Dossier - Dossiers |
Il musical (Seconda
parte:
Gli anni '40 e '50) |
Musical (Part 2: The '40s and '50s) |
N.B. - E' disponibile una versione pdf di questo Dossier. - Il simbolo indica che il video è disponibile soltanto direttamente su YouTube. 1. Re-introduzione: verso una maggiore integrazione "Due delle descrizioni di "intrattenimento" date per scontate, "fuga [dalla realtà]" e "realizzazione di un desiderio", fanno riferimento alla sua forza centrale, ossia all'idealismo utopistico. L'intrattenimento offre l'immagine di "qualcosa di meglio" in cui rifugiarsi, o qualcosa che desideriamo profondamente, ma che la nostra vita quotidiana non ci fornisce. Alternative, speranze, desideri - questa è la materia di cui è fatta l'utopia, il senso che le cose potrebbero essere migliori, che qualcosa di diverso, rispetto a ciò che è, può essere immaginato e magari realizzato" (Nota 1). Abbiamo visto nella prima parte di questo Dossier che una delle funzioni principali del musical, se non la più importante, è quella di fornire agli spettatori la possibilità di evadere dalla realtà per vivere in un mondo immaginario, appunto "utopico", in cui i sogni e le speranze, cioè l'alternativa ad una realtà quotidiana magari grigia se non opprimente, si realizzano, almeno temporaneamente, sullo schermo. Abbiamo anche visto che il rapporto con il realtà (o con il realismo) assume forme diverse. Ci sono musical, come quelli che abbiamo chiamato "backstage musical" (in cui l'azione è centrata sulla preparazione ed esecuzione di uno spettacolo) che separano nettamente la narrazione dai "numeri musicali": questi ultimi vengono eseguiti, come avviene nella realtà, su un palcoscenico, davanti ad un pubblico (anche se poi spesso, come in Donne di lusso, lo spazio scenico si allarga a dismisura, fino ad assumere mirabolanti forme astratte). Ci sono poi musical che, pur mantenendo la divisione tra narrazione (storia, o trama) e numeri musicali, cercano di integrare in qualche misura queste due componenti, per esempio attraverso il meccanismo di un momento della storia che "dà il via" ad una canzone e/o alla danza, terminate le quali la storia riprende il suo corso: è il caso di molti musical della coppia Astaire-Rogers, come Voglio danzare con te. Infine, ci sono musical in cui la distinzione tra narrazione e numeri musicali tende a dissolversi, come se il mondo messo in scena fosse già un'incarnazione dell'"utopia", e l'integrazione tra realtà e fantasia diventa più evidente. Questa tendenza verso una sempre maggiore integrazione, è una delle caratteristiche principali dei musical degli anni '40 e '50. Vediamone un esempio in Un giorno a New York, uno dei primi esempi di musical girato in larga misura "in esterni". |
N.B. - A pdf version of this Dossier is available. - The symbol means that the video is only available directly on YouTube. 1. Re-introduction: towards a more integrative approach "Two of the taken-for-granted descriptions of entertainment, as ‘escape’ and as ‘wishfulfilment’, point to its central thrust, namely, utopianism. Entertainment offers the image of ‘something better’ to escape into, or something we want deeply that our day-to-day lives don’t provide. Alternatives, hopes, wishes—these are the stuff of utopia, the sense that things could be better, that something other than what is can be imagined and maybe realized" (Note 1). We saw in the first part of this Dossier that one of the main functions of the musical, if not the most important one, is to provide the audience with an opportunity to escape reality and to live in an imaginary, "utopian" world, where dreams and hopes, i.e. the alternative to a grey if not depressing daily life, come true, at least temporarily, on the screen. We also saw that the relationship with reality (or with realism) can take different forms. There are musicals, like the ones we referred to as "backstage musicals" (where the action is focussed on the preparation and execution of a show) which establish a clear gap between narration and "musical numbers": the latter are performed, as in reality, on a stage, in front of an audience (although often, as in Gold diggers of 1935, the scenic space widens out of all real proportions and assumes astonishing abstract shapes). There are also musicals that, while keeping the division between narration (story or plot) and musical numbers, try to somehow integrate these two components, for example by introducing moments which "open up" a song and/or a dance, after which the story takes its course again: this is the case of several of the Astaire-Rogers musicals, like Shall we dance. Finally, there are musicals in which the distinction between narration and musical numvers tends ro dissolve, as if the world staged by the movie were already a manifestation of the "utopia", and the integration between reality and fantasy becomes more evident. This tendency towards a greater integration is one of the main features of the musicals produced in the '40s and '50s. See an example in On the town, one of the first examples of a musical mostly shot "on location". |
Un giorno a New York/On the town, di/by Gene Kelly e/and Stanley Donen, Usa 1949) |
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Il contesto in cui si apre il film è il porto di New York, all'alba: uno
scaricatore si avvia al lavoro, cominciando subito a cantare: "I feel
like I'm not out of bed yet" ("Mi sento come se non mi fossi ancora
alzato dal letto"). Si parte dunque dalla dura realtà quotidiana del
lavoro. Ma questo realismo dell'ambientazione viene subito, e
bruscamente ed energicamente, trasformato in un mondo "alternativo":
suona la sirena di una nave e i marinai sbarcano immediatamente,
correndo, per gustarsi una giornata di libertà. A nulla servono le
parole dello scaricatore, che fa loro presente come sia impossibile
sfruttare tutto ciò che New York ha da offìrire in sole 24 ore:
l'energia che sprizza dai tre marinai (Frank Sinatra, Gene Kelly e Jules
