Dossier
Dossiers

Produttori e sceneggiatori:
 le "figure nascoste" del cinema

Producers and screenwriters:
 the "hidden figures" of filmmaking



Questo Dossier fa parte del progetto

I film sul cinema: uno sguardo "dall'interno" sul mondo del cinema

Gli altri Dossier del progetto sono:

* I film sul cinema: introduzione generale
* Le divinità del cinema: ascesa e caduta delle stelle
* Sul set: assistere alle riprese di un film
* Registi dentro e fuori dal set
* Il "sistema di Hollywood": dietro le quinte della "fabbrica dei sogni"

* I "film nei film": lo spettatore raddoppiato
* Il "meta-cinema": quando il cinema riflette su se stesso







This Dossier is part of the project

Movies about movies: insiders' looks at the world of cinema

The other
Dossiers in the project are:

* Movies about movies: a general introduction
*
Movie gods and goddesses: the rise and fall of stars
* On the set: watching films being made
* Directors on and off the set  
* The "Hollywood system": behind the scenes of the "dream factory"

* "Films within films": viewers watching viewers
* "Meta-cinema": when movies reflect on themselves




Note:
-  E' disponibile una versione pdf di questo Dossier.

-  Alcuni video di YouTube, segnalati dal simbolo forniscono sottotitoli generati
   automaticamente. Clicca qui per dettagli su come visualizzarli.

-  Il simbolo  indica che il video è disponibile solo direttamente su YouTube.



Notes:

-  A pdf version of this Dossier is available.
-  Some YouTube videos, featuring the icon, provide automatically generated subtitles. Click here to see how to visualize them.
The symbol means that the video is only available directly on YouTube.
1. I produttori

La realizzazione di un film è un'impresa collettiva e cooperativa, nel senso che comporta l'interazione tra una miriade di figure professionali diverse, anche se, agli occhi dell'opinione pubblica in generale, sono i registi e, soprattutto, gli interpreti a ricevere la massima attenzione ed esposizione mediatica. Vero è che, se abbiamo la pazienza di leggere i titoli finali di un film, negli ultimi decenni vengono elencate decine, spesso centinaia, di persone che, a vario titolo, sono state coinvolte nella sua creazione. Molte di queste figure appartengono alla categoria dei "tecnici" (ad es., fonici, elettricisti, fotografi, carpentieri, ecc.), ma tra i professionisti che, subito dopo o accanto ai nomi di registi e interpreti vengono più spesso menzionati, tanto da comparire anche spesso nei titoli di testa, ci sono certamente i produttori e gli sceneggiatori.

Il produttore è, tradizionalmente, colui o colei (o oggi, più spesso, "coloro") che hanno la responsabilità di reperire i finanziamenti, primissima base per la realizzazione di un film. Nel variegato panorama mediatico attuale, i finanziamenti possono giungere anche da persone che sono o possono essere coinvolte nel film a vario titolo: ad esempio, non è raro che registi e/o interpreti partecipino alla messa a disposizione dei fondi necessari (assumendosi anche i relativi rischi). Tuttavia, la figura del produttore continua ad occupare un ruolo centrale. Ma solo perché assicura la disponibilità finanziaria o perché interviene anche in altro modo? E, in particolare, si tratta di una figura dal profilo esclusivamente o prevalentemente "finanziario" o può svolgere ruoli più "creativi"?

La risposta non è semplice nè univoca, e vale comunque sia per il classico sistema produttivo hollywoodiano che per gli scenari di produzione successivi e attuali. Certamente, se non è del produttore l'idea iniziale alla base di un film, si deve a lui/lei la scelta di questa idea (tra mille altre possibili), nonchè i passi immediatamente successivi, tra cui la scelta di uno o più sceneggiatori che realizzino una prima versione del copione (script), che a sua volta il produttore può sottoporre a registi e magari anche subito a possibili interpreti (cast). Il processo decisionale del produttore resta comunque centrale in tutte le fasi successive della lavorazione, che si tratti di scegliere le locations, i costumi, il direttore della fotografia o di definire molti altri aspetti più propriamente tecnici ed il relativo personale (crew). Dunque non è azzardato affermare che il produttore può rivestire un ruolo "creativo", e ciò vale per tutte le fasi della produzione, dalle decisioni preliminari (pre-produzione), alle riprese (produzione vera e propria), alla post-produzione (montaggio, distribuzione, promozione, pubblicità, e così via). Alcuni produttori possono anche riservarsi la scelta del final cut, cioè della versione definitiva che, magari dopo una o più proiezioni come test di fronte ad alcuni pubblici, sarà quella che verrà ufficialmente distribuita (nelle sale come sulle piattaforme di streaming). La complessità di tutte queste funzioni, oltre alla necessità di raccogliere capitali finanziari sempre più ingenti, porta a volte alla presenza di più di un produttore, e tra tutti coloro che si assumono questro ruolo alcuni possono essere "delegati" a prendere le effettive decisioni concrete, nel qual caso diventano "produttori esecutivi".

Come vedremo dagli esempi che seguono, le caratteristiche fondamentali di questa figura non sono sostanzialmente cambiate nel corso del tempo. I film che li hanno come protagonisti o come personaggi comunque non secondari, tuttavia, non sono molti, specialmente se li confrontiamo con i film che raccontano storie relative agli interpreti (specialmente se riconosciute star del sistema) o ai registi. Vedremo anche che la maggior parte delle figure di produttore che appariono nei "film sul cinema" sono più spesso negative, o comunque presentano aspetti professionali e/o personali per lo meno problematici - il che naturalmente contribuisce a creare situazioni drammatiche di conflitto e persino di violenza, e quindi ad accrescere il livello di interesse del film stesso.

La figura del produttore nel sistema hollywoodiano classico è magistralmente raffigurata in Il Bruto e la bella (si veda il trailer nel Video 1 qui sotto), dove Kirk Douglas interpreta Jonathan Shields, professionista cinico e senza scrupoli, che vediamo manipolare con estrema abilità le altre figure centrali nella produzione di un film: così non esita ad abbandonare, a favore di un altro, l'amico regista Fred Amiel (Barry Sullivan), con cui ha costruito le prime fasi della sua carriera, proprio nel momento in cui Amiel potrebbe dirigere finalmente un film più personale; l'attrice Georgia Lorrison (Lana Turner), da lui lanciata come star, diventata poi sua amante ma abbandonata per un'altra donna; e lo sceneggiatore Harry Pebbel (Walter Pidgeon), che aveva trasformato da oscuro professore universitario in brillante soggettista e scrittore, salvo poi, per suo interesse, spingerne la moglie nelle braccia di un attore. Insomma, un ritratto a tutto tondo del potere del produttore, perno di un sistema produttivo superficialmente attraente e affascinante quanto retto da interessi meschini e disumani: le due facce del cinema, l'illusione e la menzogna, da una parte, e la spietata realtà tutta volta alla fama, al successo e al guadagno, dall'altra. E Douglas dipinge una figura di diavolo calcolatore cui gli altri devono vendere l'anima se vogliono farsi strada in questa giungla dorata: arrogante e manipolatore, ma consapevole del fascino che esercita su tutti, e di cui non esita a servirsi per scalare la via del successo.

