vigenti in ambienti puritani, la durezza dell'ordine borghese di inizio secolo), nè un contesto familiare complesso (il rapporto tra Claude e la madre) ad irretire i tre personaggi, quanto i loro effetti sulle psicologie individuali, che creano continuamente nuovi ostacoli al libero fluire del sentimento amoroso come della passione sensuale, trasformando l'esperienza dell'amore in un groviglio di azioni e reazioni destinato a non gratificare nessuno, ma, al contrario, ad avviare tutti, sempre più, verso il fallimento e, in definitiva, verso la morte. L'amore in questo film è, per la prima volta in Truffaut, duro, crudele, quasi malato, lasciando gli amanti incapaci di gestire i rapporti e avvelenando il desiderio e la passione con l'impossibilità di realizzarsi tramite l'amore. Truffaut era ben conscio di cosa volesse raccontare: "Come quasi tutte le storie di sentimenti, Le due inglesi tratta di amori impediti e contrastati, ma gli ostacoli - anche se il più importante si concretizza nell'atteggiamento di una madre pronta agli abusi - sono morali, interiori, direi persino mentali" (Nota 9) e ancora: "Ho cercato di fare non un film d'amore fisico ma un film fisico sull'amore." (Nota 10) E in effetti, come mai in Truffaut, la dimensione fisica costituisce il "corpo" stesso del film: svenimenti e depressioni, vomiti, malattie (Muriel ha seri problemi di vista), quasi-suicidi (Anne che di fatto si lascia morire), ma anche masturbazioni e rapporti sessuali (fino alla scena, spesso censurata, in cui alla fine Claude deflora una Muriel vergine, con il sangue che, da piccola macchia sul lenzuolo, si allarga a coprire l'intero schermo). Ne risulta un film di sentimenti violenti, in cui si perde via via la connotazione dell'amore romantico e "poetico" per lasciare il posto ad un amore fatto di dolore e di inquietudine. Tutto ciò è raccontato in modo complesso, certamente in primo luogo tramite le immagini, ma anche con le strategie tipicamente "truffautiane" che hanno a che fare con la parola, parlata e scritta: una voce fuori campo (nell'originale, di Truffaut stesso) svolge il ruolo del "narratore"; un'altra voce fuori campo (quella di Claude) aggiunge altre informazioni; c'è un intreccio di lettere che, come gli stessi personaggi, vanno e vengono in continuazione, e che spesso vengono lette a voce alta, sempre fuori campo, dai loro autori; e Muriel tiene anche un diario personale. D'altronde, l'importanza della scrittura è evidentissima sin dall'inizio del film (Video 1), dove i titoli di testa sono sovrapposti a immagini del libro di Jean-Pierre Roché sempre più ravvicinate, con un alternarsi di copertine, capitoli, appunti di Truffaut a margine, sottolineature, note dettagliate per la sceneggiatura ... E nel Video 4, vediamo Claude ricevere il diario che Muriel ha scritto, nel quale confessa il segreto della sua infanzia, il legame con un'amica che ha dato origine al "vizio" dela masturbazione che l'accompagna anche da adulta ... provocando in Claude, come prima reazione, il desiderio di pubblicare il diario come libro - il che ferirà duramente Muriel. Più che in altri suoi film, Truffaut realizza in Le due inglesi un equilibrio tra astrazione, che si realizza in scene analitiche, descrittive, oggettive e distaccate, e realismo psicologico, che tende invece all'introspezione, all'esaltazione dei sentimenti e delle passioni - così che anche lo spettatore è ora invitato a staccarsi dalla storia per assumere un atteggiamento critico, ora invece reso partecipe, emotivamente coinvolto, spinto all'identificazione con i personaggi. Questa indubbia difficoltà per lo spettatore di coniugare partecipazione emotiva e fredda, lucida analisi dei sentimenti è senza dubbio una delle ragioni per la prima negativa accoglienza del film da parte del pubblico (Nota 11) |
Two English girls (1971) Nine years after Jules and Jim, Truffaut makes a film that is in some ways specular to it - but in Two English girls the triangle is inverted: this time it is a man who loves two English sisters (see the beginning and the trailer in Video 1 and 2 below). The new film was born under not very positive auspices: Truffaut was still troubled by the breaking of of his relationship with Catherine Deneuve and by the memory of the latter's sister, Françoise Dorléac, who had died in 1967. Thus Truffaut suffers from a nervous breakdown, is hospitalized in a clinic for a sleep cure, but is able to overcome his problems, once again, thanks to cinema. This time the challenge is filming another novel written by the same author of Jules and Jim, Jean-Pierre Roché. Truffaut, as usual, throws himself headlong into the enterprise, and thinks he has finally made his best film: but the critics and the public wholly disagree, so much so that he decides to reduce its duration by 14 minutes, without however obtaining more positive reactions. To demonstrate how much Truffaut loved this film, years later, before he died, he would put his hand back on the film, restoring it to its original version, but this time too he would not get positive reactions (although the film would be increasingly appreciated in the following decades). The reasons for this "failure" are many, but they mainly have to do with the nature of this film, which fits badly into the new socio-cultural context of tthe time. By his own admission, Truffaut considered himself a free spirit, ready for contradiction: he had just filmed The wild child (see Part 2), postulating an ideal of education in language and civil society at a time when the idea of a "return to nature", beyond cultural conditioning, was holding its sway. With Two English girls he creates a "costume drama" apparently far from the prevailing themes and styles (and he would shoot immediately after this film A gorgeous girl like me, at a time of strong feminist demonstrations. But, as we have had occasion to underline, Truffaut is not influenced by anything and stages the stories he feels are "his", in the style we have come to know. However, Two English girls truly represents a film that is in some ways "difficult" , perceived by the new sensibilities of the public as long, slow, wrapped up on itself, as well as anachronistic. The story is quite linear, despite its numerous narrative developments: at the beginning of the twentieth century, a Parisian, Claude (Jean-Pierre Léaud, who appears for the first time in a Truffaut film not in the role of the Antoine Doinel of the "cycle" of the same name) meets two sisters, Anne (Kika Markham) and Muriel (Stacey Tendeter), during one of his stays in Wales (actually reconstructed in Brittany), with whom he immediately develops a very personal relationship. In Video 3 we see them, together with the mother of the girls, surprised by the rain, take refuge in a cave, where the two girls make Claude sit between them to face the cold, thus immediately giving a physical form to the "triangle" which is forming. Having fallen in love with Muriel, Claude would like to marry her, but the intervention of his mother, a possessive and determined woman, postpones the wedding for a year. Back in France, Claude, after a few months, writes to Muriel that he really wants his freedom, and the girl falls into a severe depression. In the comings and goings between England and the continent (the two girls call Claude precisely "the continent", with the typical Anglo-Saxon self-centred vision), Anne becomes Claude's lover. However Claude starts seeing Muriel again after his mother's death, and the flame between them is rekindled. Before resuming the relationship with Muriel, however, Claude asks Anne to confess all this to her sister - which causes a violent reaction from Anne. After the death of Anne and the mother of the two sisters, Muriel will find Claude in France: she will spend a night with him, but the next day she will leave him alone and disappointed. And in the film's Epilogue, fifteen years later, we see Claude (Video 5) wandering, alone, through Rodin's open-air museum in Paris, after Muriel is married and the terrible war has come to an end. Claude tries to trace, in the girls playing in the park, some form of resemblance to the children's photos of the two English girls, which he still carries in his heart. He passes Rodin's famous "Kiss" statue, which seems to embody the passion he once experienced, until he tries to get a taxi, which is already taken ... Claude can't go anywhere. He is reflected in a window of the taxi, and almost does not recognize himself, wondering who he has become ... As in Jules and Jim, it is not so much the sentimental and passionate intertwining caused by the "triangle" that interests Truffaut, but the whole range of emotions, sensations, heartbeats (as well as erotic attractions) that weave a bond between the lovers into a progressively more complex network, increasingly limiting their freedom and their ability to love and be loved. What ensnares the three characters is not only a historical-cultural condition (the rigid sexual mores, the social conventions in force in Puritan environments, the harshness of the bourgeois order at the beginning of the century), nor a complex family context (the relationship between Claude and his mother) as rather their effects on individual psychologies, which continually create new obstacles to the free flow of love and sensual passion, transforming the experience of love into a tangle of actions and reactions destined to gratify no one, but, on the contrary, to lead everyone, more and more, towards failure and, ultimately, towards death. Love in this film is, for the first time in Truffaut, hard, cruel, almost a sickness, leaving the lovers unable to manage relationships and poisoning desire and passion with the impossibility of fulfillment through love. Truffaut was well aware of what he wanted to say: "Like almost all stories of feelings, Two English girls deals with unrequited and thwarted love, but the obstacles - even if the most important is the attitude of a mother ready to abuse her son - are moral, internal, I would even say mental" ( Note 9) "I tried to make not a physical love film but a physical film about love." (Note 10) And indeed, as never before in Truffaut, the physical dimension constitutes the very "body" of the film: fainting and depression, vomiting, illnesses (Muriel has serious sight problems), near-suicides (Anne who in fact lets herself die), but also masturbation and sexual intercourse (up to the scene, often censored, in which Claude finally deflowers a virgin Muriel, with the blood which, from a small spot on the sheet, spreads to cover the entire screen). The result is a film of violent feelings, in which the connotation of romantic and "poetic" love is gradually lost to give way to love made of pain and restlessness. All of this is told in a complex way, certainly primarily through images, but also with typically "Truffautian" strategies that have to do with the word, spoken and written: a voice-over (in the original, by Truffaut himself ) plays the role of the "narrator"; another voice-over (Claude's) adds more information; there is an interweaving of letters which, like the characters themselves, come and go continuously, and which are often read aloud, always off screen, by their authors; and Muriel also keeps a personal diary. On the other hand, the importance of writing is very evident right from the beginning of the film (Video 1), where the opening credits are superimposed on images of Jean-Pierre Roché's book close together, with an alternation of covers, chapters, Truffaut's notes in the margins, underlinings, detailed notes for the screenplay ... And in Video 4, we see Claude receive the diary that Muriel wrote, in which she confesses the secret of her childhood, the bond with a friend who gave rise to the "vice" of masturbation that also accompanies her as an adult ... provoking in Claude, as a first reaction, the desire to publish the diary as a book - which will hurt Muriel severely. More than in his other films, Truffaut strikes a balance between abstraction, which is realized in analytical, descriptive, objective and detached scenes, and psychological realism, which instead tends towards introspection, the exaltation of feelings and passions. - so that the spectator too is, alternatively, invited to detach himself from the story to assume a critical attitude, and made a participant, emotionally involved, driven to identify with the characters. This objective difficulty for the viewer to combine emotional participation and cold, lucid analysis of feelings is undoubtedly one of the reasons for the initial negative reception of the film by the public (Note 11) |
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Video 5 Le due inglesi/Les deux anglaises et le continent/Two English girls (1971) |
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"Al di là delle evidenti analogie che l’analisi può agevolmente
