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Pier Paolo
Pasolini: i lungometraggi Parte seconda |
Pier Paolo Pasolini's feature
films Part 2 |
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Teorema (1968) (Il film completo è visibile qui.) Dopo la parentesi mitologica/autobiografica/psicoanalitica di Edipo re, Pasolini torna a raccontare una storia dell'Italia contemporanea, ma lo fa, come dalle intenzioni già espresse dopo Uccellacci e uccellini, in chiave metaforica e allusiva, proseguendo quindi nel suo percorso di un cinema non più "popolare" come lo aveva inteso nei suoi primi film, ma di un cinema che trasmette messaggi che vanno letti, interpretati, discussi nella loro complessità e sempre con riferimento alla crisi socio-culturale che attraversa la società italiana - anche se questo marca il progressivo isolamento intellettuale di Pasolini, maestro "del dissenso" e come tale da esorcizzare, o meglio, da "inglobare" e "digerire" comunque all'interno della società borghese. Teorema si apre dunque con un'intervista ad alcuni operai di una fabbrica della periferia milanese, cui il proprietario ha donato l'azienda (Video 1). Le domande vertono su quanto un gesto di questo tipo possa in qualche modo rappresentare un'evoluzione del mondo borghese nei suoi rapporti col proletariato operaio, anche se le risposte sono tra lo scettico e l'evasivo, e di fatto l'intervistatore non riesce ad ottenere le risposte chiare che pur vorrebbe ricevere. Per tutto il film, si alterneranno scene della contemporaneità con visioni di un deserto polveroso spazzato dal vento: un chiaro invito a "leggere" i fatti narrati nell'ottica di una crisi irreversibile che affligge la società borghese, ormai ridotta, come il finale dimostrerà, ad una dissoluzione e ad un vagare in un metaforico "deserto" senza speranza. La scena si sposta nella sontuosa villa dell'industriale citato all'inizio (Massimo Girotti), dove vediamo la sua famiglia: la moglie (Silvana Mangano), la figlia quattordicenne e il figlio diciottenne (che vediamo frequentare licei pubblici e privati destinati alla società "bene") e la domestica (Laura Betti). Un giorno arriva un allegro e spensierato messaggero/postino (Ninetto Davoli, nel ruolo che aveva già svolto in Edipo re), che consegna uno strano telegramma: "Arrivo domani" (Video 2). La famiglia è sorpresa da questo annuncio, non sa di chi si tratti, ma l'indomani accoglie il misterioso visitatore (Terence Stamp), un giovane bello e affascinante, senza fare domande. Nel corso dei giorni successivi, l'ospite sedurrà, emotivamente e sessualmente, tutta la famiglia, a partire dalla domestica, anche se non fa nulla perchè questo succeda - certo, contano soprattutto i gesti e gli sguardi più che i dialoghi ridotti all'osso. Quando poi riceverà, sempre tramite il postino, un altro telegramma, annuncerà la sua imminente partenza, gettando tutti nello sconforto. Prima di partire, l'ospite parla con tutti i membri della famiglia (Video 3), che, ognuno in modo diverso, gli confida quanto la sua presenza li abbia sconvolti: ilo ragazzo si è reso conto la sua diversità (anche sessuale); la ragazza ha scoperto l'amore; la madre confessa di non aver avuto finora nessun reale interesse, ma anche di aver capito quanto fosse falsa la sua vita al servizio di falsi valori e di convenzioni sociali; e il padre lamenta la perdita della sua identità e dei ruoli che aveva finora accettato. Comune a tutti loro è la presa di coscienza della perdita di senso delle loro vite, delle false identità che hanno finora vissuto, della propria impotenza, ma anche dell'impossibilità di vere alternative: il ragazzo, da sempre interessato all'arte, si traferirà in uno studio dove, tra dolore e disperazione, cercherà invano di trovare un senso alla sua vita realizzando dipinti astratti che odia nel momento in cui li crea (Video 4); la ragazza cadrà in una specie di catalessi, e verrà ricoverata in un ospedale psichiatrico; la madre cercherà un avvilente sfogo sessuale incontrando ragazzi per strada, salvo poi entrare in una chiesa alla ricerca di una impossibile redenzione; il padre, infine, si spoglierà nudo alla Stazione Centrale di Milano, per poi ritrovarsi a vagare nel deserto polveroso che ci ha sempre accompagnato per tutto il film, lanciando un ultimo forsennato urlo di dolore e disperazione (Video 5). La domestica, l'unica a non aver rielaborato coscientemente il cambiamento operato in lei dall'"ospite", tornerà al paese natale, dove opererà un miracolo, si librerà nel cielo, sarà venerata come una santa e infine si farà sotterrare, viva, "non per morire ma per piangere lacrime segrete, ma non di dolore ". L'"ospite- angelo" è una specie di "redentore", di catalizzatore di cambiamento, quasi una versione di quel Cristo "portatore di spada e non di pace" che Pasolini aveva descritto nel suo Vangelo secondo Matteo. Eppure questa figura non ha qualità speciali, non usa la violenza, ma è portatore di amore attraverso una forma quasi sacrale di erotismo - contro cui va a cozzare l'apparato ideologico razionale della famiglia borghese. Ma la trasformazione che induce in questa famiglia è senza speranza: costituisce una presa di coscienza della perdita di senso e di identità di una classe sociale, ma senza nessuna possibilità di riscatto o di genuino cambiamento. Questa classe borghese è destinata a perdersi in un deserto senza più alcun punto di riferimento o prospettiva di redenzione. Solo la domestica, rappresentante di un proletariato contadino al servizio della famiglia borghese, non rielabora coscientemente il cambiamento indotto in lei dall'"ospite", ma lo sublima e lo trasfigura nella fede, affidandosi al senso religioso e trovando così una sua "pace" interiore negata a tutti gli altri. La descrizione della famiglia borghese in Teorema è fredda, distaccata, affidata alla potenza delle immagini più che ai pochi, scarni dialoghi: è il silenzio, più che le parole, a dare forma e senso alla narrazione. La dimensione quasi mitologica dell'"ospite redentore" è controbilanciata dalla continua visione delle fabbriche della periferia milanese, immerse nella solitudine e ritratte in bianco e nero o con immagini virate al seppia, cui si accostano le frequenti visioni del deserto su cui si conclude il film. Anche la musica alterna, ancora una volta, temi moderni (la colonna sonora è di Ennio Morricone) ed echi classici come la "Messa di Requiem" di Mozart (presente nel Video 1), a sottolineare il tono epico e tragico della dissoluzione di una società. Pasolini esprime così il senso del suo film: "Il nucleo centrale del film è costituito dal passaggio di uno sconosciuto molto bello, molto buono, e molto diverso dagli ospiti che lo ricevono, i grandi borghesi milanesi. Tutti lo amano, tutti ne restano turbati, posseduti da lui, nel senso assoluto del termine. Poi egli partirà. E questo suo passaggio li lascerà devastati. Io non cerco lo scandalo. Dio è lo scandalo, in questo mondo. Il Cristo, se tornasse, sarebbe nuovamente lo scandalo, egli lo è già stato a suo tempo, egli tornerebbe ad esserlo oggi. Il mio sconosciuto - interpretato da Terence Stamp - è Gesù inserito in un contesto attuale, non è neppure Eros in senso assoluto, è il messaggio del dio impietoso, di Jehovah, che attraverso un segno concreto, una presenza misteriosa, toglie i mortali dalla falsa sicurezza. E' un dio che distrugge la buona coscienza conquistata a buon prezzo, a riparo della quale vivono o vegetano i benpensanti, i borghesi, chiusi in una falsa idea di se stessi.” (Nota 1) Alla Mostra del Cinema di Venezia Laura Betti vinse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile e il film fu premiato dall'Office Catholique International du Cinéma, anche se poi fu attaccato da un violento articolo dell'"Osservatore Romano" (anche in seguito al quale Pasolini poi restituì il premio). |
Teorema (1968) (The complete film is available here.) After the mythological/autobiographical/psychoanalytic parenthesis of Oedipus Rex, Pasolini returns to tell a story of contemporary Italy, but he does so, as per the intentions already expressed after Uccellacci and uccellini, in a metaphorical and allusive key, thus continuing his path of a cinema no longer "popular", as he had intended it to be in his early films, but a cinema that conveys messages that must be read, interpreted, discussed in their complexity and always with reference to the socio-cultural crisis that Italian society is experiencing - even if this marks the progressive intellectual isolation of Pasolini, master of "dissent" and as such to be exorcised, or rather, to "be incorporate" and "digested" within the bourgeois society. Teorema therefore opens with an interview with some workers of a factory in the suburb of Milan, to whom the owner has just donated the company (Video 1). The questions concern how much a gesture of this type can somehow represent an evolution of the bourgeois world in its relations with the working class proletariat, even if the answers are between the skeptical and the evasive, and the interviewer fails to obtain the clear answers that he would like to receive. Throughout the film, contemporary scenes alternate with visions of a dusty desert swept by the wind: a clear invitation to "read" the facts narrated from the perspective of an irreversible crisis that afflicts the bourgeois society, now reduced, as the ending will demonstrate, to self-dissolution, wandering in a metaphorical "desert" without hope. The scene moves to the sumptuous villa of the industrialist mentioned at the beginning (Massimo Girotti), where we see his family: his wife (Silvana Mangano), his fourteen-year-old daughter and his eighteen- year-old son (whom we see attending public and private high schools meant for middle clases) and the maid (Laura Betti). One day a cheerful messenger/postman arrives (Ninetto Davoli, in the role he had already played in Oedipus Rex), who delivers a strange telegram: "I'll be there tomorrow" (Video 2). The family is surprised by this announcement, they don't know who it is, but the next day they welcome the mysterious visitor (Terence Stamp), a handsome and charming young man, without asking any questions. Over the following days, the guest will seduce, emotionally and sexually, the whole family, starting with the maid, even if he does nothing to make this happen - of course, the gestures and looks count more than the dialogues, reduced to the