Munshin) è
esuberante e contagiosa. Proprio i limiti del tempo a disposizione
rendono la loro licenza una "fuga dalla realtà" (della vita di bordo,
del lavoro, del vivere quotidiano) per immergersi completamente nel
mondo fantastico (e per certi versi "utopico") di una città che diventa
simbolo di libertà, di voglia di vivere, di soddisfazione di sogni e
desideri - anche se solo nello spazio di un giorno (o, se vogliamo,
nello spazio di un film). 2. Innovazione e conformità alla "formula" La storia del musical hollywodiano, e in particolare quella della sua "età d'oro" tra la fine degli anni '30 e la fine degli anni '50, si caratterizza per una grande inventiva e creatività all'interno del rispetto di una "formula" che nei suoi tratti essenziali rimane sempre la stessa (fino, come vedremo, ai giorni nostri). Da una parte, le sperimentazioni tecniche, l'originalità della "messa-in-scena", la diversità delle coreografie, l'utilizzo innovativo del montaggio, soprattutto, se non quasi esclusivamente, nei "numeri musicali", portavano al superamento di "se stessi", cioè a proporre numeri che fossero sempre più spettacolari e tecnicamente sempre più complessi. Ad esempio, se Esther Williams (già campionessa di nuoto) sembrava proporre, nei suoi film "ad ambientazione acquatica" e di nuoto sincronizzato con decine di altre ballerine/nuotatrici, sostanzialmente gli stessi numeri, bisogna riconoscere che, film dopo film, questi numeri diventavano sempre più spettacolari e tecnicamente impegnativi, anche e soprattutto per la protagonista. Ne vediamo un esempio in La ninfa degli antipodi, coreografato da Busby Berkeley. |
The context at the start of the movie is the port of New York, at
daybreak: a docker is going to work, and as he does so, he starts
singing: "I feel like I'm not out of bed yet". We thus start from the
hard reality of work. However, this realism
of the context is suddenly turned into an "alternative world": a ship's
siren goes off and the sailors immediately run ashore, ready to
enjoy a day's leave. The docker's words, who tells them that it is
impossible to enjoy all that New York has to offer in a single day, are
not taken into consideration: the energy bursting from the three sailors
(Frank Sinatra, Gene Kelly e Jules Munshin) is exhuberant and
contagious. The very fact that they have so little time make their leave
an "escape from reality" (from their life onboard, from work, from daily
living), so that they can give themselves up to the fantastic (and by
many standards "utopian") world of a city which becomes a symbol of
freedom and "lust for life", and where dreams and wishes can come true -
even if just for a day (or, if you like, just as a movie lasts). 2. Innovation and conformity to a "formula" The history of the Hollywood musical, and particularly of its "golden age" between the end of the '30s and the end of the '50s, is marked by a great capacity for innovation and creativity within the limits of a "formula" which, in its main features, remains basically the same (up to the present, as we shall see). On the one hand, technical experimentation, the originality of the mise-en-scène, the variety of coreographies and the innovative use of editing (especially, if not exclusively) in the "musical numbers", led to "surpassing oneself", i.e. to the creation and execution of numbers which had to be more and more spectacular and more and more complex from a technical point of view. For example, if Esther Williams (a former swimming champion) seemed to execute, in her movies "drenched in water", together with dozens of other dancers/swimmers, basically the same numbers, we have to recognize that, movie after movie, these numbers grew more and more spectacular and technically very demanding, especially for Williams herself. See an example in Million dollar mermaid, coreographed by Busby Berkeley. |
La ninfa degli antipodi/Million dollar mermaid, di/by Mervyn LeRoy, USA 1952) |
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In definitiva, bisogna sempre ricordare che i musical, come del resto
tutti i film hollywodiani, erano e rimangono un prodotto industriale,
che come tale richiede standardizzazione e l'applicazione di formule,
per quanto elastiche e flessibili, che si sono dimostrate efficaci per
il successo di un film. Pertanto i musical, specialmente i classici
dell'"età d'oro" che stiamo analizzando, davano la preminenza ai nuneri
musicali piuttosto che alla trama, di per sè secondaria. A questo genere
si richiedeva non tanto un'assoluta originalità, quanto il "riciclaggio"
di situazioni (storie, trame) già note, ma che il pubblico poteva
apprezzare soprattutto per la freschezza e la spettacolarità dei numeri
musicali, eseguiti in genere da "star" che erano la vera ragion d'essere
dello spettacolo, e che sembravano facessero a gara nel "superare se
stessi", creando numeri sempre più coinvolgenti. In questo modo,
conformità e innovazione non entravano realmente in conflitto, e questo
equilibrio è una delle ragioni del continuo successo di questo genere
cinematografico. |
By and large, we need to remember that musicals, like all Hollywood
movies, were and still are an industrial product, which in itself
requires standardization and the application of formulae, although
flexible ones, which have proved efficient for a movie's success. Thus
musicals, especially the classical ones of the "golden age" which we are
analysing, gave priority to the musical numbers rather than to the story
or plot, which was of secondary importance. This genre demanded not so
much absolute originality as rather the "recycling" of well-known
situations (stories, plots), which nevertheless the audience could
appreciate above all thanks to the freshness and the spectacular
attraction of musical numbers, performed by stars who were the real
appeal of the show - stars who seemed to compete with each other in
"surpassing themselves" by performing more and more attractive numbers.