indicare, avviene che [Jules e Jim e Le due inglesi] siano affatto differenti. Jules e Jim è un’opera giovanile, esorbitante e romantica: un’esplosione incontrollata di vitalità, intesa a scardinare tutti i clichés e le convenzioni (sociali, morali), in un gesto di trasgressione destinato ad affermare il diritto alla vita fin dentro la morte. Le due inglesi, nella strutturazione fredda e controllata dei materiali, nell’affidamento a una scrittura che rifiuta la sperimentazione linguistica e la varietà delle tecniche che avevano caratterizzato Jules e Jim per reinventare la propria classicità, rivela un ripiegamento su se stesso del regista, l’esigenza di una riflessione più profonda sul valore dell’esistenza, capace di tener conto di tutto ciò che era sfuggito alla parabola utopistica dell’avventura di Jules e Jim. Alla “follia” dei tre amici, tanto audaci da affrontare il turbine della vita e da sfidarne tutte le leggi, si sostituisce qui la prudente e calcolata ritualità che regola i rapporti dei nuovi personaggi, la dura convenzionalità dell’ordine borghese che regge la società europea dall’inizio del secolo" (Nota 12) L'ultimo metrò (1980) Reduce da alcuni insuccessi critici e di pubblico, Truffaut rilancia la sua opera con una produzione dal budget più elevato di sempre, L'ultimo metrò (si vedano l'inizio e il trailer nei Video 1 e 2 qui sotto), che effettivamente si rivelerà un grande successo, vincendo ben dieci César (gli "Oscar" francesi) e l'Oscar come miglior film straniero. La vicenda al centro del nuovo film ci rivela un nuovo "triangolo", ma questa volta più equilibrato e a suo modo sereno, certo molto distante sia dalla leggerezza quasi adolescenziale di Jules e Jim che dalla carica sentimentale e passionale di Le due inglesi. Ambientando la storia nella Parigi occupata dai tedeschi nel 1942, Truffaut rivela ancora una volta un tratto autobiografico importante: a quell'epoca aveva dieci anni, in una fase già cruciale per la sua formazione. Truffaut avrebbe voluto ambientare già I quattrocento colpi negli anni '40, ma sia i costi di produzione che il contesto di fine anni '50 (con l'incipiente nouvelle vague che avrebbe mal accolto un film di ambientazione "storica") gli avevano sconsigliato di farlo. Ora invece può rievocare, non con fatti autobiografici diretti, ma come atmosfere e toni, quell'età in cui, da ragazzino, e in pieno periodo bellico, cercava in tutti i modi di entrare nei cinema e soddisfare la sua passione cinefila, vivendo così quasi di "di soppiatto", con un misto di segretezza e di ansietà, una vita alternativa alla triste quotidianità - come molti parigini, del resto, che cercavano nei cinema e nei teatri un modo di vivere una vita "normale" in circostanze invece eccezionali (e in cui non c'era la televisione e i cinema potevano programmare pochi film). E questa volta di fatto non è il cinema ad essere celebrato in L'ultimo metrò, ma il teatro: il teatro Montmartre, il cui direttore, Lucas Steiner (Heinz Bennent), ebreo, vive nascosto nelle cantine, e di cui fa le veci la moglie Marion (Cathérine Deneuve), donna appassionata ma anche decisa e risoluta, e l'unica a conoscere dove si trova il marito, che d'altronde riesce a comunicare con il palcoscenico e dunque a dirigere le prove (e di fatto a controllare tutto) attraverso la sua voce che viaggia nei tubi della caldaia. Per il nuovo spettacolo Marion ingaggia un giovane attore, Bernard Granger (Gérard Dépardieu), ed il film segue le vicende che si svolgono tra la cantina, dove Marion visita il marito tutte le sere, il teatro, dove si incrociano le storie dei diversi personaggi e altre figure che vi lavorano, e la città, vista soprattutto di notte - anche se gli spettacoli devono terminare entro le 20.30, prima del coprifuoco, e in modo da permettere agli spettatori di prendere "l'ultimo metrò". Ben presto Bernard intreccia una relazione con Marion, di cui Lucas è ben consapevole. Ma gli eventi fanno precipitare la situazione: dopo la prima rappresentazione del nuovo lavoro, Bernard decide di lasciare la città per unirsi alla resistenza, non prima di aver rivisto per l'ultima volta Marion e di aver fatto l'amore con lei (Video 3). Giunta la liberazione dai tedeschi, Lucas può finalmente uscire dal so nascondiglio, e Marion va a trovare Bernard, ferito in ospedale ... ma qui ci attende la rivelazione finale: vediamo cadere il sipario, e capiamo che quest'ultima scena è in realtà l'ultima scena dello spettacolo teatrale. Lucas, il regista, sale sul palco, intreccia le sue mani con quelle di Bernard e Marion e si inchina davanti al pubblico entusiasta. Questo strano "triangolo" ha una sua consacrazione finale, per una volta senza i traumi che connotavano i "triangoli" precedenti - un "lieto fine" che non è tanto frequente nel cinema di Truffaut. Come si è detto, il "triangolo" sentimentale di questo film è ben diverso dai precedenti, e di fatto fa interagire persone "normali", sia pure poste in contesti eccezionali. Così Truffaut riesce a collegare vicende pubbliche e vicende private, fornendo così diversi piani di visione e di "lettura" al film stesso: i riferimenti autobiografici a cui abbiamo accennato; l'occupazione nazista di Parigi con la persecuzione degli ebrei, la resistenza, la vita dei parigini durante la guerra; la creatività artistica attraverso il ruolo e l'importanza del teatro, sia per gli artisti che per gli spettatori; i legami sentimentali che attraversano i diversi "piani" dell'azione, dai sotterranei al palcoscenico alla città; e perfino la trasgressione, con i suoi desideri segreti e proibiti. Ma, come sempre in Truffaut, non è tanto la ricostruzione storia ad interessarlo, quanto soprattutto la sua connotazione emotiva, anche se in questo caso sembra prevalere la dimensione sociale dei rapporti umani e amorosi, con personaggi dalla scarsa profondità psicologica, stretti come sono all'interno del teatro e impossibilitati a vivere pienamente la loro dimensione umana. Come Truffaut ebbe a dire, "I personaggi non possono andare fino in fondo con le loro idee, devono costantemente scendere a compromessi", anche se, alla fine delle riprese, constaterà che "questo fa sì che tutti s'identifichino nel film. Perchè nella vita molto spesso non si realizzano i propri sogni e ci si accontenta dei compromessi" (Nota 13) E, come in Effetto notte (si veda la Prima parte), è il lavoro artistico collettivo, questa volta però nell'ambiente del teatro, ad essere di fatto celebrato, insieme ai suoi personaggi, che, pur a vario titolo "prigionieri", riescono a trovare, soprattutto nella pratica artistica, un loro senso di libertà. |
"Beyond the obvious analogies that
analysis can easily indicate, it happens that [Jules and Jim and Two English girls] are quite different. Jules and Jim is a youthful, exorbitant and romantic work: an uncontrolled explosion of vitality, intended to undermine all clichés and (social, moral) conventions, in a transgressive gesture intended to affirm the right to life up to death. Two English girls, in the cold and controlled structuring of the materials, in the reliance on writing that rejects linguistic experimentation and the variety of techniques that had characterized Jules and Jim to reinvent their own classicism, reveals the director's withdrawal into himself, the need for a deeper reflection on the value of existence, capable of taking into account everything that had escaped the utopian parable of Jules and Jim's adventure. The "madness" of the three friends, daring enough to face the whirlwind of life and defy all its laws, is replaced here by the prudent and calculated ritual that regulates the relationships of the new characters, the harsh conventionality of the bourgeois order that governs European Europe since the beginning of the century" (Note 12) The last metro (1980) Following some critical and public failures, Truffaut relaunches his work with a production with the highest budget ever, The last metro (see the beginning and the trailer in Videos 1 and 2 below), which will actually prove to be a great success, winning ten Césars (the French "Oscars") and the Oscar for best foreign film. The story at the centre of the new film reveals a new "triangle", but this time more balanced and in its own way serene, certainly very distant both from the almost adolescent levity of Jules and Jim and from the sentimental and passionate charge of Two English girls. By setting the story in Paris, occupied by the Germans in 1942, Truffaut once again reveals an important autobiographical trait: at that time he was ten years old, in an already crucial phase for his training. Truffaut would have liked to set The 400 blows in the 1940s, but both production costs and the context of the late 1950s (with the incipient nouvelle vague that would have badly welcomed a film with a "historical" setting) had advised him against doing it. Now instead he can recall, not with direct autobiographical facts, but in terms of atmosphere and tones, that age when, as a boy, and in the middle of the war, he had tried in every way to enter the cinemas and satisfy his cinephile possion, thus living almost "on the sly", with a mixture of secrecy and anxiety, an alternative world to his sad everyday life - ondeed like many Parisians, who sought a way to live a "normal" life in exceptional circumstances in cinemas and theatres (when there was no television and cinemas could show only a few films). As amatter of fact, this time it is not cinema that is celebrated in The last metro, but the theatre: the Montmartre theatre, whose director, Lucas Steiner (Heinz Bennent), a Jew, lives hidden in the cellar, and is replaced by his wife Marion (Cathérine Deneuve), a passionate but also determined and resolute woman, and the only one who knows where her husband is hiding. Lucas manages to communicate with the stage and can therefore direct the rehearsals (and actually control everything) through his voice travelling in the boiler tubes. For the new show Marion hires a young actor, Bernard Granger (Gérard Dépardieu), and the film follows the events that take place between the cellar, where Marion visits her husband every evening, the theatre, where the stories of the main characters and other figures who work there intersect, and the city, seen above all at night - even if the shows must end by 8.30 pm, before the curfew, and in order to allow spectators to catch the "last metro". Bernard soon develops an affair with Marion, of which Lucas is well aware. But events precipitate the situation: after the first performance of the new work, Bernard decides to leave the city to join the resistance, but not before seeing Marion for the last time and making love to her (Video 3 ). Once liberation from the Germans has come, Lucas can finally come out of his hiding place, and Marion goes to see Bernard, wounded in the hospital ... but here the final revelation awaits us: we see the curtain fall, and we understand that this last scene is actually the last scene of the play. Lucas, the director, takes the stage, intertwines his hands with those of Bernard and Marion and bows before the enthusiastic audience. This strange "triangle" has its final consecration, for once without the traumas that characterized the previous "triangles" - a "happy ending" which is not so frequent in Truffaut's cinema. As has been said, the sentimental "triangle" of this film is very different from the previous ones, and in fact makes "normal" people, albeit placed in exceptional contexts,interact. Truffaut manages to connect public and private events, thus providing different levels of vision and "reading" of the film itself: the autobiographical references we have mentioned; the Nazi occupation of Paris with the persecution of the Jews, the resistance, the life of Parisians during the war; artistic creativity through the role and importance of the theatre, both for artists and spectators; the sentimental ties that cross the different "levels" of the action, from the underground to the stage to the city; and even transgression, with its secret and forbidden desires. But, as always in Truffaut, it is not so much the story reconstruction that interests him, but above all its emotional connotation, even if in this case the social dimension of human and love relationships seems to prevail, with characters who have little psychological depth, closed as they all are inside the theatre and unable to fully experience their human dimension. As Truffaut put it, "The characters cannot go through with their ideas, they constantly have to make compromises", although, at the end of the shooting, he will find that "this makes everyone identify with the film. Because in life very often we do not realize our dreams and are satisfied with compromises" (Note 13) And, as in Day for night (see Part One), it is the collective artistic work, this time however in the theatre environment, that is in fact celebrated, together with its characters, who, although "prisoners" in various ways, manage to find, especially in artistic practice, their own sense of freedom. |
Video 1 |
Video 2 |
Video 3 L'ultimo metrò/Le dernier métro/The last metro (1980) |
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2. Ossessioni d'amore | 2. Love obsessions |
"E' a prima volta che tratto veramente
di una coppia. In Jules e Jim o in La calda amante, le
scene a due sono sempre in riferimento al terzo, a quello che non c'è.