bone. Then when he receives, again through the postman, another telegram, he will announce his imminent departure, throwing everyone into despair. Before leaving, the guest talks to all the members of the family (Video 3), who, each in a different way, confide to him how much his presence has upset them: the boy has become aware of his (sexual) diversity; the girl has discovered love; her mother confesses that she has not had any real interest so far, but also that she has realized the emptiness of her life, in the service of false values and social conventions; and the father laments the loss of his identity and the roles he has accepted up to now. Common to all of them is the awareness of the loss of meaning in their lives, of the false identities they have lived, of their own impotence, but also of the impossibility of real alternatives: the boy, who has always been interested in art, will move to a studio where, between pain and desperation, he will try in vain to find meaning in his life by creating abstract paintings that he hates as ssoon as he creates them (Video 4); the girl will fall into a kind of catalepsy, and will be sent to a psychiatric hospital; the mother will seek a demeaning sexual satisfaction by meeting boys on the street, only to enter a church in search of an impossible redemption; finally, the father will strip naked at Milan Central Station, only to find himself wandering in the dusty desert that has always accompanied us throughout the film, letting out a last frenzied scream of pain and despair (Video 5). The maid, the only one who has not consciously reworked the change made in her by the "guest", will return to her native village, where she will perform a miracle, will soar in the sky, will be venerated as a saint and finally will be buried alive, "not to die but to cry secret tears, but not of pain". The "guest-angel" is a kind of "redeemer", a catalyst for change, almost a version of that Christ "coming to bring not peace, but the sword" that Pasolini had described in his Gospel according to Matthew. Yet this figure has no special qualities, he does not use violence, but is the bearer of love through an almost sacred form of eroticism - against which he collides with the rational ideological apparatus of the bourgeois family. But the transformation that he induces in this family is hopeless: it constitutes an awareness of the loss of meaning and identity of a social class, but without any possibility of redemption or genuine change. This bourgeois class is destined to get lost in a desert with no point of reference or prospect of redemption. Only the maid, the representative of a peasant proletariat at the service of the bourgeois family, does not consciously re-elaborate the change induced in her by the "guest", but sublimates it and transfigures it into faith, entrusting herself to a religious sense and thus finding her own interior "peace", which is denied to all the others. The description of the bourgeois family in Teorema is cold, detached, entrusted to the power of images rather than to the few, sparse dialogues: it is silence, more than words, that gives form and meaning to the narration. The almost mythological dimension of the "redeeming guest" is counterbalanced by the continuous vision of the factories of the Milanese suburbs, immersed in solitude and portrayed in black and white or with sepia-toned images, which are accompanied by frequent visions of the desert with which the movie ends. Even the music alternates, once again, modern themes (the soundtrack is by Ennio Morricone) and classic echoes such as Mozart's "Requiem Mass" (Video 1), to underline the epic and tragic tone of the dissolution of a society. Pasolini expresses the meaning of his film in this way: "The core of the film is constituted by the passage of a very handsome, very good stranger, and very different from the guests who receive him, the great Milanese bourgeoisie. Everyone loves him, everyone is disturbed by him, possessed by him, in the absolute sense of the term. Then he will leave. And this passage will leave them devastated. I do not seek any scandal. God is the scandal, in this world. Christ, if he were to return, would again embody the scandal, he had been the same once, and would continue to be today. My stranger - played by Terence Stamp - is Jesus inserted in a current context, he is not even Eros in an absolute sense, he is the message of the merciless god, of Jehovah, who through a concrete sign, a mysterious presence, removes mortals from their false security. He is a god who destroys the good conscience conquered at a good price, in the shelter of which the right-thinking, the bourgeois, closed in a false idea of themselves, live or vegetate." (Note 1) At the Venice Film Festival Laura Betti won the Volpi Cup for best actress and the film was awarded a prize by the Office Catholique International du Cinéma, although it was later attacked by a violent article by the "Osservatore Romano", the Church newpaper (following which Pasolini then returned the prize). |
Video 1 |
Video 2 |
Video 3 |
Video 4 |
Video 5 |
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Porcile (1969) (Il film completo è visibile qui.) |
Porcile (1969) (The pigsty) (The complete film with subtitiles is available here.) |
"La società, ogni società, divora sia i figli disobbedienti che i
figli né disobbedienti né obbedienti. I figli devono essere obbedienti e
basta ..." Pier Paolo Pasolini, alla presentazione del film alla
Mostra del Cinema di Venezia 1969 (Nota 2) |
"Society, every society, devours both disobedient children and children who are neither disobedient nor obedient. Children must be obedient and that's it ..." Pier Paolo Pasolini, at the presentation of the film at the 1969 Venice Film Festival (Note 2) |
L'anno seguente, Pasolini continuò la sua denuncia della decadenza della
borghesia e dell'omologazione del proletariato con il suo film forse più
criptico, spesso surreale, a volte grottesco, dai toni che oscillano tra
il tragico e l'ironico/sarcastico. Le vicende del film (non una vera e propria trama) si svolgono, parallelamente e alternativamente, in un desolato paesaggio vulcanico (filmato alla falde dell'Etna), che ricorda il deserto in cui si era concluso Teorema, e una sontuosa villa patrizia neoclassica (la Villa Pisani a Stra). Dunque ancora una contrapposizione tra un passato arcaico indefinito e la società borghese, in questo caso situata nella Repubblica Federale Tedesca ai giorni nostri. Nella prima ambientazione, un giovane (Pierre Clémenti) si aggira senza meta, nutrendosi di farfalle e serpenti, e arrivando a cibarsi del corpo di un soldato che ha ucciso. A lui si uniscono poi altri giovani (tra cui Franco Citti), cannibali apparentemente in lotta contro l'"esercito ufficiale" del luogo. Catturati (Video 1), questi giovani verranno condannati a essere dati in pasto alle fiere mentre un altro giovane (Ninetto Davoli) che assiste impietrito alla scena (Video 2). Nella seconda ambientazione, il giovane figlio Julian (Jean-Pierre Léaud) di un industriale (Oreste Lionello) discute di se stesso e del mondo con una ragazza, di cui rifiuta l'amore (Video 3). Mentre lui è caduto nel conformismo e nella passività, lei partecipa alle manifestazioni giovanili contro il Muro di Berlino, e non nasconde le sue simpatie per il libero amore e l'attivismo politico. Vediamo anche i genitori di Julian, e soprattutto il padre, insieme ad un amico (Marco Ferreri) in procinto di operare una fusione di aziende con una vecchia conoscenza (Ugo Tognazzi)(Video 4), il quale è anche depositario di un segreto: Julian è solito accoppiarsi con dei porci. Alla fine del film, una delegazione di contadini che manifestano fuori dalla villa viene ricevuta dai padroni, e un ragazzo (Ninetto Davoli) racconta che il figlio dell'industriale è stato appena sbranato dai porci - al che l'altro industriale (Tognazzi) risponde, "Ssst ... non dite niente a nessuno" (Video 5). La prima ambientazione è praticamente muta, con qualche rumore di fondo (come il vento, le eruzioni dai crateri, la grida delle vittime), e largo spazio è lasciato ai campi lunghissimi del paesaggio maestoso quanto indifferente alle vicende umane, su cui si stagliano spesso le sagome dei personaggi. La seconda ambientazione è, al contrario, ricchissima di dialoghi, con personaggi quasi logorroici che non smettono di conversare e di discutere. In Porcile, il tema centrale delle società (arcaiche come moderne) che "divorano" i propri figli è molto evidente, ma i rapporti tra i personaggi, e soprattutto i loro dialoghi ininterrotti, introducono una varietà di tematiche, che vanno dal lascito ingombrante dei campi di sterminio nazisti per la Germania odierna al nuovo capitalismo industriale che lascia presagire la fine delle "discipline umanistiche", dalla trasformazione della scienza in pura tecnica al servizio dell'industrializzazione al ruolo dei popoli, e in particolare dei giovani, nella loro incapacità di confrontarsi con la politica e di gestire il vento della contestazione (ricordiamo la data di produzione del film, il 1969). Pasolini ebbe a dire che Porcile è il film che, con Uccellacci e uccellini e Teorema, tende al cinema di poesia. L'allegoria del cannibalismo è in un certo simile all'erotismo di Teorema: sono entrambi la pietra dello scandalo, il comportamento estremo che mette a nudo la violenza di una società che non tollera la diversità e che non riesce nemmeno più a comunicare: nonostante il profluvio di parole nella seconda ambientazione di Porcile, quello che realmente conta sono i corpi e il loro linguaggio. Il cannibale della prima parte affronta la morte come un martire, ripetendo più volte a se stesso: "Ho ucciso mio padre, ho mangiato carne umana, e tremo di gioia"; Julian esprime il suo amore verso quei porci che alla fine lo divoreranno; ed entrambi sono vittime del loro stesso disperato tentativo di amare, di fuggire dalle convenzioni della società che li vuole solo ciecamente obbedienti - e in questa loro estrema via d'uscita trovano la loro unica fonte di felicità. Testimoni di questa disperata tragedia sono, da una parte, il contadino Maracchione (Ninetto Davoli), che compare in entrambe le storie, e la piccola folla di contadini che entra nella villa alla fine: la loro stessa condizione sociale li mette in un certo senso al di fuori della tragedia e allo stesso tempo, proprio perchè estranei, più coscienti dei significati di ciò che accade attorno a loro. Da alcuni appunti di Pasolini: "- Un film ATROCE E SOAVE. - Il contenuto politico ESPLICITO del film ha come oggetto, come situazione storica, la Germania. Ma il film non parla della Germania, bensì del rapporto ambiguo tra vecchio e nuovo capitalismo. La Germania è stata scelta in quanto caso limite. - Il contenuto politico IMPLICITO del film è un a disperata sfiducia in tutte le società storiche. Dunque anarchia apocalittica. - Essendo così atroce e orribile il 'senso' del film non potevo che trattarlo a) con distacco, quasi contemplativo; b) con umorismo." (Nota 3) |