Tuttavia, il film è interessante anche per come mostra l'effettivo potere del produttore nelle scelte di contenuto e di stile che sottostanno alla produzione di un film. Così, ad esempio, nelle prime fasi della sua carriera, Shields deve accontentarsi di produrre film horror e western a basso costo insieme all'amico regista Amiel, ma sa essere creativo per fare di necessità virtù: e di fronte ad una bizzarra sceneggiatura incentrata sulle avventure di improbabili uomini-gatto, dimostra all'amico quali siano gli elementi su cui far leva per suscitare la paura e la suspense nel pubblico (Video 2). Ed anche nei suoi rapporti coi registi, Shields ha delle visioni chiare, come quando (Video 4) mette in discussione le scelte del regista Von Ellstein (interpretato da Ivan Triesault, e modellato sulle figure, già mitiche, di Fritz Lang e Erich von Stroheim), che vorrebbe fargli capire che un film non può essere costruito solo su continui climax, cioè punti di massima tensione: Shields taglia corto su questi ragionamenti "stilistici" di Von Ellstein dicendogli che "quando vorrò una conferenza sull'estetica cinematografica te la chiederò".

(N.B. Su questo film si veda anche il Dossier di Introduzione a questo stesso progetto.)

1. Producers

The making of a film is a collective and cooperative enterprise, in the sense that it involves the interaction between a myriad of different professional figures, even if, in the eyes of public opinion in general, it is the directors and, above all, the performers who receive maximum attention and media exposure. It is true that, in recent decades, if we are patient enough to read the final credits of a film, dozens, often hundreds, of people who, in various capacities, were involved in its creation, are listed. Many of these figures belong to the category of "technicians" (e.g. sound engineers, electricians, photographers, carpenters, etc.), but among the professionals who, immediately after or next to the names of directors and performers, are more often mentioned, often appearing often in the opening credits, there are certainly producers and screenwriters.


The producer is, traditionally, the one (or today, more often, the ones) who have the responsibility of finding funding, the very first basis for making a film. In the current variegated media panorama, financing can also come from people who are or may be involved in the film in various capacities: for example, it is not uncommon for directors and/or performers to participate in making the necessary funds available (also taking on the relevant risks). However, the figure of the producer continues to occupy a central role. But only because she or he ensures financial availability or because he also acts in other ways? And, in particular, is it a figure with an exclusively or predominantly "financial" profile or can it play more "creative" roles?

The answer is neither simple nor unequivocal, and it is in any case valid for both the classic Hollywood production system and for the subsequent and current production scenarios. Of course, if the initial idea behind a film does not come from the producer, he/she is responsible for the choice of this idea (among a thousand other possible ones), as well as the immediately subsequent steps, including the choice of one or more screenwriters that create a first version of the script, which in turn the producer can submit to directors and perhaps even immediately to possible interpreters (cast). However, the producer's decision-making process remains central in all the subsequent phases of the production, whether it is a question of choosing the locations, the costumes, the director of photography or of defining many other more strictly technical aspects and the relative staff (crew). So it is not going too far to say that the producer can play a "creative" role, and this applies to all stages of production, from preliminary decisions (pre-production), to filming (actual production), to post-production (editing, distribution, promotion, advertising, etc.). Some producers may also reserve the choice of the final cut, that is the definitive version which, perhaps after some test screenings in front of an audience, will be the one that will be officially distributed (in theatres as on streaming platforms). The complexity of all these functions, in addition to the need to raise increasingly large financial capital, sometimes leads to the presence of more than one producer, and among all those who assume this role, some may be "delegated" to make the actual concrete decisions, in which case they become "executive producers".

As we will see from the following examples, the fundamental characteristics of this figure have not substantially changed over time. However, there aren't many films that have them as protagonists or non-secondary characters, especially if we compare them with films that tell stories related to performers (especially if recognized stars of the system) or directors. We will also see that most of the producer figures who appear in "films about cinema" are more often negative, or in any case present professional and/or personal aspects that are at least problematic - which naturally contributes to creating dramatic situations of conflict and even violence, and therefore to increasing the level of interest of the film itself.

The figure of the producer in the classic Hollywood system is masterfully depicted in The bad and the beautiful (see the trailer in Video 1 below), where Kirk Douglas plays Jonathan Shields, a cynical and unscrupulous professional, whom we see manipulating with extreme skill the other central figures in the production of a film: so he does not hesitate to abandon his friend director Fred Amiel (Barry Sullivan), with whom he built the first stages of his career, in favour of another, at the very moment in which Amiel could finally direct a more personal film; the actress Georgia Lorrison (Lana Turner), whom he launched as a star, who later became his lover but was then abandoned for another woman; and screenwriter Harry Pebbel (Walter Pidgeon), whom he had transformed from an obscure university professor into a brilliant scriptwriter and writer, only to push his wife into the arms of an actor. In short, an all-round portrait of the power of the producer, the pivot of a production system that is superficially attractive and fascinating as it is governed by petty and inhuman interests: the two faces of cinema, illusion and lies, on the one hand, and the ruthless reality aimed at fame, success and gain, on the other. And Douglas paints a figure of a calculating devil to whom others have to sell their soul if they want to make their way in this golden jungle: arrogant and manipulative, but aware of the fascination he exerts on everyone, whom he does not hesitate to use to climb the path to success.

However, the film is also interesting in how it shows the real power of the producer in the choices of content and style that underlie the production of a film. Thus, for example, in the early stages of his career, Shields has to be satisfied with producing low-budget horror and western films together with his friend director Amiel, but he knows how to be creative and make a virtue out of necessity: and faced with a bizarre script centered on the adventures of improbable cat-men, demonstrates to his friend what are the elements to stress in order to arouse fear and suspense in the audience (Video 2). And even in his relations with directors, Shields has clear visions, such as when (Video 4) he questions the choices of director Von Ellstein (played by Ivan Triesault, and modeled on the already mythical figures of Fritz Lang and Erich von Stroheim), who hopelessly try to persuade him that a film cannot be built only on continuous climaxes, i.e. points of maximum tension: Shields cuts short these "stylistic" reasonings by Von Ellstein by telling him that "when I want a lecture on cinematographic aesthetics I will ask you ".

(N.B. On this film, see also the Introduction to this same project.)

 
Video 1: Trailer

Video 2: Italiano                                                                                             Video 3: English

Video 4

Il bruto e la bella/The bad and the beautiful (di/by Vincente Minnelli, USA 1952)

 
Anche se incentrato sulla figura di un attore, Il grande coltello (si veda il trailer nel Video 1 qui sotto) offre un ritratto amaro e feroce dell'ambiente hollywoodiano (per lo meno relativamente ai tempi in cui fu realizzato). Charlie Castle (Jack Palance) è un attore di successo, ma su cui la tensione del lavoro e del ruolo da star che deve giocare continuamente ha reso nevrotico e psicologicamente instabile. Non lo aiutano i problemi familiari, una tendenza all'alcolismo e una macchia nel suo passato. In particolare, la moglie (Ida Lupino), stanca di questa situazione, medita di divorziare, ma sarebbe disposta a rimanere con lui se rinunciasse a rinnovare un contratto con il potente e cinico produttore Stanley Shriner Hoff (Rod Steiger), che lo legherebbe a sè per altri sette anni. La figura di Stanley è cruciale per mostrare quanto la vita privata di un attore, la sua stessa libertà di azione e decisione, sia condizionata dal potere degli studios. Nel Video 2, assistiamo ad un violento litigio tra Charlie e Stanley, che non esita a ricordargli dove sta il potere: "Chi sei tu? Una specie di aristocratico perchè il pubblico femminile vuole far l'amore con te? Chi sei tu, con le tue unghie sporche? E che cosa sei? Io ho costruito lo studio  ... io, con la mia testa, il mio cervello, le mie mani ... Ti scaverai la fossa con quello che dici ...". E le figure che fanno da contorno al contrasto tra l'attore e il produttore sono pronte ad elaborare compromessi, in particolare facendo pressioni sulla moglie. Nulla in realtà può salvare Charlie dalla morsa in cui viene stritolato, e la fine sarà tragica ...