Qui, quando l'uomo e la donna stanno bene insieme, o quando si fanno del
male, deriva solo da loro stessi" François Truffaut (Nota 14) |
"It's the first time I've really dealt with
a couple. In Jules and Jim or in The soft skin, the scenes with
the two main characters
are always in reference to a third one, to what isn't there. Here, when
the man and the woman are fine together, or when they hurt each other,
it only comes from themselves" François Truffaut (Note 14) |
La mia droga si chiama Julie (1969) Con un budget molto consistente e attori di gran fama, Truffaut realizza quello che doveva essere una produzione di successo, ma che si rivelò in realtà un mezzo fallimento di critica e di pubblico. In La mia droga si chiama Julie (si veda il trailer nel Video 2 qui sotto), si narra la storia di un imprenditore dell'isola francese della Réunion nell'Oceano Indiano, Louis (Jean-Paul Belmondo, ormai famosissimo dai tempi di Fino all'ultimo respiro di Godard), che ha deciso di sposare una ragazza conosciuta per corrispondenza, Julie (Catherine Deneuve, anche lei ormai star dopo i successi, tra gli altri film, di Bella di giorno di Bunuel). La bellissima ragazza che gli si presenta (Video 1), tuttavia, non corrisponde affatto alla descrizione ricevuta, e Julie se ne scusa dicendo che per timidezza gli aveva mandato una foto di una vicina. I due si sposano, sembrano vivere felici e contenti, e Louis è talmente folgorato dalla passione che decide di cointestare il suo conto corrente e quello della sua azienda a lui e a Julie. Quando però Louis riceve una lettera della sorella di Julie, che si lamenta di non aver più ricevuto notizie e minaccia di andare alla polizia, Louis intuisce subito la truffa ed infatti scopre che Julie è partita, prelevando quasi tutto il denaro depositato sui due conti. La sorella, giunta nel frattempo nell'isola, conferma che la "Julie" che Louis ha sposato non è sua sorella. Dato che la polizia non può fare granchè, visto che Louis e Julie sono regolarmente sposati, Louis affida ad un detective privato il compito di ritrovare la ragazza. Trasferitosi in Francia, Louis viene ricoverato in una clinica per una forma di esaurimento nervoso, ma, guardando la televisione, riconosce Julie in una ragazza che balla in in nightclub ad Antibes. Armato di una pistola, Louis affronta Julie, che confessa di aver avuto un'infanzia difficile, tra affidamenti, riformatori e furtarelli, di aver conosciuto sulla nave che la portava alla Réunion un certo Richard che, uccisa la vera Julie, l'aveva convinta a prendere il suo posto, salvo poi fuggire con tutto il denaro: Louis non ha il coraggio di uccidere Julie, che afferma di amarlo veramente. Louis si fa convincere, e i due si trasferiscono in una villa in campagna, dove però arriva anche il detective privato, che ha scoperto tutto, e Louis, per proteggere Julie, lo uccide. I due amanti fuggono, prima a Lione, poi sulle Alpi di Grenoble, dove si rifugiano in una capanna. Qui Louis si accorge che Julie lo sta avvelenando, ma, quando lui la supplica di ucciderlo senza faro ulteriormente soffrire, Julie si rende conto dell'amore dell'uomo e gli chiede perdono (Video 3). Insieme, partono a piedi, in mezzo alla neve, per cercare di passare il confine con la Svizzera (Video 4). Come si vede, la trama, sceneggiata a partire da un romanzo dello scrittore William Irish, narra una storia che, al cinema, potrebbe appartenere a tanti generi diversi: noir, avventura, thriller, giallo, dramma e melodramma, il tutto unificato dal filo rosso dell'amour fou, della passione accecante, delle emozioni forti che sembrano travolgere i protagonisti in una spirale fatta però di inganni quanto di ossessione sessuale. Il titolo italiano accenna appunto alla "droga" devastante che Julie costituisce per Louis, e il titolo originale (La sirène du Mississippi) suggerisce l'immagine della sirena, creatura femminile ammaliatrice ma mortale per gli uomini che cedono alle sue lusinghe (e Julie è una sirena imbarcata sulla nave che si chiama, appunto, "Mississippi"). Dunque una trama abbastanza "tipica" nei suoi temi di fondo, ma che Truffaut sa manipolare con cura, accettando in parte i rischi del fare un film "di genere", con i suoi stereotipi, i suoi personaggi e situazioni abusati, ma giocando con le sfaccettature della personalità dei protagonisti e sulla dinamica ossessiva che li lega. Il film segue la coppia nei suoi viaggi e nei suoi trasferimenti, puntellati man mano dal furto, dall'inganno, dall'omicidio, e la storia, che sembra ogni volta giungere ad un punto fermo, viene rilanciata proprio dalla forza dell'ossessione amorosa, che ribalta le aspettative grazie al continuo rilancio della passione di Louis, ma alla quale non è estranea neanche Julie, pur nella sua natura manipolatrice e seduttiva. Così Louis non trova il coraggio di uccidere Julie, allo stesso modo in cui la donna, alla fine, si ravvede e desiste dal suo intento di uccidere l'amante. Non è tanto la coerenza psicologica che interessa a Truffaut, nè la verosimiglianza delle situazioni e dei risvolti narrativi, quanto la messa in scena di ossessioni romantico-sessuali e degli effetti che queste ossessioni producono anche contro la razionalità dei due amanti. Quando Catherine Deneuve fece presente a Truffaut (al quale era legata da una intensa relazione) che la storia presentava aspetti irreali, lui troncò la discussione dicendo che il cinema non è realtà. Il personaggio di Julie, un misto di "femme fatale" e di sincerità, emana una forte carica erotica, sollecitata dallo stesso Truffaut prima dell'inizio delle riprese: "Non le chiedo di girare nessuna scena esplicitamente sessuale, ma occorrerà sempre che la sessualità sia presente, anche se sottesa" (Nota 15). E contemporaneamente, Julie è anche un personaggio infantile: Louis scopre il suo avvelenamento guardando un fumetto di "Biancaneve e i sette nani", in cui la strega che dà a Biancaneve la mela avvelenata gli ricorda proprio Julie. E la stessa Julie, alla fine, è come una bambina, bisognosa di affetto e disposta a tutto pur di ottenerlo (in realtà, uccidendo quell'affetto che non ha mai avuto). E questa ossessione amorosa è sì devastante, ma in fondo, nella sua istintiva autenticità, fonte di vita, non di follia (come vedremo in Adele H.) o addirittura di morte (come vedremo in La signora della porta accanto). Allo stesso tempo, sappiamo quanto il cinema coincidesse per Truffaut con la vita stessa, ed il film trabocca di amore per il cinema sotto forma di citazioni e riferimenti cinefili più o meno espliciti (che non tutti gli spettatori sono preparati a cogliere o anche a sopportare, come dimostrò l'esito commerciale del film). Solo per citarne qualcuno, pensiamo a Alfred Hitchcock (con il quale Truffaut aveva appena realizzato un'intervista-fiume, poi pubblicata in un famosissimo volume): Julie si chiama in realtà Marion, come la protagonista di Psyco uccisa nel motel, lavora in un locale notturno chiamato "Phoenix", che è la città in cui ha inizio il film; si presenta con un canarino in gabbia (Video 1) come la protagonista di Gli uccelli; è ladra e bugiarda come Marnie, e come lei soffre di incubi notturni, ha alle spalle un passato burrascoso, ed è sedotta da un uomo che, invece di denunciarla alla polizia, la sposa e ne risolve il blocco sessuale; offre al suo amante un caffè avvelenato, come il famoso bicchiere di latte (avvelenato?) in Il sospetto o il caffè in Notorius - L'amante perduta; e Louis uccide il detective come Norman Bates in Psyco uccide il detective introdottosi in casa sua. Oppure pensiamo anche a Nicholas Ray, di cui Louis e Julie vanno a vedere al cinema Johhny Guitar, e che commentano dicendo, "Avevi ragione. Era bellissimo. Non è solo un film con i cavalli e i cowboy" - "Oh, no, è una storia d'amore ... con dei sentimenti" - "Sì, e sono bravi tutti e due". La cinefilia di Truffaut, comunque, non è solo fine a se stessa: attraverso questi continui rimandi, diventa un inno alla potenza della "finzione" (fiction), in opposizione alla pura realtà, a volte quasi documentaria, che si stava affermando nel periodo attorno al '68 (e uno dei motivi che provocheranno il definitivo distacco di Truffaut da Godard). Il finale del film è tuttavia ottimista, come se i due amanti avessero forse intuito la natura di un amore più adulto, e la cui natura resta comunque ambivalente, come nell'ultimo dialogo tra i due: LOUIS: Sei così bella. Quando ti guardo, è una sofferenza. MARION: Eppure, ieri, dicevi che era una gioia ... LOUIS: E' una gioia e una sofferenza. MARION: Vi amo. LOUIS: Ti credo. E la loro fuga è all'insegna dell'incertezza, come se la fuga stessa fosse una condizione di vita e di libertà. |
Mississippi mermaid (1969) With a very substantial budget and famous actors, Truffaut produced what was supposed to be a successful production, but which actually turned out to be a semi-failure, both with critics and with audiences. Mississippi mermaid (see the trailer in Video 2 below), tells the story of an entrepreneur from the French island of Réunion in the Indian Ocean, Louis (Jean-Paul Belmondo, who had been a star since the great success of Godard's Breathless), who has decided to marry a girl he has only got to know by mail, Julie (Cathérine Deneuve, now also a star after the success, among other titles, of Bunuel's Belle de jour). The beautiful girl who introduces herself to him (Video 1), however, does not correspond at all to the description received, and Julie apologizes by saying that out of shyness she had sent him a photo of a neighbour. The two get married, they seem to live happily, and Louis is so struck by his passion that he decides to co-sign his bank account and that of his company with both his signature and Julie's. However, when Louis receives a letter from Julie's sister, who complains that she has not received any more news and threatens to go to the police, Louis immediately senses the scam and in fact discovers that Julie has left, withdrawing almost all the money deposited in the two accounts. Julie's sister, who has meanwhile arrived on the island, confirms that the "Julie" Louis has married is not her sister. Since the police can't do much, given that Louis and Julie are legally married, Louis entrusts a private detective with the task of finding the girl. Having moved to France, Louis is admitted to a clinic for a form of nervous breakdown, but, watching television, recognizes Julie in a girl who dances in a nightclub in Antibes. Armed with a gun, Louis confronts Julie, who confesses that she had a difficult childhood, between foster care, reform schools and petty thefts, that she had met, on the ship bound to Réunion, a certain Richard who, having killed the real Julie, had convinced her to take her place, only to flee with all the money. Louis doesn't have the courage to kill Julie, who claims to truly love him. Louis is convinced, and the two move to a villa in the countryside, soon joined, however, by the private detective, who has discovered everything. Louis, to protect Julie, kills him. The two lovers flee, first to