In this way conformity and innovation did not really come into conflict,
and this balance is one of the reasons for the lasting success of this
film genre. |
Rapsodia in blu/Rhapsody in blue, di/by Irving Rapper, USA 1945) |
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Uno dei "sottogeneri" che meglio dimostrano questo equilibrio è
rappresentato dai musical "biografici" (oggi diremmo "biopics"), che
raccontavano, con molta libertà, la vita di musicisti famosi, in cui,
ancora una volta, il centro dell'attenzione non erano in realtà i
fatti, cioè la trama, che serviva invece per legare assieme l'esecuzione
di canzoni già famose o composte per l'occasione, e che vedeva spesso
in scena cantanti e ballerini altrettanto familiari al grosso pubblico.
Oltre a Rapsodia in blu, che narra la vita di
George Gershwin,
si ricordano, tra gli altri,
La grande strada bianca
(di Henry King, USA 1938), che
intendeva essere una biografia di
Irving Berlin,
Parole e musica (di
Norman Taurog, USA 1948), biografia
dei compositori
Richard Rodgers and
Lorenz Hart,
Notte e dì (di
Michael Curtiz, USA 1946), sulla vita di
Cole Porter, e
La storia di Glenn Miller (di
Anthony Mann, USA 1954). 3. Il musical a supporto dello sforzo bellico |
One of the "subgenres" which best proves this balance is the
"biographical musical" ("biopics", as we would say today), which told, in
a rather loose fashion, the life of famous composers. Here the focus of
attention was not, once again, the real facts, i.e. the plot, which was
used instead to link together the execution of songs, either
already well-known or expressly written for the occasion, featuring
singers and dancers just as well-known to the general audience. Besides
Rhapsody in blue, which tells the life of
George
Gershwin, we can mention, among mothers,
Alexander's Ragtime Band (by
Henry King, USA 1938), which was meant
to be a biography of
Irving Berlin,
Words and music (by Norman
Taurog, USA 1948), a biography
of the composers
Richard Rodgers
and Lorenz Hart,
Night and day (by Michael Curtiz, USA 1946), on the life of
Cole Porter, and
The Glenn Miller story (by
Anthony Mann, USA 1954). 3. The musical in support of the war effort |
Hollywood canteen (di/by Delmer Daves, USA 1944) |
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Non si può dimenticare che, nei primi anni del periodo che stiamo
considerando, Hollywood e i suoi musicals diedero un massiccio supporto
alle forze armate impegnate nel mondo, con una serie di film che
ospitavano le più grandi star del momento, da Bette Davis a Joan
Crawford, da Barbara Stanwyck a Ida Lupino, con le star maschili
(da Paul Heinreid a John Garfield a Peter Lorre ...), spesso
in divisa militare. A questi film si affiancavano spettacoli dal vivo,
spesso tenuti nelle zone di combattimento, con l'intervento di grandi
orchestre (le "big bands" come quella di
Jimmy Dorsey
e Glenn Miller, che morirà in un incidente aereo proprio durante un
tour per l'esercito). 4. La MGM, Arthur Freed e Vincente Minnelli L'integrazione tra canzoni/danza, da una parte, e storia/trama, dall'altra, di cui abbiamo parlato all'inizio di questo Dossier, fu uno dei principi che caratterizzarono il lavoro di Arthur Freed alla MGM (Metro-Goldwyn-Mayer), che, a partire da Il mago di Oz, come produttore segnò la storia del musical hollywodiano con una serie di capolavori di enorme successo - successo sicuramente dovuto anche alla schiera di brillanti registi, ballerini, coreografi, attori e compositori musicali di cui seppe circondarsi. Fu proprio sotto la guida di Freed che Vincente Minnelli girò il suo primo film a Hollywood, un musical particolare, Due cuori in cielo (USA 1944), che si ricorda per diverse ragioni: il cast era composto da soli Afro-americani; la cantante Lena Horne qui cominciò la sua carriera; la colonna musicale poteva contare sull'orchestra di Duke Ellington; e molte canzoni (di cui una, "Happiness is a thing called Joe", ottenne una nomination all'Oscar) divennero classici. |
We cannot forget that, in the early years of the period we are
considering, Hollywood and its musicals gave massive support to the
armed forces all around the world, through a series of films which
featured the greatest stars of the time, from Bette Davis to Joan
Crawford, from Barbara Stanwyck to Ida Lupino, with the male stars (from
Paul Heinreid to John Garfield to Peter Lorre ...), often wearing a
uniform. These movies were not the only way the movie industry supported
the country at war: live shows, often performed in fighting zones, saw
the presence of the
"big bands"
like the ones conducted by
Jimmy Dorsey
and Glenn Miller,