Il grande coltello, tuttavia, non fu un successo al botteghino:

"Il produttore-regista Robert Aldrich sostiene che il film è onesto, ma sente di aver fallito nel comunicare la situazione essenziale: un uomo intrappolato dalla ricchezza e da un senso di integrità compromessa. Aldrich ha detto: 'Il pubblico di massa non poteva identificarsi con quest'uomo. Per loro era una situazione aliena ... se un ragazzo deve decidere di prendere o meno 5.000 dollari a settimana, dove diavolo sta il problema?' Il nostro problema era che quello non era il vero punto della storia. Era una questione di integrità interna che chiunque potrebbe avere". (Nota 1)

D'altronde, questo dualismo tra creatività/integrità, da un lato, e successo/denaro, dall'altro, ha costituito una costante nel sistema di Hollywood, e permane, seppure con declinazioni diverse, anche oggi.


Although focused on the figure of an actor, The big knife (see the trailer in Video 1 below) offers a bitter and ferocious portrait of the Hollywood environment (at least in relation to the times in which it was made). Charlie Castle (Jack Palance) is a successful actor - but the strain of work and the star role that he has to play have made him neurotic and psychologically unstable. Family problems, a tendency to alcoholism and a stain on his past don't help him. In particular, his wife (Ida Lupino), tired of this situation, contemplates a divorce, but would be willing to stay with him if he gave up renewing a contract with the powerful and cynical producer Stanley Shriner Hoff (Rod Steiger), which would bind him to Stanley for another seven years. The figure of Stanley is crucial in showing how much the private life of an actor, his very freedom of action and decision, is conditioned by the power of the studios. In Video 2, we witness a violent argument between Charlie and Stanley, who doesn't hesitate to remind him where the power lies: "Who are you? A kind of aristocrat because the female public wants to make love with you? Who are you, with your dirty fingernails? And what are you? I built the studio ... I, with my head, my brain, my hands ... You will dig your own grave with what you say ...". And the figures that surround the contrast between the actor and the producer are ready to work out compromises, in particular by putting pressure on his wife. Nothing can actually save Charlie from the grip in which he is crushed, and the end will be tragic ...

The big knife, however, was not a box office hit:

"Producer-director Robert Aldrich maintains that the film is honest, but feels he failed in communicating the essential predicament - a man trapped by affluence and a sense of compromised integrity. Aldrich said, 'The mass audience couldn't identify with this man. To them it was an alien situation ... if a guy has to take or not take $5,000 per week, what the hell is the problem?' Our problem was that that was not the real point of the story. It was a question of internal integrity such as anyone might have." (Note 1)

On the other hand, this dualism between creativity/integrity, on the one hand, and success/money, on the other, has been a constant in the Hollywood system, and remains, albeit in different forms, even today.


   
Video 1: Trailer                                                                                                  Video 2
Il grande coltello/The big knife (di/by Robert Aldrich, USA 1955) - Il film completo in italiano è disponibile qui/The full film in English is available here.

Una figura emblematica, e al contempo straordinaria, di produttore è quella di The aviator (si vedano i trailer nei Video 1 e 2 qui sotto), che è in realtà un biopic, un film che narra una parte consistente della vita di Howard Hughes, leggendario produttore cinematografico nonchè magnate dell'industria aeronautica. In entrambi i settori Hughes portò la sua creatività, ma anche la sua determinazione e il coraggio nell'affrontare sfide ritenute dai più impossibili o quasi, battendosi per realizzare i suoi progetti (nonchè i suoi sogni e le sue ossessioni) contro ogni tipo di concorrenza. Il film racconta in particolare, una delle sue imprese più ardite, che univa le sue due passioni, ossia la realizzazione del "colossal" Angeli dell'inferno (USA 1930), un film su due piloti rivali durante la Prima Guerra Mondiale.

Per realizzare questo film (codiretto con James Whale, il futuro regista di Frankenstein - vedi il Dossier Registi dentro e fuori dal set, in questa stesso progetto), come per affrontare le altre sfide che gli si presentarono durante tutta la sua vita, Hughes dovette lottare duramente per assicurarsi i finanziamenti necessari: il film ebbe una lavorazione lunghissima, fu in parte rifatto e anche il montaggio ne rimandò l'uscita nelle sale. Girato in parte a colori, utilizzando veri aerei da combattimento, costò alla fine 40 milioni di dollari, una cifra per l'epoca straordinaria: rimane dunque una delle massime testimonianze, sia della debordante e quasi folle personalità del suo produttore/regista, sia della gigantismo dell'età d'oro di Hollywood.

Nel Video 3, vediamo Hughes (interpretato da Leonardo DiCaprio) alle prese con uno degli innumerevoli problemi incontrati durante la lavorazione del film: per assicurarsi altre due macchine da presa (oltre alle 24 già utilizzate), non esita a contattare la concorrenza, che naturalmente lo accoglie con sufficienza e ironia. E subito dopo, nel Video 4, a colloquio con il suo addetto stampa che cerca di convincerlo ad andare avanti con la lavorazione utilizzando i mezzi già in suo possesso, Hughes non esita a riaffermare con forza le sue decisioni: "Tu sei l'addetto stampa, vero? Dunque lascia a me le grandi idee". Così come, nel Video 5, per realizzare alcune riprese, "pretende" che ci siano nuvole in cielo: non intende sentire ragioni, vorrebbe quasi piegare la natura ai suoi fini, e resiste a tutte le pressioni dei suoi collaboratori per farlo "ragionare". Lo rivediamo poi sul set, sempre ossessionato dalle nuvole che mancano, finchè gli si comunica che il meteo sta diventando favorevole ... E nel Video 6, che ci mostra il terzo anno di lavorazione di Angeli dell'inferno, mentre si stanno febbrilmente montando le scene definitive a partire dall'enorme quantità di pellicola utilizzata (560 ore di negativo!), troviamo Hughes in sala proiezioni, dove, nuovamente, la sua mania di perfezionismo lo induce a portare ancora cambiamenti: e non cede di fronte all'amico collega produttore, che gli ricorda che entrambi sono uomini d'affari, e che queste lungaggini gli stanno costando 25.000 dollari al giorno. La sua risposta è: "E allora?". Messo alle strette, decide di ipotecare ogni sua attività, ben sapendo i rischi che sta correndo. E lo lasciamo con la sua immagine di ossessione titanica, sullo sfondo delle scene di battaglie aeree proiettate nella sala ...

An emblematic, and at the same time extraordinary, figure of a producer appears in The aviator (see the trailers in Video 1 and 2 below), which is actually a biopic, a film that narrates a substantial part of the life of Howard Hughes, a legendary film producer and aviation magnate. Hughes brought his creativity to both sectors, but also his determination and courage in facing challenges considered by most to be almost impossible, fighting to realize his projects (as well as his dreams and his obsessions) against every type of competition. In particular, the film recounts one of his most daring feats, which combined his two passions, namely the creation of the "colossal" Hell's Angels (USA 1930), a film about two rival pilots during the First World War.