The following year, Pasolini continued his denunciation of the
decadence of the bourgeoisie and the homologation of the proletariat
with what is perhaps his most cryptic, often surreal, sometimes
grotesque film, with tones that oscillate between the tragic and the
ironic/sarcastic. The events of the film (which has no real "plot") alternate between a desolate volcanic landscape (filmed at the foot of Etna), which recalls the desert where Teorema ended, and a sumptuous neoclassical patrician villa (the Villa Pisani in Stra). So, once again, we see a contrast between an indefinite archaic past and the present bourgeois society, in this case located in the Federal Republic of Germany. In the first setting, a young man (Pierre Clémenti) wanders aimlessly, feeding on butterflies and snakes, and eventually eating the body of a soldier he has killed. He is then joined by other young people (including Franco Citti), cannibals apparently fighting the "official army" of the place. Captured (Video 1, these young people will be sentenced to be devoured by wild beasts, while another young man (Ninetto Davoli), petrified by the scene, watches the event (Video 2). In the second setting, the young son Julian (Jean-Pierre Léaud) of an industrialist (Oreste Lionello) discusses about himself and the world with a girl, whose love he refuses (Video 3). While he has fallen into conformity and passivity, she participates in youth demonstrations against the Berlin Wall, and does not hide her sympathies for free love and political activism. We also see Julian's parents, and especially his father, together with a friend (Marco Ferreri) about to merge companies with an old acquaintance (Ugo Tognazzi) (Video 4), who is also the custodian of a secret: Julian is used to mating with pigs. At the end of the film, a delegation of farmers demonstrating outside the villa is received in the villa, and a boy (Ninetto Davoli) tells that the industrialist's son has just been devoured by the pigs - to whom the industrialist (Tognazzi) replies, "Ssst ... don't say anything to anyone" (Video 5). The first setting is practically silent, with some background sounds (such as the wind, the eruptions from the craters, the screams of the victims), and ample space is left to the very long shots of the lunar landscape, indifferent to human events, on which the silhouettes of the characters are often projected. The second setting is, on the contrary, full of dialogues, with talkative characters who never stop conversing and discussing. In Porcile, the central theme of societies (archaic as well as modern) that "devour" their children is very evident, but the relationships between the characters, and especially their uninterrupted dialogues, introduce a variety of themes, ranging from the cumbersome legacy of Nazi extermination camps for today's Germany to the new industrial capitalism that suggests the end of the "humanistic disciplines", from the transformation of science into pure technology at the service of industrialization to the role of people, and in particular of young people, in their inability to deal with politics and to manage the wind of protest (note the film's production date, 1969). Pasolini said that Porcile is the film that, together with Uccellacci and uccellini and Teorema, tends towards the cinema of poetry. The allegory of cannibalism is somewhat similar to the eroticism of Teorema: they are both the cause of scandal, the extreme behavior that reveals the violence of a society that does not tolerate diversity and that can no longer even communicate: despite the flood of words in the second setting of Porcile, what really matters are the bodies and their language. The cannibal of the first part faces death like a martyr, repeating several times to himself: "I killed my father, I ate human flesh and I quiver with joy"; Julian expresses his love for those pigs which will eventually devour him; and both are victims of their own desperate attempt to love, to escape from the conventions of the society that wants them only blindly obedient - and in this extreme way out they find their only source of happiness. Witnesses to this desperate tragedy are, on the one hand, the peasant Maracchione (Ninetto Davoli), who appears in both stories, and the small crowd of peasants who enter the villa at the end: their very social condition puts them, in a certain sense, outside the tragedy and at the same time, precisely because they are strangers, more aware of the meaning of what happens around them. From Pasolini's own notes: "- An ATROCIOUS AND SWEET film. - The EXPLICIT political content of the film has Germany as its object, its historical situation. But the film is not about Germany, but about the ambiguous relationship between old and new capitalism. Germany was chosen as a borderline case. - The IMPLIED political content of the film is a desperate distrust of all historical societies. Therefore apocalyptic anarchy. - Since the 'meaning' of the film is so atrocious and horrible, I could only treat it a) with detachment, almost contemplation; b) with humor. " (Note 3) |
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Medea (1969) (Il film completo è visibile qui.) Nello stesso anno di Porcile, Pasolini torna ad esprimersi con un film ispirato ad uno dei miti classici più noti, la Medea di Euripide, di cui conserva la storia, che utilizza tuttavia per illustrare un tema a lui caro, la scomparsa del "sacro" a seguito della progressiva "civilizzazione" del mondo. Per farlo, chiama ad impersonare Medea Maria Callas, che in effetti, con la sua presenza scenica e l'immedesimazione col personaggio (che aveva già ispirato l'opera di Cherubini) si dimostrerà un fattore fondamentale per la riuscita del film. Nel prologo, un centauro, creatura per metà uomo e per metà animale, alleva ed educa Giasone (Giuseppe Gentile)(Video1), che, per riappropriarsi del trono della città di Jolco, cui pure ha diritto, dovrà superare una prova impostagli dal re attuale, Pelia: dovrà impossessarsi del mitico vello d'oro, custodito e venerato a Ea, di cui è regina Medea. Medea regna su una popolazione arcaica, preistorica, situata in una Grecia lontanissima dalle raffigurazioni classiche tradizionali, e situata invece in una dimensione spaziale e temporale fuori dalla storia e incorporata invece nella leggenda. La società contadina di Medea è tribale, dedita a sacrifici umani, a riti sanguinari legati alla fertilità ("Dà vita al seme, e rinasce il seme"), a cerimonie propiziatorie violente e selvagge. Medea prevede l'arrivo di Giasone e gli va incontro, offrendogli il vello d'oro e diventando la sua amante. Ma già dai primi momenti del loro rapporto, Medea intuisce che si sta perdendo, e vaga per il deserto, supplicando la terra di cui era regina ("Parlami, terra!")(Video 2). Giasone torna a Jolco, ma Pelia non mantiene la promessa, e Giasone, sprezzante, punta a nuove conquiste. Medea, intanto, viene spogliata dei sui abiti barbari e rivestita con abiti ben più raffinati ed eleganti, propri di questa nuova civiltà. Passano gli anni, Giasone e Medea abitano a Corinto ed hanno tre figli. Ma Giasone intende sposare la figlia del re Creonte (Massimo Girotti), la giovane Glauce (Margaret Clementi), ma prima incontra il centauro (Video 1), che ora ha perso la sua metà animale e gli ricorda i sentimenti che lo legano a Medea, senza che Giasone riesca a rendersene conto. Medea, già incapace di adattarsi a questa società civilizzata ("Sono un'altra creatura ... un vaso pieno di un sapere non mio") e per questo disprezzata e considerata come maga "barbara" capace di sortire malefici, ora abbandonata e condannata all'esilio, mette in atto una tremenda vendetta: Glauce, cui Medea ha fatto pervenire dei doni magici (Video 3), sconvolta dalla visione del passato di Giasone, si getta dalle mura della città, subito seguita dal padre Creonte. E Medea ucciderà i suoi figli, dando fuoco alla sua casa, incurante dell'orrore di Giasone, cui urlerà: "E' troppo tardi!" (Video 4). Il tema centrale della vicenda è chiaro: si tratta della contrapposizione tra la società barbarica, legata ai riti della terra, e la "nuova" società civilizzata, cui Medea sente di non appartenere e che finirà per annientarla. Il contrasto non potrebbe essere più evidente: i paesaggi maestosi e quasi "lunari" del regno di Medea fanno spazio alle ambientazioni urbane di Corinto (con gli esterni realizzati al Campo dei Miracoli di Pisa). I costumi primitivi sono sostituiti dagli abiti ben più eleganti e colorati della città. Lo stesso centauro, quando incontra di nuovo Giasone, ha perso la sua metà animale, ed è dunque ora simbolo della razionalità e dell'"ordine" nuovo incarnato nella civiltà avanzata cui Giasone decide di appartenere, ma in cui Medea, portatrice di un mondo arcaico dominato dalle emozioni, non riesce ad integrarsi. Pasolini stesso chiarì il significato del film e la sua rilevanza per il contrasto tra Terzo Mondo e civiltà occidentale, tra diritti dei popoli e colonialismo, tra universi umani ancora pervasi dal senso del sacro e del mitico e degradazione del mondo borghese, che stava diventando per il regista il tema politico dominante, come il suo pessimismo sulla possibilità di una sintesi tra i due mondi: "Ho riprodotto in Medea tutti i temi dei film precedenti. Medea è il confronto dell’universo arcaico, ieratico, clericale, con il mondo di Giasone, mondo invece razionale e pragmatico. Giasone è l’eroe attuale che non solo ha perso il senso metafisico, ma neppure si pone ancora questioni del genere. E’ il tecnico abulico, la cui ricerca è esclusivamente intenta al successo. Confrontato all’altra civiltà, alla razza dello spirito, fa scattare una tragedia spaventosa. L’intero dramma poggia su questa reciproca contrapposizione di due culture, sull’irriducibilità reciproca di due civiltà. Potrebbe essere benissimo la storia di un popolo del Terzo Mondo, che vivesse la stessa catastrofe venendo a contatto con la civiltà occidentale materialistica. Del resto, nell’irreligiosità, nell’assenza di ogni metafisica, Giasone vedeva nel centauro un animale favoloso, pieno di poesia. Poi, man mano che passava il tempo, il centauro è divenuto ragionatore e saggio, ed è finito col divenire un uomo uguale a Giasone. Alla fine, i due centauri si sovrappongono, ma non per questo si aboliscono. Il superamento è un'illusione. Nulla si perde ..." (Nota 4) Ed il conflitto tra due mondi si riflette nell'amore conflittuale tra Medea e Giasone, che finiscono per distruggersi a vicenda senza trovare una mediazione o un compromesso: l'amore di Medea è totale, violento, lontano dalle logiche razionaliste; quello di Giasone è già intaccato dalla mentalità utilitaristica e pragmatica che ha rimosso l'autenticità e la primordialità delle emozioni. Medea, rinnegando il suo passato e la sacralità rappresentata dal vello d'oro, uccide quello stesso mondo da cui proveniva. |