who would die in an air crash during one of his tours for the army. 4. MGM, Arthur Freed and Vincente Minnelli The integration between song and dance, on the one hand, and story/plot, on the other, which we mentioned at the start of this Dossier, was one of the principles that lay at the basis of Arthur Freed's work at MGM (Metro-Goldwyn-Mayer, who, starting from The wizard of Oz, marked as a producer the history of Hollywood musicals with a series of hugely successful masterpieces - whose success was surely also due to the group of brilliant directors, dancers, coreographers, actors and composers he so skillfullly employed. It was under Freed's guidance that Vincent Minnelli shot his first Hollywood movie, a particular musical, Cabin in the sky (USA 1944), which is famous for several reasons: the cast was all African-American; the singer Lena Horne started her career with this movie; the musical score saw the presence of Duke Ellington's orchestra; and many songs (including "Happiness is a thing called Joe", which got an Academy Award nomination) became classics. |
Il pirata/The pirate (di/by Vincente Minnelli, USA 1947) |
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Il pirata poteva contare sulla presenza, oltre che di Judy Garland,
della già affermata stella
Gene Kelly, promotore di uno stile
coreografico molto diverso da quello del suo principale (anche se molto più
anziano) rivale Fred Astaire. Kelly proponeva uno stile molto "fisico",
quasi acrobatico anche se sempre aggraziato. Fra le canzoni (di Cole
Porter) presenti nel film, "Be a clown", fu ripreso qualche anno dopo dallo stesso Kelly in Cantando
sotto la pioggia. Non si trattava di un evento raro: spesso canzoni
famose venivano riprese e riproposte in nuove versioni da differenti
star, contribuendo così a costruire una specie di "ipertesto" musicale
in cui gli spettatori potevano riconoscersi, film dopo film, godendo
della reiterazione di motivi conosciuti. In effetti i musical della MGM, spesso diretti da Minnelli, con l'apporto costante delle stesse star (tra cui Judy Garland, Frank Sinatra, Gene Kelly, Esther Williams, Kathryn Grayson, Jane Powell e Howard Keel) dimostravano senza ombra di dubbio che il musical era un genere che si reggeva soprattutto sulla presenza proprio delle star: "Come veicoli per le star, i musical derivavano in larga misura la loro coerenza dai loro attori protagonisti. I film erano realizzati per reiterare la persona della star non semplicemente facendole/gli interpretare un certo tipo di personaggio nella trama, ma attraverso i "numeri". Le colonne sonore e le coreografie erano aggiustate in modo da adattarsi alle speciali abilità della star, con trame progettate in primo luogo per offrire prontamente delle scuse per [introdurre] una canzone o un numero di danza nello specifico stile associato alla star" (Nota 2). Due musical segnarono l'apice della cosiddetta "età d'oro" del genere: il primo, Un americano a Parigi, su musiche di Gershwin (che era morto nel 1937), portava avanti l'integrazione realistica tra storia e numeri musicali: è rimasta famosa la scena in cui Gene Kelly danza con i bambini in strada, manifestando tutto il suo amore per la città, ma anche il balletto tra Kelly e Leslie Caron lungo la Senna sulle note di "Love is here to stay" - una scena talmente iconica da essere ripresa, con variazioni fantastiche ed effetti speciali, persino da Woody Allen (con Goldie Hawn) in Tutti dicono I love you sulle note di "I'm through with love". Una prova evidente della persistenza delle convenzioni del musical classico anche in epoca moderna. |
The Pirate relied on the presence of both Judy Garland and the
already well-known star
Gene Kelly,
who introduced a coreographic style very different from his main
(although much older) rival Fred Astaire's. Kelly's dancing was very
"physical" and even acrobatic, although always graceful. Among the Cole
Porter songs in the movie, "Be a clown" was re-used a few years later by
Kelly in Singin' in the rain. This was not an unusual event:
famous songs were often re-introduced in new versions by different
stars, thus helping to build a sort of musical "hypertext" which
the audience could easily recognize, movie after movie, thus enjoying