Lyon, then to the Grenoble Alps, where they take refuge in a hut. Here Louis realizes that Julie is poisoning him, but when he begs her to kill him without making him suffer further, Julie realizes the man's love and asks him for forgiveness (Video 3). Together, they set off on foot, in the snow, to try to cross the border into Switzerland (Video 4). As can be seen, the plot, scripted starting from a novel by the writer William Irish, tells a story which, as a film, could belong to many different genres: noir, adventure, thriller, mystery, drama and melodrama, all unified by the red thread of amour fou, of blinding passion, of strong emotions that seem to overwhelm the protagonists in a spiral made however of deceit as of sexual obsession. The Italian title refers precisely to the devastating "drug" that Julie constitutes for Louis, and the original title ("La sirène du Mississippi") suggests the image of the siren, a bewitching but deadly female creature who ensnare men who give in to her flattery (and Julie is a siren embarked on the ship which is actually called "Mississippi"). So this is a fairly "typical" plot in its basic themes, but one that Truffaut knows how to manipulate with care, partly accepting the risks of making a "genre" film, with its stereotyped characters and situations, but playing with the facets of the protagonists' personalities and the obsessive dynamic that binds them. The film follows the couple on their travels and transfers, supported by theft, deceit and murder, and the story, which seems to reach a fixed point every time, is relaunched precisely by the force of their love obsession, which overturns expectations thanks to the continuous revival of Louis' passion, but to which Julie is no stranger either, despite her manipulative and seductive nature. So Louis does not find the courage to kill Julie, in the same way that the woman finally repents and gives up her intention to kill her lover. It is not so much the psychological coherence that interests Truffaut, nor the likelihood of situations and narrative implications, but the staging of romantic-sexual obsessions and the effects that these obsessions produce even against the rationality of the two lovers. When Catherine Deneuve pointed out to Truffaut (with whom she was bound by an intense relationship) that the story presented unreal aspects, he truncated the discussion by saying that cinema is not reality. The character of Julie, a mixture of "femme fatale" and sincerity, exudes a strong erotic charge, solicited by Truffaut himself before filming began: "I'm not asking you to shoot any explicitly sexual scene, but sexuality must always be present, even if it is implied" (Note 15). And at the same time, Julie is also a childish character: Louis discovers her poison by watching a cartoon of "Snow White and the Seven Dwarfs", in which the whitch who gives Snow White the poisoned apple reminds him of Julie. And Julie herself, in the end, is like a child, in need of affection and willing to do anything to get it (actually killing that affection that she has never had). And this love obsession is indeed devastating, but deep down, in its instinctive authenticity, a source of life, not of madness (as we will see in Adele H.) or even of death (as we will see in The woman next door). At the same time, we know how much cinema coincided for Truffaut with life itself, and the film overflows with love for cinema in the form of more or less explicit cinephile quotes and references (which not all viewers are prepared to grasp or even bear, as demonstrated by the commercial results of the film). Just to name a few, let's think of Alfred Hitchcock (with whom Truffaut had just carried out a flood interview, later published in a very famous volume): Julie's name is actually Marion, like the protagonist of Psycho killed in the motel; she works in a nightclub called "Phoenix", which is the city where Psycho begins; she shows up with a canary in a cage (Video 1) like the protagonist of The birds; she is a thief and a liar like Marnie, and like her she suffers from nightmares, has a stormy past behind her, and is seduced by a man who, instead of reporting her to the police, marries her and solves her sexual block; she offers her lover a poisoned coffee, like the famous glass of (poisoned?) milk in Suspicion or the coffee in Notorius; and Louis kills the detective like Norman Bates in Psycho kills the detective who has broken into his house. Or think of Nicholas Ray, whose Johnny Guitar Louis and Julie go to see at the cinema, and comment on, "You were right. It was beautiful. It's not just a movie with horses and cowboys" - "Oh, no, it's a love story ... with feelings" - "Yes, and they are both good". Truffaut's cinephilia, however, is not only an end in itself: through these continuous references, it becomes a hymn to the power of "fiction" in opposition to pure reality (and documentary filming), which was establishing itself in the period around '68 (and one of the reasons that will cause the definitive separation of Truffaut from Godard). However, the ending of the film is optimistic, as if the two lovers had perhaps grasped the nature of a more adult love, and whose nature iremains ambivalent, as in the last dialogue between the two: LOUIS: You are so beautiful. When I look at you, it's painful. MARION: And yet, yesterday, you said it was a joy ... LOUIS: It's a joy and a pain. MARION: I love you. LOUIS: I believe you. And their escape is characterized by uncertainty, as if escape itself were a condition of life and freedom. |
Video 1 |
Video 2: English trailer |
Video 3 Video 4 La mia droga si chiama Julie/La sirène du Mississippi/Mississippi mermaid (1969) |
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"Con La mia droga si chiama Julie ho voluto fare un film sincero che
tuttavia cercasse di somigliare a un fotoromanzo. E se ha ricevuto
un'accoglienza così glaciale ... è perchè le mie intenzioni erano senza
dubbio un po' perverse: era un film da cinefili ... Ho cercato di
introdurre, nella stessa sequenza, un cliché e un'emozione; e gli
spettatori hanno visto soprattutto i cliché e hanno percepito meno la
sincerità. Parecchie persone hanno creduto che mi prendessi gioco di
loro" (Nota 16) Adele H. - Una storia d'amore (1975) Dai triangoli sentimentali Truffaut era passato alle ossessioni amorose di coppia, ma con Adele H. - Una storia d'amore, a dispetto del titolo, compie un ulteriore passo verso la rarefazione dei rapporti, incentrando una storia comunque d'amore su una sola persona, la cui ossessione si consuma tutta dentro di sè, fino alla devastazione finale (si veda il trailer nel Video 1 qui sotto). Nel 1863, una donna misteriosa (Isabelle Adjani) sbarca ad Halifax, nella Nuova Scozia, proveniente dall'Europa: si fa chiamare all'inizio con nomi diversi, ma rivela poi la sua vera identità: è Adele, la seconda figlia di Victor Hugo, e sta inseguendo un ufficiale inglese, il tenente Pinson (Bruce Robinson) di cui si è innamorata, non ricambiata. Comincia così un lungo inseguimento, fatto di appostamenti, sguardi segreti, tentativi di approccio (Video 2). Adele vorrebbe che il padre, che le invia regolarmente soldi, le fornisse il consenso ad un matrimonio che in realtà fa solo parte dei desideri di Adele. La ragazza tiene un diario, ha spesso incubi in cui sogna di annegare, come era successo alla sorella maggiore, Léopoldine. Dopo tanti ripetuti fallimenti nel suo rapporto con Pinson, Adele si ammala, poi, sempre più in preda all'esaltazione, scrive ai genitori di essersi sposata con Pinson (Video 3), e la notizia, una volta divulgata, provoca una reazione da parte del colonnello a cui Pinson è sottoposto. Adele nonsi dà per vinta, arriva a procurare una prostituta all'uomo, cerca pesino l'aiuto di un ipnotizzatore ciarlatano, finge di essere incinta (Video 4) per mandare a monte il vero matrimonio di Pinson, e si riduce ad essere alloggiata in un ricovero per poveri. Quando Pinson viene trasferito alle Barbados, lei lo segue, sempre più sconvolta, sta male e viene curata da un'indigena, ma quando Pinson la trova e cerca di convincerla a tornare dal padre, Adele non lo riconosce: è ormai caduta nella pazzia (Video 5). Tornerà in Francia, dove verrà ricoverata in una casa di cura (e dove morirà nel 1915)(Video 6). Il programma di Truffaut per questo film era estremamente chiaro: "Se devo riassumere in sette punti ciò che mi attirava nella storia di Adèle Hugo, sono: 1. Questa ragazza è sola durante tutta la storia. 2. E' la figlia dell'uomo più celebre al mondo. 3. Si parla di quest'uomo ma non lo si vede mai. 4. Adèle vive sotto false identità. 5. Animata da un'idea fissa, persegue uno scopo irraggiungibile. 6. Tutti le frasi, tutti i gesti di Adèle non si rapportano a nient'altro che alla sua idea fissa. 7. Anche se combatte una attaglia persa, Adèle si mostra continuamente attiva e inventiva." (Nota 17) Come si vede, il film non è propriamente una storia d'amore quanto la progressiva caduta nella pazzia a causa dell'ossessione amorosa di una personalità disturbata. Non è quindi una storia di relazioni, quanto un'esplorazione di una mente, delle sue paure, desideri, ossessioni che allontanano Adele sempre più dalla realtà: un viaggio allucinatorio nel delirio di un amore che si fa devastazione totale, una lotta tra eros e thanatos, tra istinto sessuale vitale e attrazione verso la morte, in una progressiva degradazione fisica e mentale. Ancora una volta, non è estraneo a questo viaggio l'elemento autobiografico di Truffaut, che, come Adele, ha sempre sofferto della mancanza di un padre, rimasto per lungo tempo addirittura sconosciuto. Ma il destino di Adele è ancora più tragico e crudele. é figlia di un grande scrittore, e quindi anche la sua scrittura (il suo diario, le sue lettere) è fagocitata dalla fama e dalla maestria di un padre, che, dopo aver sofferto indicibilmente la morte della prima figlia, ha di fatto negato a Adele il suo affetto e la sua vicinanza (al punto che lei arriverà a dire di essere figlia di genitore sconosciuto). Il rapporto col padre è dunque una delle fonti della continua, ossessiva ricerca di identità e di riconoscimento, che trova in Pinson la figura-bersaglio a cui Adele si aggrappa. Adele non vuole Pinson come amante, lo vuole sposare, e non per convenienza sociale ma per trovare una sua identità cambiando il nome del padre e ottenendo così anche quell'amore che le è stato negato. In questa sua folle impresa Adele si dimostra indomita, instancabile, ossessionata, capace di bugie, inganni, ricatti, travestimenti, finzioni, fino a perdere sempre più il carattere di persona reale per diventare un fantasma, un'ombra, uno spirito che vaga sperduta nella sua mente sconvolta, in cui il contatto con la realtà si fa sempre più labile e si confonde con la fantasia. Si spiega così anche il titolo del film: quell'"H." non intende introdurre un elemento superficiale di mistero, quanto segnalare subito la mancanza di un'identità certa e il segno di un padre ingombrante e allo stesso tempo agognato, titolare di un potere