Medea (1969) (The complete film with subtitles is available here.) In the same year as Porcile, Pasolini turns, once again, to a film inspired by one of the most famous classical myths, Euripides' Medea, of which he preserves the story, which he nevertheless uses to illustrate his basic concern, the disappearance of the "sacred" following the progressive "civilization" of the world. To do this, he chooses Maria Callas, the famous soprano, to play Medea. Her stage presence and her total identification with her character (who had already inspired Cherubini's work) will prove to be fundamental factors for the success of the film. . In the prologue, a centaur, a creature half man and half animal, raises and educates Jason (Giuseppe Gentile) (Video1), who, to regain the throne of the city of Jolco, to which he is also entitled, will have to pass a test devised by the current king, Pelias: he will have to take possession of the mythical Golden Fleece, which is kept and venerated in Ea, the town where Medea is the queen. Medea reigns over an archaic, prehistoric population, located in a Greece very far from traditional classical representations, and located instead in a spatial and temporal legendary dimension. Medea's peasant society is tribal, dedicated to human sacrifices, to bloody rites linked to fertility ("It gives life to the seed, and the seed is reborn"), to violent and savage propitiatory ceremonies. Medea predicts the arrival of Jason and goes to meet him, offering him the Golden Fleece and becoming his lover. But from the very first moments of their relationship, Medea senses that she is getting lost, and she wanders through the desert, begging the land of which she was queen ("Talk to me, earth!") (Video 2). Jason returns to Jolco, but Pelias does not keep his promise, and the ambitious Jason aims for new conquests. Meanwhile, Medea is stripped of her barbarian clothes and dressed in much more refined and elegant clothes, typical of this new civilization. Years later, Jason and Medea live in Corinth and have three children. But Jason intends to marry the daughter of King Creon (Massimo Girotti), the young Glauce (Margaret Clementi), but first he meets the centaur (Video 1), who has now lost his animal half and reminds him of the feelings that bind him to Medea, although Jason is unable able to realize this. Medea, already unable to adapt to this civilized society ("I am another creature ... a vase full of a knowledge which is not mine") and for this reason despised and considered as a "barbarian" sorceress capable of wreaking havoc, now abandoned and banished from the town, enacts a terrible revenge: Glauce, to whom Medea has sent magical gifts (Video 3), upset by the vision of Jason's past, throws herself from the city walls, immediately followed by her father Creon. And Medea will kill her children, setting her house on fire, to Jason's horror, shouting, "It's too late!" (Video 4). The central theme of the story is evident: it is the contrast between the barbaric society, linked to the rites of the earth, and the "new" civilized society, to which Medea feels she does not belong and which will eventually destroy her. The contrast could not be clearer: the majestic and almost "lunar" landscapes of Medea's kingdom are replaced by the urban settings of Corinth (filmed at the Campo dei Miracoli in Pisa). The primitive costumes are replaced by the much more elegant and colorful clothes of the city. The same centaur, when he meets Jason again, has lost his animal half, and is therefore now a symbol of rationality and the new "order" embodied in the advanced civilization to which Jason decides to belong, but in which Medea, bearer of an archaic world dominated by emotions, fails to integrate. Pasolini himself clarified the meaning of the film and its relevance for the contrast between the Third World and Western civilization, between peoples' rights and colonialism, between human universes still pervaded by the sense of the sacred and the mythical and the degradation of the bourgeois world, which was becoming for the director the dominant political theme, such as his pessimism on the possibility of a synthesis between the two worlds: "In Medea I have summarized all the themes of my previous films. Medea is the comparison of the archaic, hieratic, clerical universe with Jason's world, a world that is rational and pragmatic. Jason is the present hero who has not only lost his metaphysical meaning, but does not yet raise any questions of this sort. He is the apathetic technician, whose search is exclusively intent on success. Confronted with the other civilization, to the race of the spirit, he triggers a frightening tragedy. The whole drama rests on this mutual opposition of two cultures, on the mutual irreducibility of two civilizations. It could very well be the story of a Third World people experiencing the same catastrophe by coming into contact with the materialistic Western civilization. Moreover, in the irreligiousness, in the absence of any metaphysics, Jason saw in the centaur a fabulous animal, full of poetry. Then, as time passed, the centaur has become a reasonable, wise man, and has ended up becoming a man just like Jason. Eventually, the two centaurs overlap, but they do not abolish each other. Overcoming is an illusion. Nothing is lost ..." (Note 4) And the conflict between two worlds is reflected in the conflicting love between Medea and Jason, who end up destroying each other without finding a mediation or a compromise: Medea's love is total, violent, far from any rationalist logic; Jason's love is already affected by the utilitarian and pragmatic mentality that has removed the authenticity and primordiality of emotions. Medea, by denying her past and the sacredness represented by the Golden Fleece, destroys that same world from which she had come. |
Video 1 |
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Video 4 |
La "trilogia della vita": Il Decameron (1971) (Il film completo è visibile qui.) I racconti di Canterbury (1972) (Il film completo è visibile qui.) Il fiore delle Mille e una notte (1974) (Il film completo è visibile qui.) |
The "trilogy of life": The Decameron (1971) (The complete film with subtitles is available here.) The Canterbury Tales (1972) (The complete film with subtitles is available here.) A thousand and One Nights (Arabian Nights)(1974) (The complete film with subtitles is available here.) |
"Nel Decameron io ho girato come so e come voglio girare,
più che mai nel mio stile. Ma mentre in Porcile e Medea
il mio gioco era atroce, ora esso è lieto, stranamente lieto. Un'opera
lieta (fatta con tanta serenità, naturalmente) mi sembra contraddire ad
ogni aspettativa, è una disobbedienza completa. (Ma può darsi che io
stia mentendo.) Pier Paolo Pasolini (Nota 5 ) |
"In the Decameron I shot a film the way I know how and the way I want to shoot, more than ever in my style. But while in Porcile and Medea my feeling was atrocious, now it is happy, strangely happy. A happy work (done with such natural serenity) seems to me to contradict all expectations, it is a complete disobedience. (But may be I am lying.) Pier Paolo Pasolini (Note 5) |
Nei pochissimi anni che intercorrono tra il pessimismo
"politico-antropologico" di Medea (1969) ed il ben più totale
pessimismo "politico-esistenziale" di Salò o le 120 giornate di
Sodoma (1975), Pasolini vive una stagione cinematografica
particolare, diversa dalle opere precedenti, eppure tale da rimettere in
evidenza e portare a compimento molti degli aspetti tematici e
stilistici che avevano fino a quel momento caratterizzato la sua
esperienza con il cinema. L'interesse sempre più spiccato per il Terzo Mondo, e per quello che esso rappresentava rispetto al capitalismo neoliberale degli anni '70, e che era già emerso nei suoi ultimi film, trova, nella cosiddetta "trilogia della vita" una rappresentazione chiara e compiuta. Lo spunto gli è fornito da tre "raccolte di racconti" (il "Decameron" di Boccaccio, i "Racconti di Canterbury" di Chaucer e le "Mille e una notte"), diverse nelle loro fonti letterarie e nelle loro collocazioni storico-culturali, eppure apparentate, non solo superficialmente dalla forma del "racconto", ma anche, e soprattutto, dalla volontà di illustrare mondi lontani nel tempo e nello spazio ma accomunati da una stessa, irrefrenabile, "voglia di vita". I protagonisti di questi racconti sono contadini, proletari, ma anche borghesi e nobili, intere classi sociali descritte attraverso vicende piene di emozione, di gioia, di umorismo, di tenerezza, ma anche di violenza e atrocità, con toni che vanno dalla commedia alla tragedia, dall'ironia alla pacata contemplazione di un'umanità vera, colta nelle sue manifestazioni più basilari e quindi più autentiche. Filo conduttore prevalente, e nello stesso tempo tema e impianto stilistico, è il sesso, nella sua fisicità più concreta: sono i corpi nudi di uomini e donne, spesso colti nei loro momenti di desiderio e di passione (eterosessuale e omosessuale), di adulterio e di infedeltà varie. Un erotismo che non ha nulla di morboso, ma che è vissuto e ritratto con una libertà, una delicatezza, un'innocenza di sguardo, un piacere gioioso che ne fanno l'espressione più arcaica, e nello stesso tempo, più totale e assoluta, dei rapporti più veri di un'umanità svincolata dalle oppressioni di cui pure è vittima. Questo erotismo è assoluto e radicale, si contrappone volutamente all'ipocrisia del passato come alla falsa tolleranza del presente, ormai lontano dalle ideologie del sesso. E dunque questi film non sono un'illustrazione del Trecento di Boccaccio e di Chaucer (e tanto meno del mondo evocato dalle "Mille e una notte"), non hanno una collocazione storica così rigorosa, ma sono piuttosto simbolo di un passato perduto, che sapeva godere con semplicità e spontaneità la bellezza della vita - un passato che non è mai veramente esistito ma che Pasolini guarda con tenerezza se non proprio con nostalgia. Tuttavia, questi film non sono, di per sè, "divertenti", in quanto incorporano momenti tragici e dolorosi, ma la tragedia e il dolore sono come trasfigurati, e dipinti come parte di quella stessa vita che pur genera allegria, piacere, desiderio e amore. Il Decameron |