the repetition of well-known motifs. MGM musicals, often directed by Vincent Minnelli, with the repeated presence of the same stars (among whom Judy Garland, Frank Sinatra, Gene Kelly, Esther Williams, Kathryn Grayson, Jane Powell and Howard Keel) proved without doubt that the musical as a genre relied heavily on the stars themselves: "As star vehicles, musicals in large part derived their coherence from their leading players. The films were crafted to reiterate the star’s persona not simply by having her or him play a certain type of character in the plot, but through the numbers. Scores and choreography were tailored to suit the star’s special abilities, with plots designed primarily to offer ready excuses for a song or dance number in the distinct style associated with the star" (Note 2). Two musicals marked the height of the so-called "golden age" of the genre: the first, An American in Paris, featuring a score by Gershwin (who had died in 1937), carried forward the realistic integration between story and musical numbers: as an example, remember the scene where Kelly dances with a group of children in the street, expressing all his love for the city, but also Kelly and Leslie Caron dancing on the banks of the Seine to the music of "Love is here to stay" - a scene which became so iconic as to be revived, with some fantastic variations and special effects, even by Woody Allen (with Goldie Hawn) in Everyone says I love you, dancing to the music of "I'm through with love": clear evidence of the persistence of the conventions of the classical musical in recent moviemaking. |
Un americano a Parigi/An American in Paris (di/by Vincente Minnelli, USA 1951) |
Tutti dicono I love you/Everyone says I love you (di/by Woody Allen, USA 1996) |
Ma Un americano a Parigi introduceva
anche un'altra novità: la presenza di una "sequenza onirica" (dream
sequence, o dream ballet), un numero musicale a se
stante, non legato alla storia, sulle note del poema sinfonico di George
Gershwin "Un americano a Parigi", con evidenti influenze
jazzistiche e di musica contemporanea. Un numero come questo, della
durata di 17 minuti e del costo di mezzo milione di dollari, riusciva ad esprimere al massimo le
potenzialità della coreografia e degli interpreti: non a caso, per
questo film a Gene Kelly venne conferito un Oscar per "i suoi brillanti
risultati nell'arte della coreografia cinematografica". E l'uso dello
schermo panoramico (wide screen format) e di una tavolozza
persino esagerata dei colori del Technicolor testimoniava nel frattempo
il tentativo di Hollywood di far fronte alla minaccia ormai incombente
della concorrenza televisiva. |
However, An American in Paris also introduced something new, in the form of a "dream sequence" (or "dream ballet"), a self-standing musical number, not linked to the main story, to the music of George Gershwin's symphonic poem "An American in Paris", with clear jazz and contemporary music influences. Such a musical number, which lasts 17 minutes and cost half a million dollars, highlighted the potential power of the coreography as well as of its performers: it was not by chance that with this movie Kelly won an Academy Award for "his brilliant achievements on the art of coreography on film". And the use of the wide screen format and of an even exaggerated palette of Technicolor colours witnessed Hollywood's attempt to face the already growing threat of television competition. |
Un americano a Parigi/An American in Paris (di/by Vincente Minnelli, USA 1951) |
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Cantando sotto la pioggia/Singin' in the rain (di/by Stanley Donen e/and Gene Kelly, USA 1952) |
L'altro film-simbolo dell'età d'oro" del
musical hollywodiano è Cantando sotto la pioggia, il cui titolo
derivava dalla canzone già inclusa nel musical
La canzone di Broadway del
1929. Il film è rimasto memorabile per diverse ragioni. Innanzitutto,
presenta diversi numeri musicali di grande impatto: non solo la
celeberrima danza di Gene Kelly sotto la pioggia, ma anche l'acrobatica
esibizione di
Donald O'Connor
sulle note di "Make them laugh" e il
duetto Kelly/O'Connor sulle
note di "Moses supposes". Inoltre, il film, sulla scia di Un
americano a Parigi, introduce una lunga "sequenza onirica" ("Broadway
melody"), in cui Kelly, nei panni di un ballerino che a fatica
riesce a "sfondare" a Broadway, dà il meglio di sé insieme alla partner
Cyd Charisse. Infine, Cantando sotto la pioggia è anche un film
"auto-referenziale", nel senso che è ambientato a Hollywood, nella
delicata fase di passaggio dal cinema muto al sonoro, e testimonia le
tragicomiche vicende di un star del muto che, una volta passata
al sonoro, dimostra di avere una voce orribile ... |
The other movie which has become a symbol of the Hollywood musical's "golden age" is Singin' in the rain. The title came from a song which had already appeared in The Broadway melody (1929). The movie is memorable for several reasons. First, it includes many brilliant musical numbers: not only Gene Kelly's well-known dance "in the rain", but also Donald O'Connor's acrobatic performance to the music of "Make them kaugh" and the Kelly/O'Connor duet to the music of "Moses supposes". Besides, the movie, on the wake of An American in Paris, features a long "dream sequence" ("Broadway melody"), in which Kelly, acting as a dancer who tries hard to make his way in Broadway, gives one of his best performances together with Cyd Charisse. Last (but not least), Singin' in the rain is also a self-referring movie, in the sense that it is set in Hollywood, during the problematic transition from silent movies to "talkies", and shows the tragicomic experience of a silent movie star who, when performing in a "talking" movie, is found to have a horrible voice ... |