To make this film (co-directed with James Whale, the future director of Frankenstein - see the Dossier Directors on and off the set in this same project), as well as to face the challenges throughout his life, Hughes had to fight hard to secure the necessary funding: the film was very long in producing, was partially remade and even the editing postponed its release in theatres. Partly shot in colour, using real fighter planes, it ultimately cost 40 million dollars, an extraordinary figure for the time: it therefore remains one of the greatest testimonies, both of the overflowing and almost crazy personality of its producer/director, and of the gigantism of the Golden Age of Hollywood.

In Video 3, we see Hughes (played by Leonardo DiCaprio) grappling with one of the innumerable problems encountered during the making of the film: to secure another two cameras (in addition to the 24 already used), he does not hesitate to contact the competition, which naturally welcomes him with condescension and irony. And immediately afterwards, in Video 4, in conversation with his press officer who tries to convince him to go ahead with the work using the means already in his possession, Hughes does not hesitate to forcefully reaffirm his decisions: "You are the press, right? So leave the big ideas to me." Just as, in Video 5, to make some shots, he "wants" the presence of clouds in the sky: he doesn't intend to listen to reasons, he would almost like to bend nature to his own ends, and resists all the pressures of his collaborators to make him "reason". We then see him again on the set, always obsessed with the missing clouds, until he is told that the weather is becoming favourable ... And in Video 6, which shows us the third year of production of Hell's Angels, while they are feverishly editing the definitive scenes starting from the enormous quantity of film used (560 hours of negative!), we find Hughes in the projection room, where, again, his mania for perfection induces him to make more changes: and he does not give in to his friend fellow producer, who reminds him that both are businessmen, and that this delay is costing them $25,000 a day. His answer is: "So what?". Cornered, he decides to mortgage all his assets, knowing very well the risks he is running. And we leave him with his image of titanic obsession, against the background of the air battle scenes projected in the room ...
 
Video 1: Trailer italiano                                                                                Video 2: English  trailer
 
Video 3
 
Video 4
 
Video 5

Video 6
The aviator (di/by Martin Scorsese, USA 2004)
Anche Gli ultimi fuochi, ultimo film diretto da Elia Kazan nel 1976 (si vedano i trailer nei Video 1 e 2 qui sotto), riesce a trasmettere l'atmosfera irreale in cui è calato il mondo del cinema, incentrandosi sulla figura di Monroe Stahr (Robert De Niro), giovane produttore rampante che simboleggia, come suggerisce il titolo, il mito di una Hollywood decadente e ormai avviata alla perdita dei suoi valori tradizionali: una riflessione amara su un mondo che, in quell'epoca, stava subendo profonde trasformazioni. Eppure, Stahr viene dipinto come una persona che ha un'idea di cinema molto personale ma anche molto concreta e sfaccettata: si veda, nel Video 3, la scena in cui, di fronte alla rimostranze di uno sceneggiatore (Donald Pleasence) che si lamenta della scarsa qualità dei collaboratori che gli sono stati affiancati, si impegna in una vera e propria dimostrazione di "cosa sia il cinema" e di come si costruisce un'azione drammatica. E quando lo sceneggiatore, chiaramente coinvolto in questa "dimostrazione", gli chiede, "E poi cosa succede?, Stahr risponde semplicemente ma ironicamente, "Non lo so. Stavo solo facendo del cinema ...". Raramente si è vista una "lezione esperienziale" di cinema così chiara e coinvolgente.

Ciò non toglie che la figura di Stahr, in quanto produttore, sia anche ben definita nei termini dell'organizzazione produttiva a cui appartiene: in questa veste è illuminante la scena (Video 5) in cui incontra un potente rappresentante sindacale, Brimmer (Jack Nicholson) che si lamenta di come siano trattati, anche economicamente, gli sceneggiatori. Stahr non ha peli sulla lingua: per lui, gli sceneggiatori sono bambini, il cinquanta per cento sono degli ubriaconi, e, nonostante siano solo dei gagmen, cioè dei produttori di scenette, vengono comunque chiamati "scrittori" ... a cui Stahr è pronto a fornire denaro, ma non potere. E più avanti, nel corso di una serata in un ristorante, Stahr torna a parlare degli sceneggiatori: "Mi piacciono, li capisco ... Non penso di avere più cervello di uno sceneggiatore, penso solo che il suo cervello mi appartenga ...". E la serata, dopo una partita a ping pong, quasi emblematica della scontro tra figure produttive che si sta svolgendo, finirà in una violenta colluttazione: di nuovo, un simbolo di come, sotto la patina superficiale del mondo del cinema, si celino non troppo sopite cause di ingiustizie e violenze. E non a caso testimone e attore privilegiato di questi scontri è proprio la figura del produttore, "cerniera" tra i vari interessi professionali e finanziari in gioco.

The last tycoon, too, the last film directed by Elia Kazan in 1976 (see the trailers in Video 1 and 2 below), manages to convey the unreal atmosphere in which the world of cinema has fallen, focusing on the figure of Monroe Stahr (Robert De Niro), a young rampant producer who symbolizes, as the title suggests, the myth of a decadent Hollywood now on the way to losing its traditional values: a bitter reflection on a world which, at that time, was undergoing profound transformations. And yet, Stahr is portrayed as a person who has a very personal but also very concrete and multifaceted idea of ​​cinema: see, in Video 3, the scene in which, faced with the complaints of a screenwriter (Donald Pleasence) who complains of the poor quality of his collaborators, he engages in a real demonstration of "what cinema is" and how dramatic action is built. And when the screenwriter, clearly caught up in this "demonstration," asks, "And then what happens?, Stahr replies simply but wryly, "I don't know. I was just making cinema..." Seldom has one seen such a clear and engaging "experiential lesson" on cinema.

This does not mean that the figure of Stahr, as a producer, is also well defined in terms of the production organization to which he belongs: in this capacity see the scene (Video 5) in which he meets a powerful union representative, Brimmer (Jack Nicholson ) who complains about how screenwriters are treated, even economically. Stahr doesn't mince words: for him, screenwriters are children, fifty percent are drunkards, and, although they are only gagmen, i.e. producers of skits, they are still called "writers" ... to whom Stahr is ready to provide money, but not power. And later, during an evening in a restaurant, Stahr talks about the screenwriters again: "I like them, I understand them ... I don't think I have more brain than a screenwriter, I just think that his brain belongs to me .. .". And the evening, after a game of ping pong, almost emblematic of the clash between productive figures that is taking place, will end in a violent scuffle: again, a symbol of how, under the superficial patina of the world of cinema, injustice and violence are always at work. And it is no coincidence that the privileged witness  of these clashes is precisely the figure of the producer, the "hinge" between the various professional and financial interests at stake.
 
Video 1: Trailer italiano
 
Video 2: English trailer
 
Video 3: Italiano                                                                                        Video 4: English

Video 5

Gli ultimi fuochi/The last tycoon (di/by Elia Kazan, USA 1976) - Il film completo, in inglese con sottotitoli, è visibile qui/the full film is available here.