In the very few years between the "political-anthropological"
pessimism of Medea (1969) and the much more total
"political-existential" pessimism of Salò or the 120 days of Sodom
(1975), Pasolini experiences a particular film season, different
from the previous works, yet such as to highlight and bring to
completion many of the thematic and stylistic aspects that had hitherto
characterized his experience with cinema. The growing interest in the Third World, and for what it represented against the neoliberal capitalism of the 1970s, and which had already emerged in his latest films, finds a clear and complete representation in the so-called "trilogy of life" . The inspiration is provided by three "collections of short stories" (Boccaccio's "Decameron", Chaucer's "Canterbury Tales " and "A Thousand and One Nights"), different in their literary sources and in their historical-cultural locations, yet related, not only superficially, not only by the form of the "short story", but also, and above all, by the desire to illustrate worlds distant in time and space but united by the same, unstoppable "desire for life". The protagonists of these stories are peasants, proletarians, but also bourgeois and nobles, entire social classes described through events full of emotion, joy, humor, tenderness, but also violence and atrocity, with tones ranging from comedy to tragedy, from irony to the calm contemplation of a true humanity, caught in its most basic and therefore most authentic manifestations. The main theme, and at the same time the stylistic system, is sex, in its most concrete physicality: the naked bodies of men and women, often caught in their moments of (heterosexual and homosexual) desire and passion, of adultery and infidelity. An eroticism that has nothing morbid about it, but which is lived and portrayed with a freedom, a delicacy, an innocence of gaze, a joyful pleasure that make it the most archaic expression, and at the same time, the most total and absolute, of the truest relationships of a humanity freed from the oppressions of which it is also a victim. This eroticism is absolute and radical, it deliberately contrasts the hypocrisy of the past as well as the false tolerance of the present, now far from the ideologies of sex. And therefore these films are not an illustration of the fourteenth century by Boccaccio and Chaucer (and much less of the world evoked by the "Thousand and One Nights"), they do not have such a rigorous historical setting, but they are rather a symbol of a lost past, when people knew how to enjoy the beauty of life with simplicity and spontaneity - a past that never really existed but that Pasolini looks at with tenderness if not with nostalgia. However, these films are not, per se, "funny", as they incorporate tragic and painful moments, but the tragedy and the pain are as though transfigured, and portrayed as part of that same life that generates joy, pleasure, desire and love. The Decameron |
"Il reale protagonista di questo film è il 'mondo napoletano': i
personaggi cambiano, si alternano, si sostituiscono, scompaiono, ma il
loro mondo, il mondo napoletano, resta sempre lo stesso. Si tratta
dunque di un film 'corale' che si è rifiutato decisamente di essere un
film 'a episodi': ecco perchè le storie sono tante: sono tante, ma
formano una storia unica, un 'carosello' la cui continuità è di una
assoluta coerenza.
E' un film sul popolo, di popolo, ma anche per il popolo. Sarà mia cura far in modo che il racconto sia sempre assolutamente chiaro e comprensibile facilmente: storia per storia, esso deve essere sempre agevolmente seguito: esso non avrà sottofondi e significati nascosti: sarà assolutamente decifrabile, perchè questo è un dato essenziale del suo stile ... Non ho preteso nel Decameron di esprimere la realtà con la realtà, gli uomini con gli uomini, le cose con le cose, per farne un'opera d'arte, ma semplicemente per 'giocare', appunto, con la realtà che scherza con se stessa." Pier Paolo Pasolini (Nota 6) |
"The real protagonist of this film is the 'Neapolitan world': the characters change, alternate, are replaced, disappear, but their world, the Neapolitan world, always remains the same. It is therefore a 'choral' film that definitely refused to be a film made up of 'episodes': this is why there are so many stories: but they form a single story, a 'carousel' whose continuity is absolutely coherent. It is a film about the people, from the people, but also for the people. I will be careful to ensure that the story is always absolutely clear and easily understandable: story by story, it must always be easily followed: it will not have hidden backgrounds and meanings: it will be absolutely decipherable, because this is an essential element of its style. .. In the Decameron I did not claim to express reality with reality, men with men, things with things, to make them a work of art, but simply to 'play' with the reality that jokes with itself." Pier Paolo Pasolini (Note 6) |
Trapiantando la Firenze del Boccaccio nella Napoli medievale, Pasolini
faceva ancora una volta una scelta "meridionalista", nel senso di
"terzomondista"; e nello scegliere, ancora una volta, attori non
professionisti, si prendeva la libertà di "giocare" con loro e di farli
giocare, imprimendo loro una verità e una naturalezza impossibile da
ottenere con attori professionisti, svelando così la natura
pseudoautentica dei costumi "colti" della società borghese. Le novelle narrate sono unite da un tenue legame: la figura di un allievo di Giotto (interpretato dallo stesso Pasolini), che deve dipingere degli affreschi in una chiesa(Video 1), e la storia di Ser Ciappelletto, che, dopo una vita fatta di peccati finisce per morire in aura di santità (Video 2). In una varietà di temi e situazioni quasi da "commedia dell'arte", si passa dall'avventura del credulone Andreuccio da Perugia (Ninetto Davoli)(Video 3) al furbo Masetto che, fingendosi muto, diventa la fonte di piacere per un intero convento di suore (Video 4); dalla triste storia di Lisabetta che, dopo che i fratelli hanno ucciso l'amante, ne conserva in casa la testa (Video 5) alla delicata storia di Caterina e Ricciardo che, nonostante l'opposizione della famiglia, riescono a coronare la loro storia d'amore (Video 6) ... |
Transplanting Boccaccio's Florence into medieval Naples, Pasolini
once again made a "southern" choice, in the sense of "third world"; and
in choosing, once again, non-professional actors, he took the liberty of
"playing" with them and letting them play, giving them a truth and a
naturalness impossible to obtain with professional actors, thus
revealing the pseudo-authentic nature of the "cultured" costumes"of
bourgeois society. The stories are united by a tenuous bond: the figure of a pupil of Giotto's (played by Pasolini himself), who must paint frescoes in a church (Video 1), and the story of Ser Ciappelletto, who, after a life made of sins ends up dying in an aura of holiness (Video 2). In a variety of themes and situations, almost from a "commedia dell'arte", we pass from the adventure of the credulous Andreuccio da Perugia (Ninetto Davoli) (Video 3) to the clever Masetto who, pretending to be mute, becomes the source of pleasure for a whole convent of nuns (Video 4); from the sad story of Lisabetta who, after her brothers have killed her lover, keeps his head at home (Video 5) to the delicate story of Caterina and Ricciardo who, despite the opposition of their families, manage to crown their love (Video 6) ... |
Video 1 |
Video 2 |
Video 3 |
Video 4 |
Video 5 |
Video 6 |
I Racconti di Canterbury |
The Canterbury Tales |
"Voglio divertirmi e divertire. Voglio far rivivere un mondo
popolare che si sta perdendo completamente e voglio ridare agli
spettatori, attraverso le mie colorite ricostruzioni storiche, il gusto
dell'immagine. Implicitamente, poi, io credo che questi miei film
finiscano con l'essere anche politici, proprio perchè vanno
controcorrente alla moda, sbagliata e ipocrita, dei film impegnati e
politicamente qualunquisti" Pier Paolo Pasolini (Nota 7) |
"I want to have fun and make people have fun. I want to revive a popular world that is completely losing itself and I want to give viewers, through my colourful historical reconstructions, the taste of the image. Implicitly, then, I believe that these films of mine end up being political too, precisely because they go against the wrong and hypocritical trend of committed and politically indifferent films" Pier Paolo Pasolini (Note 7) |
Nel secondo film della "Trilogia della vita" Pasolini estremizza
gli aspetti già presenti nel Decameron: all'allegria giocosa
del primo film, tuttavia, aggiunge un livello se possibile ancora più
alto di disinibizione, puntando ancor di più sulla "diversità" che si
esprime addirittura in "mostruosità", in personaggi e storie che sono sì
ancora estrose e gioiose, ma non sono esenti da momenti tragici, che
illustrano l'"osceno" dell'intolleranza e della repressione anche nei
contesti di un medioevo anglosassone certamente un po' più "freddo" e
forse un po' meno gioioso della Napoli in cui aveva traferito le novelle
di Boccaccio. Amore ora sembra far rima anche con morte, e il linguaggio
del corpo ora si estende non solo alla sfera genitale, ma si allarga al
"repellente" e al "disgustoso", e gli appetiti sessuali si alternano
agli appetiti culinari, con banchetti e taverne dove si consumano non
solo storie di erotismo ma anche storie di violenza e di sopraffazione.