5. Non solo commedie: verso nuove sensibilità Ma verso la fine degli anni '40, il tradizionale carattere di "commedia" dalla trama esile e dal felice finale scontato (che è stato definito con la formula "un ragazzo incontra una ragazza/il ragazzo odia la ragazza/la ragazza odia il ragazzo/il ragazzo conquista la ragazza") stava per mostrare i primi sintomi del cambiamento. Già nel 1948, il musical inglese Scarpette rosse (di Michael Powell e Emeric Pressburger) metteva in scena la vicenda di una ballerina, che, sottoposta ad un durissimo allenamento e dilaniata fra l'amore per la danza e l'amore per un compositore, si identifica con il personaggio che interpreta, danzando fino alla morte. Siamo agli antipodi del musical hollywodiano classico, trattandosi di un melodramma in forme astratte piuttosto che realistiche. "E' nello stesso tempo romantico ed espressionista, una fantasticheria e un incubo, un dramma psicologico e una favola, un'anomala miscela di narrativa popolare, cattivo gusto, abuso di stereotipi e sperimentazione visiva, ribaltamento delle convenzioni, vertiginosa reinvenzione della realtà" (Nota 3) |
5. Not just comedies: towards a new sensibility However, towards the end of the '40s, the traditional "comedy" features associated with musicals, with their thin plots and the taken-fron-granted happy ending (which has been defined with the formula "boy meets girl/boy hated girl/girl hates boy/boy gets girl") was showing the first signs of change. Already in 1948, the English musical The red shoes (by Michael Powell e Emeric Pressburger) staged the story of a dancer who, after enduring very hard training sessions and torn between the love for dancing and her love for a composer, identifies so much with her stage character as to dance until her death. We are obviously at the opposite end of the classical Hollywood musical, since we are dealing with a melodrama staged in abstract, rather than realistic, forms. "It is at the same time romantic and expressionistic, a day-dream and a nightmare, a psychological drama and a fairy tale, an anomalous mix of popular narrative, bad taste, overindulgence in sterotypes and visual experimentation, overturning of conventions, dizzy reinvention of reality"(Note 3) |
Di lì a pochi anni, il melodramma musicale avrebbe fornito altri
significativi esempi, tra cui i film biografici, solitamente di una star
femminile che passa dall'essere totalmente sconosciuta ad un successo
strepitoso, fino ad un lento declino fatto di droghe, alcool, ecc. Uno
dei più famosi di questo tipo di film, in realtà, capovolge la
situazione, in quanto è il marito della star che diventa preda
dell'alcool e della depressione. La storia narrata da questo film è uno
dei più tipici casi di remake, ossia di rifacimenti posteriori:
la prima versione (non un musical) di E' nata una stella (di William A. Wellman, USA 1937
- si veda la versione in lingua
originale qui) - è stata seguita da
una versione del 1954 (interpretata da
James Mason e Judy Garland, che
per questo ruolo ottenne la sua unica nomination all'Oscar),
poi da una successiva versione nel 1976 (con
Kris Kristofferson e
Barbra
Streisand), per arrivare alla recente versione con
Bradley Cooper
e Lady
Gaga. (Per un confronto tra le tre versioni del musical, in inglese, si
veda qui.) |
Within a few years, several other examples of musical melodrama would be produced, among which biographical films, usually of a female star who goes from being completely unknown to a resounding success, until she starts a slow decline through drugs, alcohol, etc. One of the best known of these "biopics" actually reverses the situation, since it is the star's husband who falls a prey to alcohol and depression. The story told by this movie is one of the most typical cases of a remake, i.e. a new version of a previous movie: the first version (not a musical) of A star is born (by William A. Wellman, USA 1937 - see the original English version here) - was followed by a remake in 1954 (with James Mason and Judy Garland, who got her only Academy Award nomination), then by another version in 1976 (with Kris Kristofferson and Barbra Streisand), and finally by the recent version with Bradley Cooper and Lady Gaga. (See a comparison of the three versions of the musical, in English, here.) |