a cui Adele stessa aspira senza possibilità di realizzazione. Per rendere in immagini questa diversa e complessa "ossessione amorosa", Truffaut non cade nella trappola del dramma storico in costume (period drama), ma "asciuga" sempre più la messa in scena, concentrandosi molto sui primi piani di Adele, penetrando così nella sua mente, riducendo i contatti con la realtà alle reazioni che si dipingono man mano sul suo volto: "Ho ripreso Adele H. tagliando tutto ciò che era esteriore rispetto ad Adele. Non volevo più sentir parlare di sole in un film storico, e neanche di cielo. Il film di Adele è diventato sempre più ristretto, claustrofobico, la storia di un volto" (Nota 18) Ed anche le sequenze si alternano senza una vera continuità logica e temporale, perchè tutto sfuma nella visione distorta e paurosa che Adele ci offre della "sua" realtà": ed anche lo spettatore rimane irretito da questo continuo perdersi in un labirinto di passione e di sofferenza, dove la razionalità degli eventi non può più essere il filo conduttore di una storia. "Di fronte ai nostri occhi, le immagini si susseguono per lo più senza nessi di causa-effetto, senza il senso della consequenzialità, e non offrono allo spettatore alcuna memorabilità che non sia per frammenti, flash, dettagli: la sensazione è che sia impossibile ricordare Adele H. per intero perchè persino la concatenazione narrativa sembra sfuggire a qualsiasi processo storico, e che sia impossibile vedere le "cuciture" del suo tessuto visivo perché è un film fatto di tagli, di pure inquadrature, di dissolvenze in nero o di salti spazio-temporali che non obbediscono ad alcuna logica razionale." (Nota 19) "Dei settantatré segmenti del film, ventotto si svolgono di notte, diciannove sono muti e undici sono accompagnati nella colonna sonora unicamente dal testo del diario di Adèle, o da quello delle sue lettere. Questa triplice assenza di legami temporali, di luce e di dialogo ha l'effetto di sospendere l'operare della logica ordinaria per sottomettere il dispiegarsi della storia alle scorciatoie dell'immaginario." (Nota 20) |
"With Mississippi mermaid I wanted to make a sincere film that
nonetheless tried to resemble a photo-novel. And if it received such a
cold reception ... it is because my intentions were undoubtedly a
little perverse: it was a film for cinephiles ... I tried to introduce,
in the same sequence, a cliché and an emotion; and the spectators saw
the clichés mostly and perceived the sincerity less. Many people thought
I was making fun of them" (Note 16) The story of Adèle H. (1975) From sentimental triangles Truffaut had moved on to the love obsessions of couples, but with the story of Adèle H., in spite of the title, he takes a further step towards the rarefaction of relationships, focusing a love story on a single person, whose obsession is consumed entirely within herself, until the final devastation (see the trailer in Video 1 below). In 1863, a mysterious woman (Isabelle Adjani) lands in Halifax, Nova Scotia, from Europe: she calls herself at first by different names, but then reveals her true identity: she is Adèle, the second daughter of Victor Hugo , and is pursuing an English officer, Lieutenant Pinson (Bruce Robinson) with whom she has fallen in love - unrequited love. Thus begins a long chase, made up of stakeouts, secret glances, attempts to approach the man (Video 2). Adèle would like her father, who regularly sends her money, to give her his consent to a marriage that is actually only part of Adèle's wishful thinking. The girl keeps a diary, she often has nightmares in which she dreams of drowning, as happened to her older sister, Léopoldine. After so many repeated failures in her relationship with Pinson, Adèle falls ill, then, increasingly in the throes of exaltation, writes to her parents that she has married Pinson (Video 3), and the news, once disclosed, causes a sharp reaction from Pinson's colonel. Adèle does not give up, manages to get the man a prostitute, even seeks the help of a charlatan hypnotist, pretends to be pregnant (Video 4) to ruin Pinson's real marriage, and is reduced to being housed in a shelter for the poor. When Pinson is transferred to the Barbados, she follows him, increasingly distraught, falls ill again and is cared for by an indigenous woman, but when Pinson finds her and tries to convince her to return to her father, Adèle does not recognize him: she has now fallen into madness (Videos 5). She will return to France, where she will be admitted to a nursing home (and where she will die in 1915) (Video 6). Truffaut's agenda for this film was extremely clear: "If I have to summarize in seven points what attracted me to the story of Adèle Hugo, they are: 1. This girl is alone throughout the story. 2. She is the daughter of the most famous man in the world. 3. This man is talked about but never seen. 4. Adèle lives under false identities. 5. Driven by a fixed idea, she pursues an unattainable goal. 6. All of Adèle's words, all of her gestures relate to nothing other than her fixed idea. 7. Even if she fights a losing battle, Adèle shows herself to be continuously active and inventive." (Note 17) As we can see, the film is not really a love story as much as the progressive fall into madness due to the love obsession of a disturbed personality. It is therefore not a story of relationships, but rather an exploration of a mind, of its fears, desires, obsessions that distance Adèle ever further from reality: a hallucinatory journey into the delirium of a love that becomes total devastation, a struggle between eros and thanatos, between vital sexual instinct and attraction towards death, in a progressive physical and mental degradation. Once again, the autobiographical element of Truffaut is not extraneous to this journey: he, like Adele, has always suffered from the lack of a father, who remained unknown for a long time. But Adèle's fate is even more tragic and cruel. she is the daughter of a great writer, and therefore even her writing (her diary, her letters) is engulfed by the fame and skill of a father who, after having suffered the death of his first daughter, actually denied Adèle his affection and his closeness (to the point that she will go so far as to say she is the daughter of an unknown parent). Her relationship with her father is therefore one of the sources of the continuous, obsessive search for identity and recognition, which finds in Pinson the target figure to whom Adele clings. Adele doesn't want Pinson as her lover, she wants to marry him, and not for social convenience but to find her identity by changing her father's name and thus by also obtaining that love that was denied to her. In this mad enterprise, Adèle proves to be indomitable, tireless, obsessed, capable of lies, deceit, blackmail, disguises, fictions, until she increasingly loses the character of a real person to become a ghost, a shadow, a spirit that wanders, lost in her upset mind in which contact with reality becomes increasingly labile and is confused with fantasy. This also explains the title of the film: "H." does not intend to introduce a superficial element of mystery, but rather to immediately signal the lack of a stable identity and the sign of a cumbersome and at the same time coveted father, holder of a power to which Adele herself aspires without the possibility of realisation. To render this different and complex "love obsession" in images, Truffaut does not fall into the trap of the historical costume drama (period drama), but increasingly compresses the staging, concentrating a lot on Adele's close-ups, thus penetrating into her mind, reducing contacts with reality to the reactions that gradually appear on her face: "I filmed Adelè H. by cutting out everything external to Adèle. I no longer wanted to hear about the sun in a historical film, or even the sky. Adèle's film became increasingly narrow, claustrophobic, the story of a face " (Note 18) And even the sequences alternate without any real logical and temporal continuity, because everything fades into the distorted and fearful vision that Adèle offers us of "her" reality: and even the spectator remains ensnared by this continuous getting lost in a labyrinth of passion and suffering, where the rationality of events can no longer be the leitmotif of a story. "Before our eyes, the images follow one another for the most part without cause-and-effect links, without a sense of consequentiality, and offer the viewer no memorability other than for fragments, flashes, details: the sensation is that it is impossible to remember Adèle H. entirely because even the narrative concatenation seems to escape any historical process, and that it is impossible to see the "seams" of its visual fabric because it is a film made up of cuts, pure shots, fades into black or space-time leaps that do not obey any rational logic." (Note 19) "Out of the seventy-three segments in the fim, twenty-eight occur at night, nineteen are silent, and eleven are accompanied in the soundtrack solely by the text of Adèle’s diary, or that of her letters. This threefold absence of temporal links, of light, and of dialogue has the effect of suspending the operation of ordinary logic in order to submit the unfolding of the story to the shortcuts of the imaginary." (Note 20) |
Video 1: Trailer |
Video 2 |
Video 3 |
Video 4 |
Video 5 Video 6 Adele H. - Una storia d'amore/L'histoire d 'Adèle H./The story of Adèle H. (1975) - Il film completo, in francese con sottotitoli in inglese, è disponibile qui/The full film, in French with English subtitles, is available here. |