E' come se fossero messi in scena i peccati capitali, dall'avarizia alla
cupidigia, dalla lussuria alla gola, secondo quanto dichiara il prologo:
"Tra scherzi e giochi grandi verità si possono dire". Ne esce un quadro diverso da quello del Decameron, tutto giocato nel segno del comico e dell'ironico, e che qui sottolinea temi più negativi come la volgarità della ricchezza, la violenza delle regole sociali, il grottesco dei paradossi e un senso del disfacimento di un mondo che sembra prevedere la sua stessa fine anche se la gioventù è ancora capace di vivere un amore libero in modo spontaneo e giocoso. Lo sguardo di Pasolini di fa ora più sarcastico, e, come da sua stessa ammissione, ancora più eversivo e radicale nel mostrare l'"impresentabile": nel suo stesso film compaiono spesso occhi indiscreti che guardano, che spiano, che profanano lo spettacolo della nudità ancora innocente del Decameron. Secondo Pasolini, la stessa fonte di ispirazione, d'altronde, era diversa: "Chaucer ... è più selvaggio. I suoi eufemismi sono certamente più rozzi, e la sua buona educazione ha qualcosa di paesano e di barbarico (Boccaccio non parla mai di peti e di cose del genere: mentre Chaucer lo fa continuamente)." (Nota 8) Anche nei Racconti di Canterbury un tenue legame (Chaucer, interpretato dallo stesso Pasolini, intento a scrivere) unisce le varie storie: dalle giocose disavventure di Perkin (Ninetto Davoli), che omaggia chiaramente Charlie Chaplin e il suo Charlot (Video 1) alla truce rappresentazione di un uomo bruciato sul rogo per i suoi rapporti omosessuali, per i quali non può pagare la spia che lo denuncia (Video 2); dall'inganno della giovane moglie che approfitta della (temporanea) cecità del vecchio marito per godersi il suo amante (Video 3) alla fastosa e oscena rappresentazione dell'inferno (Video 4) ... |
In the second film of the "Trilogy of life" Pasolini takes the
aspects already present in the Decameron to extremes: to the playful
cheerfulness of the first film, however, he adds an even higher level of
disinhibition, focusing more on the "diversity" that even becomes
"monstrosity", in characters and stories that are still whimsical and
joyful, but are not exempt from tragic moments, thus illustrating the
"obscene" intolerance and repression even in the contexts of Anglo-Saxon
Middle Ages certainly a little "colder" and perhaps a little less joyful
than the Naples to which he had transferred Boccaccio's short stories.
Love now also seems to rhyme with death, and body language now extends
not only to the genital sphere, but extends to "repulsive" and
"disgusting" contexts, and sexual appetites alternate with culinary
appetites, with banquets and taverns where not only stories of eroticism
are told but also stories of violence and oppression. It is as if the
deadly sins were staged, from avarice to greed, from lust to gluttony,
according to what the prologue states: "Between jokes and games, great
truths can be said". The result is a different picture from that of the Decameron, all played in the sign of the comic and the ironic: here more negative themes appear, such as the vulgarity of wealth, the violence of social rules, the grotesque of paradoxes and a sense of the decay of a world that seems to foresee its own end even if the youth are still capable of living a free love in a spontaneous and playful way. Pasolini's gaze is now more sarcastic, and, as he admitted, even more subversive and radical in showing the "unpresentable": in this film there are often prying eyes that look, that spy, that profane the spectacle of the still innocent nudity of the Decameron. According to Pasolini, the same source of inspiration, on the other hand, was different: "Chaucer ... is wilder. His euphemisms are certainly more crude, and his good education has something barbaric in it (Boccaccio never speaks of farts and things like that: while Chaucer does it all the time)." (Note 8) In the Canterbury Tales, too, a tenuous bond (Chaucer, played by Pasolini himself, intent on writing) unites the various stories: from the playful misadventures of Perkin (Ninetto Davoli), who clearly pays homage to Charlie Chaplin and his Charlot (Video 1) to the grim representation of a man suffering at the stake for his homosexual relations, for which he cannot pay the spy who accuses him (Video 2); from the deception of the young wife who takes advantage of her old husband's (temporary) blindness to enjoy her lover (Video 3) to the lavish and obscene representation of hell (Video 4) ... |
Video 1 |
Video 2 |
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Video 4 |
Il fiore delle Mille e una notte Con il terzo e ultimo capitolo della "Trilogia della vita", scritto con la collaborazione di Dacia Maraini, Pasolini porta ancora all'estremo, se fosse possibile, la visione di un mondo arcaico, a-storico, primordiale, questa volta situato in un Oriente da favola e da sogno, come quello descritto, appunto, nelle "Mille e una notte", opera corale, frutto di tradizione e "traduzioni" popolari orali e scritte, dunque ben lontana dalle fonti storiche di Boccaccio e Chaucer. Quell'Oriente terzomondista a lungo ricercato dal regista con i suoi viaggi in Asia e Africa, e mai realmente trovato a causa della colonizzazione occidentale che stava già per distruggerne l'autenticità, viene ora ricostruito, con l'aiuto dei paesaggi ancora (per poco) incontaminati, dei corpi e dei volti degli interpreti non professionisti, delle cadenze dialettali regionali italiane con cui essi vengono doppiati, delle loro risate gioiose alternate a poesie e proverbi continuamente citati, e della colonna musicale che mescola come sempre melodie primitive (ma con la collaborazione, come nei due film precedenti, di Ennio Morricone, che per l'occasione compose anche delle melodie originali - vedi il Video 4). I temi sono ancora quelli della sessualità libera e gioiosa, slegata dai condizionamenti culturali, e soprattutto dai pregiudizi, che sviliscono e contaminano la libera espressione dell'erotismo, sia etero- che omo-sessuale. E' un film fantastico e fantasioso, che prende come spunto la citazione iniziale, "La verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni": e infatti la storia che fa da legame tra i vari "sogni" è in realtà un contenitore di altre storie, di "storie nelle storie". La storia di base è quella del giovane Nur-el-Din (Franco Merli), che, dopo essersi visto rapire la sua schiava Zumurrud (Ines Pellegrini), dopo varie disavventure la ritrova, ma passando per una specie di "raggiro": Zumurrud, infatti, facendosi passare per un uomo, riesce farsi incoronare re, e pretende che Nur-el-Din, che non la riconosce, passi la notte con lui(in realtà lei)(Video 3). Con la felicità dei due amanti così riuniti si conclude il film, che in questo "inganno" finale rivela una verità sostanziale: il potere (maschile) del re viene preso da una donna, che in tal modo lo mette al servizio di una sessualità "liberata". Ben diverso sarà, di lì a pochi mesi, il rapporto col potere descritto in Salò o le 120 giornate di Sodoma, in cui l'intolleranza e il sopruso distruggeranno totalmente il senso e il valore dell'amore e del sesso. Questo canto all'amore e alla vita è calato in atmosfere fiabesche e serene, in cui i corpi sono ancora una volta al centro delle storie, e ancora una volta liberi da compiacimenti morbosi - una purezza di sguardo lontanissima dall'osceno e una libertà sessuale assolutamente pudica e innocente, che assumono quasi un'aria mistica, perchè dipingono un mondo che non c'è più (se mai è esistito). In questa dimensione onirica e magica si svolgono storie di amori felici ma anche infelici, sereni ma anche dolorosi, in cui la violenza e la morte, pur presenti, non sono vissute in modo tragico ma come parte integrante del mistero assoluto della vita. Così si intrecciano storie di puro erotismo, come quella del re Harun e della regina Zeudi, che scelgono un ragazzo e una ragazza per vedere chi si innamorerà per primo, dimostrando quindi di essere il meno bello (Video 1) con elementi puramente fantastici, come nella storia in cui un uomo, che tiene prigioniera una ragazza in una grotta, venuto a sapere del suo tradimento, le taglia mani e piedi, e conduce poi il suo amante verso il cielo, trasformandolo infine in una scimmia (Video 2). "Mai come in questo film Pasolini riesce ad esprimere un cinema di pura poesia delle immagini, a trovare un equilibrio sereno tra la bellezza della vita ingenua del Terzo Mondo, l'ossessione ricorrente della sessualità e la grandiosità delle immagini paesaggistiche, componenti essenziali del suo cinema fin dai tempi di Edipo re" (Nota 9) |