Un aggiornamento della figura del produttore a tempi più recenti è il tema dell'amara "commedia nera" di Robert Altman I protagonisti. Il famoso incipit del film consiste in un lungo piano-sequenza in cui ci vengono mostrate le frenetiche attività che si svolgono in una qualunque mattinata nella sede di uno studio cinematografico (si veda il video qui sotto). La macchina da presa inquadra una dipinto (in realtà, una scena tipo "vecchia Hollywood"), seguito subito da un "ciak", e arretra per mostrare un ufficio, poi il cortile interno, per soffermarsi sull'arrivo del protagonista, il produttore Griffin Mill (Tim Robbins), inseguito da uno sceneggiatore che tenta di raccontargli la trama di un possibile film ... Sempre all'interno dello stesso piano sequenza, vediamo Griffin ascoltare lo sceneggiatore che gli propone un "Il Laureato - Parte seconda", in cui gli stessi personaggi del film originale, venticinque anni dopo, vivono sotto lo stesso tetto, poichè la signora Robinson ha avuto un ictus ... e la sequenza procede di nuovo, allontanandoci dallo studio di Griffin per ritornare a mostrare tanti piccoli accadimenti che hanno luogo all'esterno ... nello stile consueto di Altman, magistrale nell'introdurre una moltitudine di personaggi, e farli interagire, anche con dialoghi "che si sovrappongono" (overlapping dialogues) all'interno della stessa ripresa.

Come lo spettatore avrà modo di notare nel prosieguo del film, Griffin Mill è un brillante e spietato dirigente di uno studio che ha il compito di ascoltare e leggere le storie degli sceneggiatori, al fine di decidere quali meritano di essere trasformate in un film. Dice che tra letteralmente migliaia di storie che gli vengono presentate, può sceglierne solo dodici ogni anno, ed è quindi obbligato a chiedere alla gente di raccontargli una storia in non più di 25 parole ... Griffin dunque è un personaggio in parte diverso dai produttori dell'"età d'oro" di Hollywood che abbiamo appena esaminato. La sua figura non è più circondata da un'aura fascinosa, è arrogante ma non superbo, manipolatore di uomini ed eventi, e in fondo svolge un lavoro stressante e monotono che lo porterà ad atteggiamenti paranoici (e persino all'omicidio). Ma il vero interesse di Altman è di mostrarci come il potere, e non certo la creatività, continui ad essere la caratteristica fondante del produttore, specialmente nei suoi rapporti con gli sceneggiatori (che non a caso, come abbiamo visto, gli propongono spesso dei remake o dei sequel di film famosi, nella speranza di "bissarne" il successo). La nuova Hollywood, sembra dirci Altman, è in fondo una continuazione della "vecchia" nel suo concentrarsi come sistema produttivo sul successo e il guadagno, a scapito anche della "creatività" e dell'originalità artistica:

"[Ai vecchi tempi] c'era ancora l'avidità ma funzionava. L'idea era che se avevi un tipo che fosse un buon attore e alla gente piacesse, un bravo scrittore e un buon regista, lasciavi che quelle persone facessero il film e poi avrebbero deciso come venderlo. Ora prima cercano di capire come venderlo e poi provano a fare il film  che hanno venduto ... Queste società non hanno nessuno che le gestisca, questo è il cambiamento" (Nota 2)

Dato il "fuoco" centrale del film, non abbiamo in I protagonisti molte scene che mostrano la lavorazione dei film: ciò che è messo in risalto è di fatto la continuità del "sistema hollywoodiano" anche in tempi ben lontani e ben diversi dalla sua "età d'oro".

"Gli studi commercializzano e mitizzano il loro passato per guadagnare sul fascino accumulato di Hollywood. I barlumi della vecchia Hollywood intensificano il contrasto con gli studios di oggi retti dal denaro e dal potere ... I protagonisti contrasta la realtà di Hollywood con due idealizzazioni correlate: cosa il pubblico immagina che il cinema di Hollywood sia, e ciò che il pubblico e i professionisti di Hollywood di oggi immaginano fosse Hollywood al culmine del sistema degli studios. I miti del sistema degli studios costituiscono la spina dorsale del mito complessivo di Hollywood, in parte perché Hollywood ha promosso quei miti nei film su Hollywood, promuovendoli anche quando intendeva criticarli o smascherarli". (Nota 3)

(N.B. Per un'ulteriore analisi di questo film, si veda l'Introduzione a questo progetto.)



An update of the figure of the producer to more recent times is the theme of Robert Altman's bitter "black comedy" The player. The famous incipit of the film consists of a long shot in which we are shown the frantic activities that take place during an ordinary morning in a film studio (see the video below). The camera frames a painting (actually, an "old Hollywood" type scene), immediately followed by a "clapperboard", and moves back to show an office, then the internal courtyard, to linger on the arrival of the protagonist, the producer Griffin Mill (Tim Robbins), pursued by a screenwriter who tries to tell him the plot of a possible film ... Still within the same long shot, we see Griffin listening to the screenwriter who offers him the plot of "The Graduate - Part Two", in which the same characters from the original film, twenty-five years later, live under the same roof, as Mrs. Robinson has had a stroke ... and the sequence proceeds again, moving away from Griffin's studio to return to showing many small happenings that take place outside ... in Altman's usual style, masterful in introducing a multitude of characters, and making them interact, even with "overlapping dialogues" within the same shot or sequence.

As the viewer will notice later in the film, Griffin Mill is a brilliant and ruthless studio executive who is tasked with hearing and reading the stories of the writers, in order to decide which ones deserve to be made into a film. He says that out of literally thousands of stories presented to him, he can only pick twelve each year, and is therefore forced to ask people to tell him a story in no more than 25 words… Griffin is thus a somewhat different character from the producers of the "golden age" of Hollywood we just reviewed. His figure is no longer surrounded by a fascinating aura, he is arrogant but not superb, a manipulator of men and events, and deep down he carries out a stressful and monotonous job that will lead him to paranoid attitudes (and even murder). But Altman's real interest is to show us how power, and certainly not creativity, continues to be the founding characteristic of the producer, especially in his relationships with screenwriters (who, not surprisingly, as we have seen, often offer him
remakes or sequels to famous films, in the hope of "repeating" their success). The new Hollywood, Altman seems to tell us, is basically a continuation of the "old" in its concentration as a production system on success and profit, to the detriment of "creativity" and artistic originality:

"[In the old days] there was still greed but it worked. The idea was that if you got a guy that was a good actor and the people liked him, and a good writer and a good director, let those people make the movie and then they'd figure out how to sell it. Now they try to figure out how to sell it first and then try to make the picture they've sold. . . . These corporations have nobody running them, that's the change"(Note 2)

Given the central "focus" of the film, we don't have many scenes in The player that show the making of films: what is highlighted is in fact the continuity of the "Hollywood system" even at very different times from its " golden age".

"
Studios market and mythologize their past to trade on the accumulated glamour of Hollywood. The glimmers of old Hollywood heighten the contrast with the money-and power-driven studios of the present... The Player contrasts Hollywood reality with two related idealizations: what the public imagines Hollywood filmmaking to be, and what the public and contemporary Hollywood players imagine Hollywood was in the height of the studio system. The myths of the studio system form the backbone of the overall Hollywood myth, in part because Hollywood has furthered those myths in films about Hollywood, furthered them even in the process of criticizing or exposing them." (Note 3)

(N.B. For a further discussion of this film, see the Introduction to this project.)
 