E' nata una stella/A star is born (di/by George Cukor, USA 1954) |
E' nata una stella/A star is born (di/by Frank Pierson, USA 1976) |
E' nata una stella/A star is born (di/by Bradley
Cooper, USA
2018) |
Anche le classiche
star hollywoodiane apparvero in film che in qualche modo
presentavano un lato, se non drammatico, certamente più disincantato: è
il caso di Gene Kelly, che in
E' sempre bel tempo (di
Gene Kelly e Stanley Donen, USA 1955), ritrova, dopo un distacco di
dieci anni a causa della guerra, due vecchi amici - solo per scoprire,
amaramente, che non hanno più niente in comune. Ed è anche il caso di
Fred Astaire, che, in Spettacolo di varietà (di Vincente
Minnelli, USA 1953), inizia con la consapevolezza, da parte del
ballerino, che i bei tempi sono passati: ma presto viene coinvolto nella
preparazione di un nuovo spettacolo che, dopo alcune disavventure che
offrono lo spunto per altrettanti numeri musicali, ha un successo
trionfale. Astaire, che all'epoca aveva 53 anni, danzò in un numero
rimasto famoso, "Dancing in the dark", con Cyd Charisse (trentunenne),
nel Central Park di New York. Non a caso questa esibizione verrà ripresa
molti anni dopo, con rimandi evidenti all'originale, in La La Land
(di Damien Chazelle, USA 2016, con
Ryan Gosling e
Emma Stone): come si vede, ancora un caso di
persistenza dell'immaginario del musical classico ai giorni nostri. |
Even the classical Hollywood stars appeared in movies which were
somehow bent towards a more dramatic, if not disillusioned, side: it
happened with Gene Kelly, who, in
It's always fair weather
(by Gene Kelly e Stanley Donen, USA 1955) meets two long-lost friends
after the war - only to bitterly find out that they have now nothing
more in common. Much on the same lines, The bandwagon
(by Vincente Minnelli, USA 1953) stars Fred Astaire as a "fallen star",
ready to admit that the good old days are over: however, in this case,
he soon gets involved in the preparation of a new show which, after a
series of events which introduce musical numbers, finally meets with a
great success. Astaire, who was 53 at the time, danced in a famous
number, "Dancing in the dark", with Cyd Charisse (who was 31), set in
New York's Central Park. It is not by chance that this performance was
revived many years later, with clear references to the original, in
La La Land (by Damien Chazelle, USA
2016, with Ryan
Gosling and Emma
Stone): as can be seen, this is a further example of the
persistence of the motifs and
conventions of the classical musical even today. |
Spettacolo di varietà/The bandwagon (di/by Vincente Minnelli, USA 1953) La La Land (di/by Damien Chazelle, USA 2016) |
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6. Verso la fine dell'"età d'oro" West Side Story è solo uno degli esempi di adattamento cinematografico di successi teatrali di Broadway, che continuò a fornire a Hollywood, anche in questi anni di declino del musical, spunti per nuovi film: da Anna prendi il fucile (di George Sidney, USA 1950) a Show Boat (di George Sidney, USA 1951), da Baciami Kate! (di George Sidney, USA 1953), a Bulli e pupe (di Joseph L. Mankiewicz, USA 1955, famoso per le interpretazioni di Marlon Brando, Frank Sinatra, Jean Simmons e Vivian Blaine, vedi qui sotto), da Oklahoma! (di Fred Zinnemann, USA 1955) a Carousel (di Henry King, USA 1956), da Il re ed io (di Walter Lang, USA 1956, che valse a Yul Brynner un Oscar come miglior attore e a Deborah Kerr una nomination) a Funny face (di Stanley Donen, USA 1956, rifacimento di un musical di Broadway del 1927, e in un certo senso un testamento per un quasi sessantenne Fred Astaire affiancato da una giovanissima Audrey Hepburn). |
6. Towards the end
of the "golden age" West Side Story is only one example of Hollywood adaptations of successful Braodway shows. Even in this period of decline of the musical, Broadway continued to provide Hollywood with ideas for new movies: from Annie get your gun (by George Sidney, USA 1950) to Show Boat (by George Sidney, USA 1951), from Kiss me Kate! (by George Sidney, USA 1953), to Guys and dolls (by Joseph L. Mankiewicz, USA 1955, with Marlon Brando, Frank Sinatra, Jean Simmons and Vivian Blaine, see below), from Oklahoma! (by Fred Zinnemann, USA 1955) to Carousel (by Henry King, USA 1956), from The King and I (by Walter Lang, USA 1956, for which Yul Brynner was awarded an Academy Award as Best Actor and Deborah Kerr got a nomination) to Funny face (by Stanley Donen, USA 1956, the remake of a 1927 Broadway musical, and, in a way, a swansong for a nearly sixty-year-old Fred Astaire, acting side-by-side with a very young Audrey Hepburn). |