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La camera verde (1978) Se in Adele H- Truffaut aveva ridotto l'ossessione amorosa ad una singola persona, dipingendo il quadro di un amore non corrisposto, in La camera verde si spinge ancora più in là, concentrandosi su un'ossessione che questa volta riguarda addirittura i morti. Tuttavia, come vedremo, non si tratta di un film "funebre" o permeato di toni mortiferi, perchè l'ossessione in questione, in fondo, riguarda ancora la vita, è il rifiuto dell'oblio: come far sì che i morti non vengano dimenticati, come intrattenere con loro un rapporto, perchè solo con un tale rapporto i vivi possono, a loro volta, rimanere tali. I titoli di testa (si veda il Video 1 qui sotto), tra i più coinvolgenti dei film di Truffaut, propongono una serie di scene documentarie sulle atrocità della Prima Guerra Mondiale, su cui compare, man mano, in sovrimpressione, il volto di Truffaut stesso, vestito da militare, il cui sguardo attonito e sconcertato riflette il senso di disumanità e di orrore delle immagini - il suo volto è sempre più ravvicinato, finchè si abbassa per mostrare solo l'elmetto. E la storia del film è incentrata proprio su un reduce di guerra, Julien (interpretato da Truffaut stesso), che, dieci anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e rimasto vedovo solo poco dopo il suo matrimonio con Julie, profondamente toccato da queste esperienze, conduce una vita solitaria, in una casa abitata solo da una governante e da un ragazzino sordomuto (evidente richiamo a Il ragazzo selvaggio - vedi la Seconda parte), lavorando per un giornale locale, per il quale scrive necrologi. Nella sua casa, Julien ha dedicato una "camera verde" alla moglie, della quali intende tener vivo il ricordo insieme agli oggetti che le erano appartenuti (Video 2). La sua ossessione per la moglie defunta arriva al punto di decidere di farsi costruire un manichino che la riproduca - ma, quando gli viene mostrata l'opera, noin riesce a far rivivere il ricordo, e ne ordina immediatamente la distruzione (Video 3). Un giorno gli capita di incontrare una donna, Cécilia (Nathalie Baye), anche lei vedova, anche lei attaccata al ricordo del marito morto lontano da lei. Un giorno, la "camera verde" viene distrutta da un incendio, e Julien, scoperta una cappella abbandonata, la fa restaurare per farne un mausoleo dedicato a tutti i suoi morti, a ciascuno dei quali dedica un cero, e la fa visitare a Cécilia (Video 4 e 5). Scoperto che Cécilia era stata l'amante di un certo Massigny, celebre uomo politico, di cui era stato amico intimo ma da cui poi era stato tradito, al punto di rifiutarsi di scriverne il necrologio alla sua morte, Julien si rifiuta di inserirne il ritratto nella cappella, provocando una rottura nel suo rapporto con Cécilia. Ammalatosi, Julien riceve una lettera da Cécilia, che gli dichiara il suo amore, e, seppure debolissimo, riesce a raggiungere la cappella, dove muore tra le braccia della donna. Cécilia, ormai designata quale custode della cappella, aggiunge un cero anche per Julien. Anche in questo film i riferimenti autobiografici abbondano. Truffaut, sebbene ancora giovane (aveva 46 anni), ha la sensazione che una gran parte della sua vita sia ormai alle sue spalle (rendendosi conto, per esempio, che metà degli interpreti del suo secondo film, Tirate sul pianista (1960) era già scomparsa, e che a un certo momento si conoscono "più morti che persone vive"), e sente la necessità di "riannodare" i fili delle persone a lui care, sia dal punto di vista personale che professionale, in una sorta di "testamento spirituale". Trae così ispirazione da alcune novelle di Henry James per creare un racconto allo stesso tempo intimo e pubblico, in cui i morti sono tenuti ancora in vita dal ricordo, che si concretizza nelle fiamme dei ceri che illuminano, prima la "camera verde", e poi, ancor più, la cappella, dove vediamo i ritratti di tante personalità che, a vario titolo, sono state legate a Truffaut per tutta la vita, e non solo perchè amate ma anche, in qualche caso, perchè odiate. E Truffaut sente che deve essere lui stesso ad interpretare Julien, un ruolo troppo intimo per essere affidato a chiunque altro: "Mi è sembrato che se avessi recitato io il ruolo, avrei ottenuto la stessa differenza che, quando mi occupo della posta nel mio ufficio, detto certe lettere che vengono scritte a macchina, e che ne scrivo altre a mano. La camera verde è come una lettera scritta a mano." (Nota 21) Rifiutando decisamente ogni consolazione di carattere spirituale o più concretamente religioso, Julien ama i suoi morti di un amour fou tenace e inventivo, come Adele H. amava il suo tenente Pinson, con un'ossessione che supera i limiti delle convenzioni sociali per approdare quasi a una sorta di "religione senza Dio". in cui il tema del contrasto tra l'assoluto e il provvisorio, così presente nelle sue opere a riguardo dell'esperienza amorosa, trova qui un'esaltazione estrema nello sfidare la morte come "fine assoluta": "I morti ci appartengono se decidiamo di appartenere a loro". E, allo stesso tempo, la camera verde diventa una metafora dello stesso cinema, perchè Truffaut riunisce in essa tutti coloro che, a vario titolo, hanno avuto un'influenza sulla sua vita e sulla sua opera, da André Bazin a Marcel Proust, da Jean-Pierre Roché (autore di Jules e Jim e di Le due inglesi) al musicista Maurice Jaubert, di cui Truffaut recupera per i suoi film molte composizioni degli anni '30-'40. L'ossessione di Julien è un'altra forma di quella "idea fissa" che animava, non solo Adele H., ma anche il protagonista di L'uomo che amava le donne (si veda la Prima parte), per il quale la donna in assoluto, più ancora che le singole incarnazioni, era la sua ragione di vita. Allo stesso modo, Julien raccoglie tutti gli oggetti appartenuti alla moglie per rafforzare quel legame che la morte non può così sciogliere. E, profondamente segnato dalla carneficina della guerra, trova il modo di far rivivere i tanti morti in battaglia proiettando per Georges, il ragazzino sordomuto, delle "lastre" che riproducono gli orrori di quel conflitto, quella carneficina dove sono morti tutti i suoi amici e dalla quale non riesce a distaccarsi. E questa stessa idea fissa, che lo taglia fuori dalla realtà e con la quale cerca di resistere e perfino di sconfiggere il tempo, lo separa, almeno temporaneamente, anche da Cécilia, perchè lui ama i morti persino più dei vivi, e rifiuta la rassegnazione e il distacco che invece sono parte della continuazione della vita, come Cécilia la intende nel suo amore per lo stesso Julien - come gli scrive nella sua lettera: "Come lei, so che non è facile vivere con i vivi, è più semplice con i morti, chiusi tra le mura trasparenti della nostra immaginazione. Quello che non ha capito e che sono decisa a dirle, è che l'amo, ma so che per essere amata da lei dovrei essere morta". Sul piano figurativo, la cappella di Julien rimane tra le scenografie più esaltanti create da Truffaut, con quel contrasto tra la luce fredda dell'elettricità e il palpitare caldo e continuo dei ceri e del loro riflesso negli specchi - forze vive, come tali in grado, forse, di rianimare tutti quei simulacri che rimandano alle tante persone morte, ma così vive per Julien. E la differenza sostanziale tra Julien e Cécilia è sottolineata dal modo in cui sono ripresi: in lunghi piani-sequenza lei, a simboleggiare la continuità della vita, il transitorio ma anche il vitale, e con inquadrature spesso fisse, che bloccano Julien nel suo isolamento assoluto, un presente che vorrebbe fosse eterno, "congelato" nel tempo, dunque lontano dal passato ma anche da ogni possibile prospettiva futura. E proprio per questo La camera verde non è costruita tanto su un susseguirsi di episodi, nè da legami di netta causalità tra una scena e l'altra, quanto su una ripetizione statica di motivi e di figure, quella che Truffaut chiamava l'"emozione tramite la ripetizione": "Credo nell'emozione contenuta, nell'emozione generata non da un parossismo, ma per accumulo. Vorrei che la gente guardasse La camera verde a bocca aperta, passando da un evento sorprendente all'altro, e quell'emozione ci cattura solo alla fine, solo per il lirismo della musica di Jaubert." (Nota 22) Truffaut stesso ha riassunto il valore ed il significato intimo di questo film: "Non è nè deprimente, né morboso, né triste. E' l'idea che la forza del ricordo, della fedeltà e delle idee fisse è più forte dell'attualità. Non staccarsi dalla cose e dalle persone di cui non si parla più: continuare a vivere con loro, se le si ama. Io rifiuto di dimenticare" (Nota 23) |
The green room (1978) If in Adèle H. Truffaut had reduced love obsession to a single person, painting the picture of unrequited love, in The green room he goes even further, focusing on an obsession that this time even concerns the dead. However, as we will see, it is not a "funereal" film or a film permeated with deadly tones, because the obsession in question, deep down, still concerns life, it is the refusal of oblivion: how to ensure that the dead are not forgotten, how to maintain a relationship with them, because only with such a relationship can the living, in turn, remain so. The opening credits (see Video 1 below), among the most engaging of Truffaut's films, offer a series of documentary scenes on the atrocities of the First World War, on which Truffaut's face gradually appears superimposed, dressed as a soldier, whose astonished and bewildered gaze reflects the sense of inhumanity and horror of the images - his face is getting closer and closer, until it lowers to show only the helmet. And the story of the film is centered precisely on a war veteran, Julien (played by Truffaut himself), who, ten years after the end of the First World War, has remained a widower, after his wife Julie died shortly after their marriage. Deeply moved by these experiences, Julien leads a solitary life, in a house inhabited only by a housekeeper and a deaf-mute boy (an obvious reference to The wild child - see Part 2). He works for a local newspaper, for which he writes obituaries. In his house, Julien has dedicated a "green room" to his wife, whose memory he intends to keep alive together with the objects that had belonged to her (Video 2). His obsession with his deceased wife reaches the point of deciding to have a mannequin built that reproduces her - but, when he is shown the work, he fails to revive the memory, and immediately orders its destruction (Video 3). One day he happens to meet a woman, Cécilia (Nathalie Baye), also a widow, also attached to the memory of her dead husband. One day, the "green room" is destroyed by fire, and Julien, having discovered an abandoned chapel, has it restored to make it a mausoleum dedicated to all his dead, to each of whom he dedicates a candle, and asks Cécilia to visit it (Videos 4 and 5). Having discovered that Cécilia had been the lover of a certain Massigny, a famous politician, of whom he had been a close friend but by whom he had then been betrayed, to the point of refusing to write his obituary on his death, Julien refuses to insert his portrait in the chapel, causing a break in his relationship with Cécilia. As Julien falls ill, he receives a letter from Cécilia, who declares her love for him. Although very weak, Julien manages to reach the chapel, where he dies in the woman's arms. Cécilia, now designated as custodian of the chapel, adds a candle for Julien. In this film, too, autobiographical references abound. Truffaut, though still young (he was 46), feels that a large part of his life is now behind him (realizing, for example, that half of the actors in his second film, Shoot the piano player (1960) are dead, and that at a certain moment "we know more dead people than living ones"), and feels the need to "tie back" the threads of the people dear to him, both from a personal and professional point of view, in a sort of "spiritual will". Thus he draws inspiration from some short stories by Henry James to create a story that is both intimate and public, in which the dead are kept alive by memory, which takes the form of the flames of the candles which light up, first the "green room", and then, even more, the chapel, where we see the portraits of many personalities who, in various capacities, have been linked to Truffaut throughout his lives - both perople je has loved and people he has hated. And Truffaut feels that he himself must play Julien, too intimate a role to be entrusted to anyone else: "It seemed to me that if I played the role, I would get