I protagonisti/The player (di/by Robert Altman, USA 1992)

I toni della commedia tornano in un film più recente, Disastro a Hollwood (si vedano i trailer qui sotto), cronaca della vita frenetica e nevrotica che vive un produttore di mezza età, Ben (Robert DeNiro), che ogni giorno è chiamato a risolvere problemi di ogni tipo, mentre anche la sua vita familiare sta andando a pezzi, nonostante le sessioni di psicoterapia cui partecipa con la moglie. I problemi che Ben deve affrontare possono sembrare di poco conto, ma incidono profondamente su di lui e sulla qualità del suo lavoro: la star di un suo film, Bruce Willis (nei panni di se stesso) rifiuta di tagliarsi la barba, e solo alla fine deciderà di radersi ... solo metà del volto! E non è da meno il regista di un altro film, Jeremy (Michael Wincott), la cui anteprima (o proiezione di prova) a pochi giorni dalla presentazione al Festival di Cannes ha dato risultati pessimi, in particolare perchè alla fine viene ucciso il protagonista (Sean Penn, nei panni di se stesso) ed anche il suo cane, il che ha provocato grande scalpore. A Cannes, il regista, che non tollera il taglio imposto dalla produzione, riesce a portare una copia del film originale, che viene quindi presentato, di nuovo provocando una fredda reazione da parte del pubblico. Un disastro: e il povero produttore capisce che ormai per lui i giorni a Hollywood sono contati ...

Comedy tones return in a more recent film, What just happened? (see the trailers below), which chronicles the frantic and neurotic life of a middle-aged producer, Ben (Robert De Niro), who is called upon to solve everyday problems of all kinds, while his family life is also falling apart, despite the psychotherapy sessions he attends with his wife. The problems that Ben has to face may seem minor, but they have a profound effect on him and on the quality of his work: the star of one of his films, Bruce Willis (playing himself) refuses to shave his beard, and only at the end decides to shave ... only half of his face! And the director of another film is another source of concern: Jeremy (Michael Wincott)'s film preview (or test screening) a few days before its official presentation at the Cannes Film Festival, gave bad results, in particular because the protagonist (Sean Penn, playing himself) is eventually killed, together with his dog, which caused quite a stir. In Cannes, the director, who does not tolerate the cuts imposed by the production, manages to bring a copy of the original film, which is then presented, again causing a cold reaction from the audience. A disaster: and the poor producer understands that his days in Hollywood are numbered now ...
   
Trailer italiano                                                                                          English trailer
Disastro a Hollywood/What just happened? (di/by Barry Levinson, USA 2008)

2. Gli sceneggiatori

Lo stretto rapporto messo in scena tra produttore e sceneggiatori in I protagonisti ci offre l'occasione per giusta per passare ad occuparci di chi scrive le sceneggiature, ed anche per situare queste figure all'interno del contesto della realizzazione di un film. A dire il vero, gli sceneggiatori compaiono piuttosto raramente nei "film sui film", ed in genere, come abbiamo visto anche nel caso di Il Bruto e la bella, non certo come personaggi che lavorano sodo ma sono anche soddisfatti del loro lavoro: al contrario, la maggior parte di loro ha cominciato a scrivere con la speranza di sfondare come autore letterario, e che, perdute poi le speranze, si è rassegnata a "scrivere per il cinema", inserendosi così in una "catena di montaggio" che sforna prodotti spesso omologati e poco originali: dunque un'attività spesso ben pagata ma considerata di second'ordine, non particolarmente ben retribuita e ancor meno considerata - ben lontana, comunque, dal prestigio dello scrivere dei romanzi o anche dei lavori teatrali. Il ruolo dello sceneggiatore, insomma, tranne pochi casi, è sempre stato descritto come piuttosto marginale: non partecipando al lato più glamour di Hollywood, non di rado è afflitto anche da problemi personali, dalla mancanza di soldi all'alcolismo.

"Parte del problema dello sceneggiatore è sempre stata la sua fondamentale mancanza di controllo sul materiale che crea. Fino ad anni relativamente recenti non era insolito avere cinque, sei o anche dieci o più scrittori che lavoravano su una sceneggiatura, a volte contemporaneamente, a volte in fasi successive. La collaborazione multipla tende a privare uno scrittore del suo senso di relazione personale con la storia. Joseph L. Mankievicz, George Seaton e altri hanno affermato che durante gli anni '30 e '40, gli sceneggiatori di Hollywood non hanno mai nemmeno incontrato i registi delle loro sceneggiature nella maggior parte dei casi." (Nota 4)

Questa sostanziale mancanza di motivazione ha fatto sì che gli sceneggiatori raramente abbiano approfondito la loro tecnica e il loro stile, finendo per adattarsi poco e male al sistema produttivo in cui erano inseriti, mantenendo un atteggiamento di distacco, di tolleranza del meno peggio, e a volte anche di superiorità rispetto a chi poi avrebbe utilizzato il loro lavoro.

"Lo scrittore John Gregory Dunne ha riassunto l'atteggiamento di almeno alcuni degli sceneggiatori attuali [degli anni '70] nell'Atlantic Monthly ... Ha paragonato la scrittura per lo schermo al lavoro come giornalista di gruppo per una rivista come Time:

"Gli sceneggiatori professionisti che conosciamo sono registi o aspirano ad esserlo, perché solo dirigendo la tua sceneggiatura puoi controllare il tuo materiale ... Il fatto è che la sceneggiatura è una seccatura ... Finisci un libro e c'è un senso di realizzazione; finisci un copione e inizia la merda ... Perché allora scrivere per i film? Perché la paga è buona. Perché fare una sceneggiatura è come fare una combinazione di puzzle e cruciverba; non è scrivere, ma può essere divertente...'

Lo sceneggiatore Robert Towne ha l'ultima parola: "Nella maggior parte delle situazioni gli scrittori [di Hollywood] hanno la stessa potere di un eunuco in un harem"
. (Nota 5)

Questo poco edificante ritratto dello sceneggiatore-tipo (specialmente dell'epoca d'oro di Hollywood, ma non solo) è stato magistralmente descritto da Billy Wilder in Viale del tramonto (si veda il video qui sotto), in cui proprio uno sceneggiatore spiantato, Joe (William Holden) accetta di "rivedere" una sceneggiatura che una diva del cinema muto, Norma Desmond (Gloria Swanson) ha scritto da sola per un suo ipotetico quando assurdo sogno di poter tornare a girare un film. Norma tratta Joe con sufficienza e arroganza, ma Joe sta al gioco per denaro, e, dopo vaer letto il copione di Norma, le asscura che si tratta di uno script affascinante: in realtà Joe faticherà non poco per riscrivere una storia incoerente e di infimo valore, al punto che la sua permanenza nella villa della diva comporterà diventarne l'amante, poi quasi uno schiavo, fino ad un tragico epilogo.

(N.B. Per un'analisi approfondita di questo film, si veda il Dossier Le divinità del cinema: ascesa e declino delle stelle in questo stesso progetto.)


2. Screenwriters

The close relationship between producer and screenwriters portrayed in The player offers us the right opportunity to start dealing with those who write screenplays, and also to place these figures within the context of filmmaking. To tell the truth, screenwriters appear rather rarely in "films about films", and generally, as we have also seen in the case of The bad and the beautiful, certainly not as characters who work hard but are also satisfied with their work: on the contrary, most of them began writing with the hope of breaking through as a literary author, and who, having lost any hope, resigned themselves to "writing for the cinema", thus joining an "assembly line" that churns out often standardized and not very original products: therefore an activity often well paid but considered second-rate - far from the prestige of writing novels or even plays. In short, the role of the screenwriter, except for a few cases, has always been described as rather marginal: not participating in the more glamorous side of Hollywood, he is often also afflicted by personal problems, from lack of money to alcoholism.