Bulli e pupe/Guys and dolls (di/by Joseph L. Mankiewicz, USA 1955), presentato da Ed Sullivan durante il suo spettacolo televisivo del sabato sera/introduced by Ed Sullivan during his Saturday night TV show |
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Nel frattempo, si
incominciavano ad intravvedere variazioni, più o meno consistenti, del
musical "classico": ad esempio, l'adattamento di opere come
Carmen
Jones (di Otto Preminger, USA 1954, dall'opera di George Bizet, a
sua volta ispirata ad un racconto di Prosper Mérimée, e già portata
sulle scene a Broadway da
Oscar Hammerstein II
nel 1943), un black
musical, cioè con un cast di soli afro-americani. D'altro canto, si
cominciava ad affermare quella che fu chiamata "musical comedy", in cui
cioè in una sostanziale commedia, con una sua esile trama, vengono inseriti numeri musicali: ne è un esempio preliminare
Gli uomini preferiscono le bionde (di Howard Hawks, USA 1953,
vedi qui sotto),
con Marilyn Monroe e
Jane Russell: "commedia ... frivolissima e
radicalmente irrealistica dove i personaggi sono oltraggiosamente
caricaturali" (Nota 3). E non bisogna dimenticare l'onnipresente Walt
Disney, che continuò a sfornare cartoni animati di grande successo,
disegnati a mano, con notevoli colonne sonore: valga per tutti, come
esempio, Alice nel paese delle meraviglie (di
Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson, USA 1951). |
In the meantime, more or less substantial variations of the classical musical began to appear: for example, the adaptations of operas like Carmen Jones (by Otto Preminger, USA 1954, from George Bizet's opera, in its turn inspired by story by Prosper Mérimée, already adapted as a Broadway show by Oscar Hammerstein II in 1943), a black musical, i.e. with an all African-American cast. On the other hand, new musicals which would soon be called "musical comedies" started to appear - comedies with a thin plot and more or less congruent musical numbers: as an early example, consider Gentlemen prefer blondes (by Howard Hawks, USA 1953, see below), with Marilyn Monroe and Jane Russell: "a comedy ... frivolous and radically unrealistic where characters are outrageously grotesque" (Note 3). And we cannot forget the ever-present Walt Disney, who continued to produce very successful cartoons, hand-drawn and featuring remarkable musical scores: as an example, take Alice in wonderland (by Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson, USA 1951). |
Gli uomini preferiscono le bionde/Gentlemen prefer blondes (di/by Howard Hawks, USA 1953) |
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Era insomma evidente che il musical stava esaurendo la sua carica
originale, che lo aveva portato ad essere uno dei più popolari generi
cinematografici per un trentennio, mentre si affacciavano nuove
tendenze, che lo avrebbero, ma solo in parte, rinnovato, dando più
spesso origine a nuove forme (se non proprio a nuovi generi) di
combinazione di storie con musiche, balletti e canzoni. Fine della Seconda parte. Vai alla Terza parte |
It was
obvious that the musical was losing its original energy - what had made
it one of the most popular film genres for more than thirty years. Other
trends appeared, which would, but only in part, renew it, while new
combinations of its essential ingredients (music, song and dance) would
replace and challenge the established ones. End of Part 2. Go to Part 3 |
Note/Notes
(1) Dyer R. 2002. "Entertainment and utopia", in Cohan S. (ed.) Hollywood musicals, the Film reader, Routledge, London and New York.
(2) Cohan S. 2002. "Introduction: Musical of the studio era", in Cohan S. (ed.) Hollywood musicals, the Film reader, Routledge, London and New York.
(3) Il Morandini: Dizionario dei film, Zanichelli, Bologna.
Per
saperne di più ... * Dal sito movieconnection.it: Appunti sul musical, di Dario Dalla Mura e Elena Peloso * Dall'Enciclopedia del cinema Treccani: Musical di Massimo Marchelli * Dal sito La Comunicazione- Dizionario di scienze e tecniche: Musical di Guido Michelone * Tesi di Laurea di Chiara Cometto - Università Ca' Foscari di Venezia: Dal palcoscenico allo schermo. Per un'analisi dell'adattamento del musical per il cinema |
Want to know more? * The musical genre - An exploration of integrated vs non-integrated films in the musical genre, by Joe Burke, Victoria Garrity and Cara McGonagle * From the Udiscovermusic website: The sound of film musicals: How song shaped showbusiness on the silver screen by Martin Chilton * Codes and conventions of film musicals a PowerPoint presentation by JC Clapp, North Seattle College * From the filmsite.org website, written and edited by Tim Dirks: Musicals - Dance films * From the Film Reference website: Musicals * From the paredes.us website: The musical film: The unbelievable genre by Ramon Paredes |