the same difference that, when I do the mail in my office, I dictate certain letters that are then typed, and that I write others by hand. The green room is like a handwritten letter." (Note 21) Resolutely refusing any consolation of a spiritual or more concretely religious nature, Julien loves his dead with a tenacious and inventive amour fou, just like Adeèe H. loved her lieutenant Pinson, with an obsession that goes beyond the limits of social conventions to almost arrive at a sort of "religion without God". in which the theme of the contrast between the absolute and the provisional, so present in his works regarding the experience of love, finds here an extreme exaltation in challenging death as an "absolute end": "The dead belong to us if we decide to belong to them". And, at the same time, the green room becomes a metaphor for cinema itself, because Truffaut brings together in it all those who, for various reasons, have had an influence on his life and his work, from André Bazin to Marcel Proust, from Jean-Pierre Roché (author of Jules and Jim and Two English girls) to the musician Maurice Jaubert, many of whose compositions from the 1930s and 1940s Truffaut uses in his films. Julien's obsession is another form of that "fixed idea" which animated, not only Adèle H., but also the protagonist of The Man who loved women (see Part 1), for whom the absolute woman, even more than the individual incarnations, was his reason for living. Likewise, Julien collects all the objects that belonged to his wife to strengthen a bond that death cannot thus dissolve. And, deeply marked by the carnage of the war, he finds a way to revive the many dead in battle by projecting for Georges, the deaf-mute boy, "slides" that reproduce the horrors of that conflict, that carnage in which all his friends died and from which he cannot get away. And this same fixed idea, which cuts him off from reality and with which he tries to resist and even defeat time, also separates him, at least temporarily, from Cécilia, because he loves the dead even more than the living, and refuses resignation and detachment, which instead are part of the continuation of life, as Cécilia understands it in her love for Julien himself - as she writes to him in her letter: "Like you, I know it's not easy to live with the living, it's easier with the dead, closed within the transparent walls of our imagination. What you don't understand and what I'm determined to tell you is that I love you, but I know that to be loved by you I should be dead." On a figurative level, Julien's chapel remains one of the most exciting sets created by Truffaut, with that contrast between the cold light of electricity and the warm and continuous pulsation of the candles and their reflection in the mirrors - living forces, as such capable, perhaps, to revive all those simulacra that refer to the many dead people, who are still so alive for Julien. And the substantial difference between Julien and Cécilia is underlined by the way they are filmed: she in long take sequences. symbolizing the continuity of life, the transient but also the vital, and he with often fixed shots, which block him in his absolute isolation, a present that would like to be eternal, "frozen" in time, therefore far from the past but also from any possible future perspective. And precisely for this reason, The green room is not built so much on a succession of episodes, nor on links of clear causality between one scene and another, as on a static repetition of motifs and figures, what Truffaut called the "emotion by repetition": "I believe in restrained emotion, in emotion generated not by a paroxysm, but by accumulation. I would like people to watch The green room with their jaws dropped, moving from one astonishing event to the next, and that emotion grips us only at the end, only on account of the lyricism of Jaubert’s music.” (Note 22) Truffaut himself summed up the value and inner meaning of this film: "It is neither depressing, nor morbid, nor sad. It is the idea that the power of memory, fidelity and fixed ideas is stronger than current events. Do not detach yourself from things and people you no longer talk about: continue to live with them, if you love them. I refuse to forget" (Note 23) |
Video 1 Video 2 |
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Video 3 |
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Video 4 Video 5 La camera verde/La chambre verte/The green room (1978) |
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La signora della porta accanto
(1981) L'ossessione amorosa più violenta e tragica del cinema di Truffaut va in scena nel suo penultimo film, La signora della porta accanto: una storia semplice, essenziale, quasi lineare ma che si carica subito di un fascino terribile, quello di un amour fou che (ri)nasce improvvisamente e che, senza lasciare tregua ai suoi protagonisti, li consuma irrimediabilmente nel fuoco della passione, ma senza lasciar loro via di scampo se non nel reciproco annientamento (si veda il trailer originale nel Video 2 qui sotto, e anche il Video 5). Dopo i titoli di testa, il film inizia (si veda il Video 1) con il primo piano di una signora di mezza età, Odile, sullo sfondo di campi da tennis, che guarda direttamente in macchina verso di noi spettatori, dicendo che se crediamo che sia una tennista, ci sbagliamo - e, per la prima e unica volta nel cinema di Truffaut, "rompe la quarta parete", cioè dice alla macchina da presa di allontanarsi per farla vedere a figura intera. Scopriamo così che Odile ha una protesi alla gamba destra. E' lei che ci introduce alla storia: una storia che, dice, era iniziata dieci anni fa ... o forse solo sei mesi fa. Di fronte alla casa di un paese di campagna dove abita, felicemente sposato, Bernard (Gérard Dépardieu), con la moglie Arlette (Michèle Baumgartner) e il figlioletto Thomas, vengono ad abitare Philippe (Henri Garcin) e sua moglie Mathilde (Fanny Ardant). Bernard e Mathilde si riconoscono immediatamente: otto anni prima avevano avuto un'intensa quanto tormentata relazione, che era finita per iniziativa della donna (sapremo man mano che procede la storia che per questo Mathilde era entrata in una forte crisi depressiva, aveva probabilmente tentato il suicidio ed aveva anche finito per sposare "il primo uomo che le aveva chiesto dolcemente di sposarla", salvo poi lasciarlo dopo sei mesi). Bernard sembra aver invece superato questo amore di gioventù ed essersi costruito una vita serena. Ma non è così: bastano pochi sguardi per far divampare, più intensa che mai, la passione tra di loro (Video 3). Nonostante essi cerchino di tenere a freno questo fuoco che li divora, finiscono presto per riprendere la loro relazione, incontrandosi di nascosto in un albergo a ore. Tra tentativi di "restare buoni amici" e inutili sforzi per troncare questo rapporto, la situazione precipita quando Bernard, durante una festa, finisce per picchiare Mathilde, rendendo così pubblica la cosa. Mathilde cade in un profondo esaurimento nervoso, da cui il marito cerca di farla uscire portandola in vacanza e, al ritorno, traslocando a Grenoble. Bernard sembra aver trovato un certo distacco, e in tal modo il peso della situazione ricade su Mathilde. Ma una sera (Video 6), Mathilde torna nella sua casa, Bernard la scorge, la raggiunge, e, senza dirsi una parola, fanno l'amore: ma mentre ciò avviene, Mathilde spara a Bernard e, subito dopo, si uccide con un altro colpo di pistola. La fusione totale dei corpi segnala anche la distruzione degli stessi amanti. Truffaut stesso descrive così il suo film: "Di cosa si parla nella Signora della porta accanto? D'amore, naturalmente, d'amore contrastato, senza il quale non ci sarebbe storia. L'ostacolo, qui, tra i due amanti, non è rappresentato dai condizionamenti della società nè dalla presenza altrui e nemmeno dalla disparità dei due temepramenti, bensì, al contrario, dalle loro somiglianze. Entrambi sono ancora nello stato di esaltazione del "tutto o niente" che li ha già separati otto anni prima." (Nota 24) Questa devastante relazione ha tutte le caratteristiche dell'"amore folle": è una forza selvaggia, bruta e violenta, che si alimenta di passione fisica, ma anche di gelosia, di aggressività, di senso del possesso, che non lascia scampo: ne vediamo tutto il potere dirompente assistendo a lunga serie di episodi che, al di là del loro superficiale significato, sono lo specchio degli ostacoli intimi, invisibili, che i due amanti si trovano continuamente ad affrontare, senza mai riuscirci. Nel Video 4, ad esempio, poco dopo essersi reincontrati, entrambi guardano la finestra della casa di fronte, poi cercano di telefonare all'altro: ma lo fanno in contemporanea, così che i relativi telefoni suonano occupati. E' il primo, inquietante segnale di due persone che si cercano, si vogliono, ma che verranno sempre tenuti separati dagli ostacoli che si frappongono alla loro unione. E lo spettatore condivide questa inquietudine, questi segni premonitori che sembrano annunciare il divampare di una forza che porterà alla tragedia, senza che i motivi sottostanti siano stati esplicitamente identificati. E questi ostacoli sono disseminati dappertutto. Ogni luogo (case, supermercati, alberghi, auto, parcheggi ... ) ogni tempo (giorno ma soprattutto notte, lavoro e tempo libero, incontri privati e occasioni pubbliche ...), ogni relazione (oltre ai rispettivi coniugi, comprensivi e tolleranti, ci sono amici, colleghi, bambini ...) vengono piegati in funzione del rapporto tra i due amanti, che trascende così dalla realtà concreta, quotidiana, quasi banale nella sua "realtà", ad una dimensione tragica superiore. Essi oppongono resistenza, tentano la via della logica e del raziocinio, si dicono continuamente che "si devono parlare", ma il potere della parola (che in altri film di Truffaut veniva portato in primo piano) qui è annullato: i loro incontri finiscono per essere bruciati dalla passione, senza che essi capiscano veramente cosa stia loro succedendo: a più riprese, entrambi dicono di "non capire", di "voler capire" ma di essere impossibilitati a farlo. Ma mentre Bernard, che si era abbandonato alla passione con un istinto quasi infantile, dopo la scenata alla festa, sembra aver apparentemente superato il trauma, Mathilde, molto più consapevole delle contraddizioni e degli impulsi all'opera dentro di sè, ricade presto nella sua ossessione, trascinando con sè uno sperduto Bernard. E così Truffaut costruisce un film dai toni noir e tragici, ma che assurge al più puro dei melodrammi, dove però il progredire dell'ossessione passa attraverso tanti limiti quotidiani che i due amanti travalicano, uno dopo l'altro, in una serie di scatti d'azione repentini e violenti, così rari nella filmografia del regista. Una storia come questa si sarebbe prestata molto bene ad essere raccontata tramite una serie di flashback: invece Truffaut la fa svolgere tutta al presente, innestando così continuamente il passato nel vivo dell'oggi (per Bernard e Mathilde il passato vive tuttora nel presente, senza distinzioni), e caricando la sua narrazione, di solito così leggera ed equilibrata, di esplosioni emotive che avviluppano lo spettatore in una crescente angoscia. E a questo proposito Truffaut ebbe a dire: "Prima della televisione avrei ragionato diversamente. Oggi bisogna dare subito allo spettatore gli elementi della storia e poi sforzarsi di tenerselo stretto, perchè la gente è molto meno ricettiva di vent'anni fa" (Nota 25) E l'ultimo significato della storia viene dalla voce di Odile, la signora che aveva aperto il film (lei stessa testimone di una tragedia d'amore - vent'anni prima aveva tentato il suicidio, ma aveva anche trovato la forza di staccarsi dall'amante che dopo vent'anni era venuto a cercarla), e che, mentre le ambulanze arrivano sul luogo della tragedia, commenta: "I corpi di Mathilde e di Bernard temo proprio che non saranno tumulati insieme. Se dovessi scegliere un'epigrafe per i funerali, so bene cosa scriverei: 'Nè con te né senza di te' - ma nessuno chiederà il mio parere". La sessualità sembra inscindibile dalla violenza e dalla distruzione. L'amore, il cuore dell'opera di Truffaut, sembra qui denunciare il suo lato illusorio e assumere il carattere devastante della morte: di amore non si vive, si uccide e ci si uccide - l'amore assoluto, l'inseparabilità, la massima fusione dei corpi e delle menti porta con sè il marchio dell'impossibile. |