"Part of the screenwriter's problem has always been his basic lack of control over the material he creates. Up until relatively recent years it was not unusual to have five, six or even ten or more writers working on a script - sometimes concurrently, sometimes in successive stages. Multiple collaboration tends to rob a writer of his sense of personal relation to the story. Joseph L. Mankievicz, George Seaton and others have stated that during the 1930s and 40s, Hollywood screenwriters never even met the directors of their scripts in most instances." (Note 4)

This substantial lack of motivation has meant that screenwriters have rarely deepened their technique and their style, ending up adapting little and badly to the production system in which they were inserted, maintaining an attitude of detachment, tolerance, and sometimes even superiority with regard to those who would then use their work.

"Writer John Gregory Dunne summed up the attitude of at least some of the current [the 70s] screenwriters in the Atlantic Monthly ... He compared writing for the screen to working as a group journalist for a magazine such as Time:

'The professional screen writers we know are either directors or aspire to be, because only by directing your own script can you control your own material ... The fact is screen writing is a drag ... Finish a book and there is a sense of accomplishment; finish a script and the shit starts ... Why then write for films? Because the money is good. Because doing a screenplay is like doing a combination jigsaw and crossword puzzle; it's not writing, but it can be fun ...'

Screenwriter Robert Towne has the last word: 'In most situations [Hollywood] writers have about as much potency as a eunuch in a harem.'" (Note 5)

This unedifying portrait of the screenwriter (especially of the golden age of Hollywood, but not only) was masterfully described by Billy Wilder in
Sunset Boulevard (see the video below), in which a penniless screenwriter, Joe (William Holden) agrees to "revise" a screenplay that a silent film star, Norma Desmond (Gloria Swanson) wrote by herself for her hypothetical and absurd dream of being able to go back to filming. Norma treats Joe with condescension and arrogance, but Joe plays the game for money, and, after reading Norma's script, assures her that it is a fascinating script: in reality, Joe will have a hard time rewriting an incoherent story of hardly any value, to the point that his stay in the diva's villa will lead to becoming her lover, then almost a slave, until a tragic epilogue.

(N.B. For an in-depth analysis of this film, see the Dossier
Movie gods and goddesses: the rise and fall of stars in this same project.)
 
Viale del tramonto/Sunset Boulevard (di/by Billy Wilder, USA 1950)


Anche Barton Fink (si vedano i trailer qui sotto) inizia con la figura del protagonista, Barton Fink (John Turturro), che, all'inizio degli anni '40, stanco di scrivere per teatri di provincia, viene chiamato a Hollywood, dove incontra una serie di personaggi al limite del macchiettismo. I fratelli Coen, registi, si divertono ad abbozzare figure bizzarre, a volte quasi mostruose, nell'intento di dipingere con ironia e sarcasmo il mondo dorato ma bizzarro della capitale del cinema. Barton ha così modo di incontrare, innanzitutto, quello che sarà il suo agente (cioè la persona che lo rappresenterà, col compito di cercare ed intercettare possibili lavori per il suo cliente - un'altra figura "nascosta" del sistema produttivo cinematografico). In compagnia del suo agente si presenta nella sontuosa villa del capo della Capitol Pictures (Video 3), che rimane dapprima sconcertato nello scoprire che Barton ha solo un'idea nella testa, che ritiene prematuro per il momento esprimere; poi, dopo aver strapazzato l'agente, si inchina buffamente ai piedi di Barton, scusandosi e incoraggiandolo ad andare avanti ... E quando Barton incontrerà il produttore (Video 4), una figura irosa e arrogante che si presenta vestito in una divisa militare, e che ha letto la sua prima sceneggiatura per un film sul wrestling, rimarrà deluso: ciò che gli studios vogliono da lui è "azione, avventura, wrestling, e in dosi massicce ... il pubblico non vuole vedere un uomo che lotta con la sua anima ... ma ciò che accade sul ring, con la lotta e il sangue ...". Ma ormai Barton è sotto contratto, tutto ciò che scriverà diventerà proprietà della Capitol Pictures, che però non userà le sue sceneggiature per realizzare dei film finchè lui non sarà "cresciuto" ... e questa volta Barton verrà cacciato dall'ufficio, costretto comunque a mantenersi a disposizione, perchè il suo cervello è ormai parte del meccanismo produttivo ...


Barton Fink (see the trailers below), too, begins with the figure of the protagonist, Barton Fink (John Turturro) who, at the beginning of the 1940s, tired of writing for provincial theatres, is called to Hollywood, where he meets a series of characters bordering on caricature. Directors Coen brothers enjoy sketching bizarre, sometimes almost monstrous figures, with the intention of painting the golden but bizarre world of the cinema capital with irony and sarcasm. Barton thus has the opportunity to meet, first of all, the person who will be his agent (that is, the person who will represent him, with the task of looking for and intercepting possible jobs for his client - another "hidden" figure in the film production system). In the company of his agent he shows up in the sumptuous villa of the head of Capitol Pictures (Video 3), who is at first disconcerted to discover that Barton has only an idea in his head, which he considers premature for the moment to express; then, after having roughed up the agent, he bows humorously at Barton's feet, apologizing and encouraging him to go on ... And when Barton meets the producer (Video 4), an angry and arrogant figure who appears dressed in a military uniform, and who has read his first script for a wrestling movie, will be disappointed: what the studios want from him is "action, adventure, wrestling, and in massive doses ... audiences don't want to see a man wrestle with his soul ... but what happens in the ring, with the fight and the blood ...". But now Barton is under contract, everything he writes will become the property of Capitol Pictures, but they won't use his scripts to make films until he's "grown up" ... and this time Barton will be kicked out of office, forced anyway to remain available, because his brain is now part of the production mechanism ...

Video 1: Trailer italiano                                                                                        Video 2: English trailer

Video 3                                                                                                      Video 4
Barton Fink - E' successo a Hollywood/Barton Fink (
di/by Joel Coen [e/and Ethan Coen], USA 1991)

Parecchi anni più tardi, gli stessi fratelli Coen realizzano un'altra feroce satira del mondo hollywoodiano in Ave, Cesare! (si vedano i trailer qui sotto). Anche in questa commedia nera, ambientata a Hollywood nel 1951 (dunque nel bel mezzo della cosiddetta "caccia alle streghe" comuniste), è centrale la figura del produttore, Eddie (Josh Brolin), che assume anche il ruolo di fixer, cioè di risolutore di tutti i problemi che possono sorgere durante la lavorazione dei film: e di problemi la sua vita affannata è piena, tra gravidanze indesiderate di star, velenose giornaliste affamate di scoop, registi insoddisfatti e irritati dagli interpreti incompetenti che si ritrovano sul set, e così via. Ma l'attenzione principale Eddie la rivolge al nuovo film storico "colossal" dal titolo Ave, Cesare! in cui figura da protagonista la star Baird Whitlock (George Clooney). Eddie ha il suo bel da fare per convincere i rappresentanti delle principali confessioni religiose che il film non offenderà nessuno ... finchè capita che Baird viene rapito da un gruppo di sceneggiatori comunisti che intendono chiedere un grosso riscatto da spedire in Unione Sovietica. Baird si ritroverà ad una lezione di economia sul capitalismo e il comunismo (Video 3) e a discutere con questi sceneggiatori, che si ritengono sfruttati, come altre figure professionali, dal sistema degli studios e che, dopo aver surrettiziamente inserito contenuti di tipo "comunista" nei film che hanno scritto, sono ora decisi a passare all'"azione diretta" ... Molto meglio che in Barton Fink, Ave, Cesare! ci presenta il mondo del cinema classico con ironia ma anche con affetto, riconoscendo che quel mondo è ormai morto e sepolto, ma anche con una nota di nostalgia nei confronti dei capolavori che ha saputo creare, con il loro fascino ma anche con i loro limiti.