A Thousand and One Nights (Arabian Nights) With the third and final chapter of the "Trilogy of life", written with the collaboration of Dacia Maraini, Pasolini takes again to the extreme, if it were possible, the vision of an archaic, a-historical, primordial world, this time located in a fairytale-like Orient, like the one described in the "Thousand and One Nights": a choral work, the result of tradition and popular oral and written "translations", therefore far removed from the historical sources of Boccaccio and Chaucer. That Third World East, long sought by the director with his travels in Asia and Africa, and never really found due to the Western colonization that was already starting to destroy its authenticity, is now being reconstructed, with the help of uncontaminated landscapes, of the bodies and faces of non-professional actors, of the Italian regional dialectal cadences with which they are dubbed, of their joyful laughter alternating with poems and proverbs, and of the musical score that mixes primitive melodies (but with the collaboration, as in the two previous films, of Ennio Morricone, who also composed original melodies for the occasion - see Video 4). The themes are still those of free and joyful sexuality, disconnected from cultural conditioning, and above all from prejudices, which debase and contaminate the free expression of eroticism, both heterosexual and homosexual. It is a fantastic and imaginative film, which takes as its starting point the initial quote, "The truth does not lie in a single dream, but in many dreams": and the story that links the various "dreams" is actually a container of other stories - "stories within stories". The basic story is that of the young Nur-el-Din (Franco Merli), who, after having seen his slave Zumurrud (Ines Pellegrini) kidnapped, finds her after several misadventures, but through a kind of "trick": Zumurrud, by pretending to be a man, has managed to be crowned king, and demands that Nur-el-Din, who does not recognize her, spend the night with him (actually her) (Video 3). The film ends with the happiness of the two lovers thus reunited, and in this final "deception" reveals a substantial truth: the (male) power of the king is taken by a woman, who thus puts it at the service of a "released" sexuality. In a few months, the relationship between power and sexuality, described in Salò or the 120 days of Sodom, in which intolerance and abuse totally destroy the meaning and value of love and sex, will be very different. This song to love and life is sung in fairytale and serene atmospheres, in which the bodies are once again at the centre of the stories, and once again free from morbid complacency - a purity of gaze very far from the obscene and a sexual freedom absolutely modest and innocent, which take on an almost mystical air: they describe a world that no longer exists (if it ever existed). In this dreamlike and magical dimension there are love stories, happy but also unhappy, serene but also painful, in which violence and death, while present, are not lived in a tragic way but as an integral part of the absolute mystery of life. Thus stories of pure eroticism such as that of King Harun and Queen Zeudi, who choose a boy and a girl to see who will fall in love first, thus proving to be the less beautiful (Video 1) intertwine with purely fantastic elements, such as the story in which a man, who is holding a girl prisoner in a cave, learns of her betrayal, cuts her hands and feet, and then leads her lover up to the sky, finally transforming him into a monkey (Video 2). "Never as in this film does Pasolini manage to express a cinema of pure poetry of images, to find a serene balance between the beauty of the naive life of the Third World, the recurring obsession with sexuality and the grandeur of landscape images, essential components of his cinema since the time of Oedipus Rex." (Note 9) |
Video 1 |
Video 2 |
Video 3 |
Video 4 |
"Perché io sono giunto all’esasperata libertà di rappresentazione di
gesti e atti sessuali,
fino alla rappresentazione in dettaglio e in primo piano, del sesso? Ho
una spiegazione che
mi fa comodo e mi sembra giusta, ed è questa. In un momento di profonda
crisi culturale
(gli ultimi anni Sessanta), che ha fatto (e fa) addirittura pensare alla
fine della cultura - che
infatti si è ridotta, in concreto, allo scontro, a suo modo grandioso,
di due sottoculture:
quella della borghesia e quella della contestazione ad essa - mi è
sembrato che la sola
realtà preservata fosse quella del corpo. Protagonista dei miei film è
stata così la corporalità popolare. Non potevo non giungere alle estreme conseguenze di questo assunto. Il simbolo della realtà corporea è infatti il corpo nudo: e, in modo ancor più sintetico, il sesso. I rapporti sessuali mi sono fonte di ispirazione anche di per se stessi, perché in essi vedo un fascino impareggiabile, e la loro importanza nella vita mi pare così alta, assoluta, da valer la pena di dedicarci ben altro che un film. Tutto sommato il mio ultimo cinema è una confessione anche di questo, sia detto chiaramente. E, siccome ogni confessione è anche una sfida, contenuta nel mio cinema è anche una provocazione. Una provocazione su più fronti. Provocazione verso il pubblico borghese e benpensante. Provocazione verso i critici, i quali, rimuovendo dai miei film il sesso, hanno rimosso il loro contenuto, e li hanno trovati dunque vuoti, non comprendendo che l’ideologia c’era, eccome, ed era proprio lì ... Pier Paolo Pasolini (Nota 10) Il fiore delle Mille e una notte ottenne il Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes 1974, ma, come la maggior parte dei film di Pasolini, fu subito oggetto di contestazioni, censure e divieti, nonchè di processi per oscenità, da cui il regista venne poi (anche se a volte dopo anni) assolto. |
"Why have I reached the exasperated freedom of representation of sexual
gestures and acts, up to the representation, in detail and in the
foreground, of sex? I have an explanation that suits me and seems right,
and this is it. At a time of deep cultural crisis (the late 1960s), which
makes one even think of the end of culture - which in fact has been
reduced, in practice, to the clash, in its own grandiose way, of two
subcultures: that of the bourgeoisie and that of the of theprotest
against it - it seemed to me that the only preserved reality was that of the
body. The main protagonist of my films has thus become the sexual body
as interpreted by
popular culture. I could not fail to reach the extreme consequences of this
assumption. The symbol of corporeal reality is in fact the naked body:
and, in an even more synthetic way, sex. Sexual relationships have also
inspired me in themselves, because I see an unparalleled charm in them,
and their importance in life seems so high, absolute, that it is
worthwhile to dedicate much more to them than a film. All in all my
latest cinema is a confession of this too, let it be said clearly. And,
since every confession is also a challenge, contained in my cinema is
also a provocation. A provocation on several fronts. Provocation towards
the bourgeois and right-thinking public. Provocation towards critics,
who, by removing sex from my films, have removed their content, and therefore
have found them empty, not understanding that the ideology was there, it was right there ..."
Pier Paolo Pasolini (Note 10) A Thousand and One Nights (Arabian Nights) won the Special Jury Grand Prize at the 1974 Cannes Film Festival, but, like most of Pasolini's films, immediately became the subject of disputes, censorship and prohibitions, as well as trials for obscenities, of which the director was (years later) acquitted. |
Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) (Il film completo è visibile qui.) |
Salò or the 120 days of Sodom (1975) (The complete film with subtitles is available here.) |
"Io abiuro dalla Trilogia della
vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso infatti negare
la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione
dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso. Tale sincerità e
necessità hanno diverse giustificazioni storiche e ideologiche. Prima di
tutto esse si inseriscono in quella lotta per la democratizzazione del
diritto a esprimersi e per la liberalizzazione sessuale. In secondo
luogo, nella prima fase della crisi culturale e antropologica cominciata verso la fine degli anni Sessanta - in cui cominciava a trionfare l’irrealtà della sottocultura dei mass media, l’ultimo baluardo della realtà parevano essere gli innocenti corpi con l’arcaica, fosca, vitale violenza dei loro organi sessuali. Infine la rappresentazione dell’eros era qualcosa che affascinava me personalmente, in quanto singolo autore e uomo. Ora tutto si è rovesciato..." Pier Paolo Pasolini (Nota 11) |
"I abjure the Trilogy of Life, although I do
not regret making it. In fact, I cannot deny the sincerity and
necessity that led me to the representation of bodies and their
culminating symbol, sex. Such sincerity and necessity have different
historical and ideological justifications. First of all they are part of
that struggle for the democratization of the right to express oneself
and for sexual liberalization. Second, in the first phase of the cultural and anthropological crisis that began towards the end of the 1960s - in which the unreality of the mass media subculture began to triumph, the last bastion of reality seemed to be the innocent bodies with the archaic, dark, vital violence of their sexual organs. Finally, the representation of eros was something that fascinated me personally, as a single author and man. Now everything has turned upside down ... " Pier Paolo Pasolini (Note 11) |
Solo pochi mesi dopo aver terminato la Trilogia, Pasolini vive
un'ultima stagione di pessimismo possiamo dire definitivo. Acuto
osservatore e critico dei cambiamenti socio-culturali della società
italiana, sapeva cogliere i segnali del cambiamento molto rapidamente,
prima ancora che si manifestassero in forma più evidente. Nella
citazione qui sopra, esprime tutta a sua amarezza per la scomparsa
definitiva di quello che, fino a poco tempo prima, considerava come
"l'ultimo baluardo" della realtà, la sessualità libera e serena che
aveva appena finito di descrivere nel Fiore delle Mille e una notte.