The woman next door (1981) The most violent and tragic love obsession in Truffaut's cinema is staged in his penultimate film, The woman next door: a simple, essential, almost linear story that immediately takes on a terrible charm, that of an amour fou which is suddenly (re)born and which, leaving no respite to its protagonists, irreparably consumes them in the fire of passion, leaving them no way out except in mutual annihilation (see the original trailer in Video 2 below, and also Video 5). After the opening credits, the film begins (see Video 1) with a close-up of a middle-aged lady, Odile, against the background of tennis courts, who looks directly into the camera at us viewers, saying that if we believe that she is a tennis player, we are wrong - and, for the first and only time in Truffaut's cinema, she "breaks the fourth wall", that is, she tells the camera to move away to show her full length. Thus we discover that Odile has a prosthesis in her right leg. It is she who introduces us to the story: a story which, she says, began ten years ago…or maybe just six months ago. Bernard (Gérard Dépardieu), his wife Arlette (Michèle Baumgartner) and their little son Thomas happily in a country town. One day, the house opposite theirs is rent to Philippe (Henri Garcin) and his wife Mathilde (Fanny Ardant). Bernard and Mathilde recognize each other immediately: eight years earlier they had had an intense and tormented relationship, which ended on the woman's initiative (as the story progresses we will know that for this reason Mathilde had entered into a strong depressive crisis, had probably attempted suicide and had also ended up marrying "the first man who had asked her sweetly to marry her", only to leave him after six months). Bernard seems to have overcome this love of his youth and built a peaceful life. But that's not the case: a few glances are enough to make the passion between them flare up, more intense than ever (Video 3). Although they try to curb this fire that devours them, they soon end up resuming their relationship, meeting secretly in a hotel. Between attempts to "remain good friends" and useless efforts to sever this relationship, the situation precipitates when Bernard, during a party, ends up hitting Mathilde, thus making the relationship public. Mathilde falls into a profound nervous breakdown, from which her husband tries to get her by taking her on holiday and, when she returns, by moving to Grenoble. Bernard seems to have found a certain detachment, and thus the burden of the situation falls on Mathilde. But one evening (Video 6), Mathilde returns to her home, Bernard sees her, joins her, and, without saying a word, they make love: but while this is happening, Mathilde shoots Bernard and, immediately afterwards, kills herself with another gunshot. The total fusion of the bodies also signals the destruction of the lovers themselves. Truffaut himself describes his film thus: "What is The woman next door about? About love, naturally, thwarted love, without which there would be no story. The obstacle here, between the two lovers, is not represented by the conditioning of society nor by presence of others and not even by the disparity of the two temperaments, but, on the contrary, by their similarities. Both are still in the state of exaltation of the "all or nothing" that has already separated them eight years earlier." (Note 24) This devastating relationship has all the characteristics of "crazy love": it is a wild, brute and violent force that feeds on physical passion, but also on jealousy, aggression, a sense of possession, which leaves no way out: we see its disruptive power by witnessing a long series of episodes which, beyond their superficial meaning, are the mirror of the intimate, invisible obstacles that the two lovers constantly find themselves facing, without ever succeeding. In Video 4, for example, shortly after meeting again, both look at the window of the house opposite, then try to call the other: but they do it at the same time, so that the related phones ring busy. It is the first, disturbing sign of two people seeking each other, wanting each other, but who will always be kept apart by the obstacles that stand in the way of their union. And the spectator shares this restlessness, these premonitory signs that seem to herald the flare-up of a force that will lead to tragedy, without the underlying reasons having been explicitly identified. And these obstacles are scattered all over the place. Every place (houses, supermarkets, hotels, cars, parking lots ... ,) every time (day but above all night, work and leisure, private meetings and public occasions ...) and every relationship (in addition to the respective spouses, complacent and tolerant, there are friends, colleagues, children ...) is painted according to the relationship between the two lovers, which thus transcends from concrete, everyday reality, almost banal in its "reality", to a higher tragic dimension. They put up resistance, they try the path of logic and reasoning, they continually tell each other that "we have to talk", but the power of the word (which was brought to the fore in other films by Truffaut) is nullified here: their encounters end up being burned by passion, without them really understanding what is happening to them: on several occasions, both say they "don't understand", they "want to understand" but they are unable to do so. But while Bernard, who had abandoned himself to passion with an almost childish instinct after the scene at the party, seems to have apparently overcome the trauma, Mathilde, much more aware of the contradictions and impulses at work within her, soon falls back into her obsession, dragging along a lost Bernard. And so Truffaut builds a film with noir and tragic tones, but which rises to the purest of melodramas, where however the progress of the obsession overrides so many daily limits, in a series of shots of sudden and violent action, so rare in the director's filmography. A story like this would have lent itself very well to being told through a series of flashbacks: instead Truffaut unfolds it entirely in the present, thus continuously grafting the past into the heart of today (for Bernard and Mathilde the past still lives in the present, without distinctions), and charging his narrative, usually so light and balanced, with emotional outbursts that envelop the viewer in growing anguish. And in this regard Truffaut said: "Before television I would have reasoned differently. Today we need to immediately give the viewer the elements of the story and then make an effort to keep them close, because people are much less receptive than twenty years ago" (Note 25) And the last meaning of the story comes from Odile's voice, the lady who had opened the film (herself witness to a love tragedy - twenty years earlier she had attempted suicide, but had also found the strength to break away from the lover who had come looking for her after twenty years), and who, while the ambulances arrive at the scene of the tragedy, comments: "I'm really afraid that the bodies of Mathilde and Bernard will not be buried together. If I had to choose an epigraph for the funerals, I know what I would write: 'Neither with you nor without you' - but no one will ask my opinion". Sexuality is seemingly inseparable from violence and destruction. Love, the heart of Truffaut's work, seems here to expose its illusory side and take on the devastating character of death: one does not live on love, one kills and kills oneself for love - absolute love, inseparability, the maximum fusion of bodies and minds carries with it the mark of the impossible. |
Video 1 |
Video 2: Original French trailer with English subtitles |
Video 3 |
Video 4 |
Video 5 Video 6 La signora della porta accanto/La femme d'à côté/The woman next door (1981) |
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Fine della quarta ed ultima parte | End of Part 4 (the last part) |
Note/Notes
(1) Citato in/Quoted in Masson C. & Delmas L. 2021. François Truffaut. Film par film, Gallimard, Paris, p. 43.
(2) Citato in/Quoted in Barbera A., Mosca U. 2001. François Truffaut, Il Castoro Cinema, Milano, p. 57.
(3) ibid, p. 62.
(4) Citato in/Quoted in Malanga P. 1996. Tutto il cinema di Truffaut, Baldini & Castoldi, Milano, p. 270-271.
(5) ibid., p. 271.
(6) ibid, p. 285.
(7) Citato in/Quoted in Barbera & Mosca, cit., p. 80.
(8) ibid., p. 75.
(9) Citato in/Quoted in Masson & Delmas, cit., p. 127.
(10) ibid., p. 131.
(11) Citato in/Quoted in Barbera & Mosca, cit., p. 138.
(12) ibid., p. 137.
(13) Citato in/Quoted in Malanga, cit., p. 460.
(14) Citato in/Quoted in Masson & Delmas, cit., p. 96.
(15) ibid., p. 101.
(16) Citato in/Quoted in Malanga, cit., p. 331.
(17) Citato in/Quoted in Masson & Delmas, cit., p. 156.
(18) Citato in/Quoted in Gillain A. 2019. Tout Truffaut. 23 films pour comprendre l'homme et le cinéaste, Armand Colin, Malakoff, p.175.
(19) Citato in/Quoted in Malanga, cit., p. 405.
(20) Citato in/Quoted in Gillain A. 2013. François Truffaut. The lost secret, Indiana University Press, Bloomington & Indianapolis, p. 226.
(21) Citato in/Quoted in Masson & Delmas, cit., p. 181.
(22) Citato in/Quoted in Gillain, cit., p. 226.
(23) Citato in/Quoted in Neyrat C. 2007. Françcois Truffaut, Cahiers du Cinéma/Le Monde, Paris, p. 73.
(24) Citato in/Quoted in Malanga, cit., p. 472.
(25) ibid., p. 474.
Per
saperne di più ... Video su You Tube * Vieri Razzini presenta La signora della porta accanto * Vieri Razzini presenta La camera verde * Vieri Razzini presenta Jules e Jim |
Want to know more? YouTube videos * Truffaut's introduction to Jules and Jim (French with English subtitles) |
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