Several years later, the same Coen brothers made another ferocious satire of the Hollywood world in Hail, Caesar! (see the trailers below). In this black comedy, set in Hollywood in 1951 (therefore in the middle of the so-called communist "witch hunt"), the figure of the producer, Eddie (Josh Brolin), is central: he also takes on the role of fixer of all the problems that may arise during the making of films: and his troubled life is full of problems, between unwanted pregnancies of stars, arrogant journalists hungry for scoops, directors dissatisfied and irritated by the incompetent interpreters who find on the set, and so on. But Eddie's main focus is on the new "colossal" historical film entitled Hail, Caesar! starring Baird Whitlock (George Clooney). Eddie tries very hard to convince the representatives of major religious denominations that the film won't offend anyone ... until Baird happens to be kidnapped by a group of communist screenwriters who plan to demand a large ransom to be sent to the Soviet Union. Baird will find himself in an economics lesson on capitalism and communism (Video 3), discussing with these screenwriters, who consider themselves exploited, like other professional figures, by the studio system and who, after surreptitiously inserting "communist" content in the films they wrote, are now determined to move on to "direct action" ... Much better than in Barton Fink, Hail, Caesar! introduces us to the world of classic cinema with irony but also with affection, recognizing that that world is now dead and buried, but also with a note of nostalgia for the masterpieces it was able to create, with their charm but also with their limitations.
 
Video 1. Trailer italiano                                                                                        Video 2: English trailer
 
Video 3
Ave, Cesare!/Hail, Caesar! (di/by Joel e/and Ethan Coen, USA/GB 2016)

Una vera figura di sceneggiatore, il famoso Dalton Trumbo, è al centro del film a lui dedicato, L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo (si vedano i trailer nei Video 1 e 2 qui sotto). Trumbo fu una delle vittime più illustri della cosiddetta "caccia alle streghe" un atteggiamento politico-amministrativo diffuso negli USA che, in particolare negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si proponeva di identificare e mettere al bando persone, gruppi e comportamenti ritenuti filocomunisti e quindi sovversivi. Questa iniziativa, conosciuta anche come maccartismo, dal nome del senatore Joseph McCarthy che presiedette la commissione parlamentare dì inchiesta, colpì in particolare moltissime figure professionali di Hollywood, costrette ad abbandonare il lavoro o a lavorare con pseudonimi o sotto falso nome. Trumbo, forse il più famoso e più pagato sceneggiatore degli anni '40, fu tra le vittime più illustri: nel Video 3 lo vediamo accettare di scrivere la sceneggiatura di un film per una piccola casa di produzione e per una somma ridicola. Il film ricostruisce fedelmente il calvario di Trumbo, che scrisse in questo periodo, ovviamente non accreditato, due sceneggiature che vinsero gli Oscar (Vacanze romane, di William Wyler, USA 1953) e La più grande corrida, di Irving Rapper, USA 1956), finchè Kirk Douglas pretese il suo nome sui titoli di Spartacus (di Stanley Kubrick, USA 1960) ed il regista Otto Preminger lo ingaggiò per Exodus (USA 1960). Ma, accanto alle vicende personali di Trumbo, e ai suoi rapporti con i maggiori cineasti dell'epoca, nel film c'è posto anche per una denuncia dell'ipocrisia di fondo del sistema produttivo hollywoodiano, mai così esplicita come in questo periodo buio della storia americana.

 
A true screenwriter figure, the famous Dalton Trumbo, is th focus of the film dedicated to him, Trumbo (see the trailers in Videos 1 and 2 below). Trumbo was one of the most illustrious victims of the so-called "witch hunt" a political-administrative attitude widespread in the USA which, especially in the years immediately following the end of the Second World War, aimed to identify and ban people, groups and behaviors considered pro-communist and therefore subversive. This initiative, also known as McCarthyism, from the name of Senator Joseph McCarthy who chaired the parliamentary commission of inquiry, particularly affected many professional figures in Hollywood, forced to leave their jobs or to work under pseudonyms or under false names. Trumbo, perhaps the  best paid screenwriter of the 1940s, was among the most famous victims: in Video 3 we see him accepting to write a film screenplay for a small production company and for a ridiculous sum. The film faithfully reconstructs the ordeal of Trumbo, who wrote in this period, obviously uncredited, two screenplays that won Acaxdemy Awards (Roman holiday, by William Wyler, USA 1953) and The brave one, by Irving Rapper, USA 1956), until Kirk Douglas claimed his name on the titles of Spartacus (by Stanley Kubrick, USA 1960) and director Otto Preminger hired him for Exodus (USA 1960). But, alongside Trumbo's personal events, and his relationships with the major filmmakers of the time, the film also exposes the underlying hypocrisy of the Hollywood production system, never as explicit as in this dark period of American history.
 
Video 1: Trailer italiano                                                                                  Video 2: English trailer

Video 3: Italiano                                                                                  Video 4: English

L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo/Trumbo (di/by Jay Roach, USA 2015)


Note/Notes

(1)  Behlmer R., Thomas T. 1975. Hollywood's Hollywood - The movies about the movies, The Citadel Press, Seacaucus, N.J., p. 320.

(2) Citato in/Quoted in Ames C. 1997. Movies about the movies: Hollywood reflected, University Press of Kentucky, p. 402.

(3) Citato in/Quoted in Ames, cit., pp. 403-404.

(4) (5) Behlmer & Thomas, cit.,  p. 190-191.

 


HomeIntroduzioneLinguaggio cinematograficoStudi sul cinemaGlossari DizionariRisorse web

HomeIntroductionFilm languageFilm studiesGlossaries DictionariesWeb resources

info@cinemafocus.eu

 

Come visualizzare sottotitoli nei videoclip di YouTube

Molti videoclip su YouTube forniscono sottotitoli generati automaticamente. Ecco come procedere per visualizzarli:

1. Se i sottotitoli sono disponibili, in basso a destra compare l'icona . In fase di riproduzione, cliccare questa icona. Normalmente appaiono i sottotitoli in inglese.

2. Se si desidera cambiare lingua, cliccare sull'icona accanto, "Impostazioni" . Comparirà questo menu:



3. Cliccare su "Sottotitoli". Comparirà questo altro menu:



4. Cliccare su "Inglese (generati automaticamente)". Comparirà questo menu:



5. Cliccare su "Traduzione automatica" e nell'elenco delle lingue cliccare sulla lingua desiderata:

How to visualize subtitles in YouTube video clips

Several YouTube videos clips provide automatically generated subtitles. This is how to proceed to visualize them:

1. If subtitles are available, while in "play" mode click this icon below right. Normally, English subtitles appear.

2. If you wish to change the language, click the nearby icon "Settings" . You will get this menu (according to the language you chose for your account):




3. Click "Subtitles" and you will get this menu:



4. Click "English (auto-generated). This menu will appear:



5. Click "Auto-translate" and in the list of languages click the desired language:


Torna all'inizio della pagina   Back to start of page