L'omologazione borghese, con l'assimilazione del proletariato nella
nuova cultura di massa consumistica e amplificata oltre ogni misura dai
mass-media (in primo luogo, la televisione) e con la falsa permissività, sembrava non lasciare più
spazio a visioni alternative, seppure futuribili: la stessa
contestazione giovanile di quegli anni sembrava a Pasolini
irrimediabilmente compromessa dal fatto di essere "digerita" e resa
quindi impotente dall'invasione di una cultura di massa che, rendendo le
persone superficialmente più felici tramite il possesso di sempre nuovi
beni materiali, toglieva loro la coscienza critica della loro esistenza.
Questa analisi materialista si traduceva nel poeta Pasolini in una
visione oscura e tragica del presente, prima ancora che del futuro. Da questa consapevolezza nasce il progetto di Salò o le 120 giornate di Sodoma: il romanzo di De Sade (a base della sceneggiatura con Sergio Citti e con la collaborazione di Pupi Avati) è il punto di partenza per una rappresentazione spietata e raccapricciante di quanto il potere possa stravolgere i valori più profondi e autentici, instaurando un rapporto sadico con le proprie vittime, in primo luogo profanando ciò che di più sacro esiste nella persona: il suo corpo, e la sessualità che vi risiede. La depravazione sessuale è la metafora dei rapporti di forza a cui i padroni sottomettono i loro servi, l'abbrutimento dei corpi violentati - anche se padroni e servi condividono la stessa cultura dell'"avere", del possesso e della distruzione, e non dell'amore e dell'"essere". "Oltre la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c'è in Salò (e ce n'è in quantità enorme) è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole è la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento). Dunque il sesso è chiamato a svolgere nel mio film un ruolo metaforico orribile. Tutto il contrario che nella Trilogia (se, nelle società repressive, il sesso era anche un'irrisione innocente del potere)" Pier Paolo Pasolini (Nota 12) Per questa rappresentazione della società contemporanea, Pasolini sceglie un contesto estremo, un esempio dirompente di un potere depravato e, a suo modo, anarchico: la repubblica fascista di Salò nel 1944. In una villa presidiata dalle SS, hanno luogo episodi di violenza, sopraffazione e tortura da parte di notabili fascisti su giovani vittime provenienti da un rastrellamento. Pasolini ribalta completamente le atmosfere della Trilogia: ora i corpi sono merce da distruggere, e la sessualità è ridotta a puri atti meccanici. Concepite come un inferno dantesco su più gironi, le vicende di Salò coinvolgono carnefici, vittime e spettatori in un gioco al massacro che arriva a mostrare l'impresentabile e l'indicibile. Eppure, nonostante tutto, "insostenibile per la maggior parte degli spettatori, odiato e condannato da molti, resta un tentativo, coraggioso, disperato e definitivo, di andare a fondo nella parte più oscura dell'essere umano. Con un sottofondo di umorismo acre e sarcastico che rende il tutto ancora più sconvolgente" (Nota 13). |
Only a few months after finishing the Trilogy, Pasolini lived a last
season of definitive pessimism. As a keen observer and critic of the
socio-cultural changes of Italian society, he knew how to grasp the
signs of change very quickly, even before they manifested themselves in
a more evident form. In the quote above, he expresses all his bitterness
for the definitive disappearance of what, until recently, he considered
the "last bastion" of reality, the free and serene sexuality that he had
just finished describing in Arabian nights.
The bourgeois homologation, with the assimilation of the proletariat
into the new consumerist mass culture and amplified beyond all measure
by the mass media (in the first place, television), as well as with its false
permissiveness, seemed to leave no more room for alternative visions,
even if futuristic: the same youth protest of those years seemed to
Pasolini irremediably compromised by the fact of being "digested" and
therefore rendered powerless by the invasion of a mass culture which,
by making people superficially happier through the possession of ever new
material goods, deprived them of the critical awareness of their
existence. This materialist analysis led Pasolini
as a poet to a dark and tragic vision of the present and the future. The project of Salò or the 120 Days of Sodom was born from this awareness: De Sade's novel (which was the basis of Sergio Citti's screenplay, with the collaboration of Pupi Avati) is the starting point for a ruthless and gruesome representation of how far power can upset the deepest and most authentic values, establishing a sadistic relationship with its victims, first of all by profaning what is most sacred in the person: his body, and the sexuality that resides there. Sexual depravity is the metaphor of the power relations to which masters subject their servants, the brutalization of raped bodies - even if masters and servants share the same culture of "having", of possession and destruction, as opposed to love and "being". "Besides the metaphor of sexual intercourse (seen as obligatory and ugly) that the tolerance of consumerist power makes us live in these years, all the sex that is in Salò (and there is an enormous quantity of it) is also the metaphor of the relationship of power with those who are subjected to it. In other words, it is the (perhaps dreamlike) representation of what Marx calls the commodification of man: the reduction of the body to a thing (through its exploitation). Thus sex is called upon to play a horrible metaphorical role in my film. Quite the opposite of the Trilogy (if, in repressive societies, sex was also an innocent mockery of power)" Pier Paolo Pasolini (Note 12) For this representation of contemporary society, Pasolini chooses an extreme context, a disruptive example of a depraved and, in its own way, anarchic power: the fascist republic of Salò in 1944. In a villa manned by the SS, episodes of violence, oppression and torture take place by fascist notables on young victims, assembled through a roundup. Pasolini completely overturns the atmospheres of the Trilogy: now bodies are goods to be destroyed, and sexuality is reduced to pure mechanical acts. Conceived as a sort of Dante's hell over several circles, the events of Salò involve executioners, victims and spectators in a game of massacre that dares to show the unpresentable and the unspeakable. Yet, despite everything, "unsustainable for most viewers, hated and condemned by many, it remains a courageous, desperate and definitive attempt to go deep into the darkest part of the human being. With an undertone of acrid and sarcastic humor which makes it all the more shocking." (Note 13). |
Trailer ufficiali/Official trailers |
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Pasolini fu assassinato nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975, prima che il film fosse completamente montato e presentato al pubblico. | Pasolini was murdered during the night between Novermber 1st and 2nd, 1975, before the film was completely edited and released in theatres. |
Note/Notes
(1) Bertelli P. 2001. Pier Paolo Pasolini. Il cinema in corpo. Atti impuri di un eretico, Croce Libreria, p. 194.
(2) L'Arengario Studio Bibliografico 2011. Il cinema di Pier Paolo Pasolini, Edizioni dell'Arengario, Gussago, p. 47.
(3) Pasolini P.P. 2015. Il mio cinema, Edizioni Cineteca di Bologna. p. 154.
(4) Citato in/Quoted in L'Arengario, op. cit., p. 49.
(5) Citato in/Quoted in L'Arengario, op. cit., p. 54.
(6) M Pasolini 2015, op. cit., pp. 172, 178
(7) M Pasolini 2015, op. cit., pp. 188.
(8) M Pasolini 2015, op. cit., pp. 185.
(9) Bertelli, op. cit. p. 201.
(10) Citato in/Quoted in L'Arengario, op. cit., p. 57.
(11) Citato in/Quoted in L'Arengario, op. cit., p. 60.
(12) Pasolini 2015, op. cit., pp. 217.
(13) Il Mereghetti. Dizionario dei film, Baldini e Castoldi, Milano.
Per
saperne di più ... * Sito Pier Paolo Pasolini - Centro Studi Casarsa della Delizia: attività, archivi e risorse, news, newsletter e relativo blog * Dal sito della Cineteca di Bologna: Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini * Dal sito pierpaolopasolini.it: Filmografia, poesie, foto, video * Da Wikipedia: Pier Paolo Pasolini * Da MyMovies.it: Pier Paolo Pasolini: biografia, filmografia, critica, premi, foto, trailer e molto altro * Dal sito dell'Enciclopedia Treccani: Pasolini, Pier Paolo |
Want to know more? * From Wikipedia: Pier Paolo Pasolini * From MUBI: Pier Paolo Pasolini: Screenwriter, director, actor * From the British Film Institute website: An introduction to Pier Paolo Pasolini * From MUBI: The Delay of Death – Pasolini’s Trilogy of Life by Gabriel Abrantes |
Video su YouTube/YouTube Videos, mostly with subtitles:
* Diego Fusaro: Teorema di Pasolini
* Alessandro Mezzena Lona presenta Teorema
* Italian Movie Reviews: Pasolini's Teorema
* Porcile. 40 anni dopo. Parla Nino Ceccatelli
* Interviste a Maria Callas e Pier Paolo Pasolini su Medea
* Pier Paolo Pasolini: Perchè ho fatto Il fiore delle Mille e una notte
* Pupi Avati sul suo rapporto con Pier Paolo Pasolini e la sceneggiatura di Salò
* Salò: An analysis by Glenn Criddle
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