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"Perchè si comporta così?" - Psicologia dei personaggi cinematografici e attribuzioni causali degli spettatori - Prima parte
"Why does he behave like that?" - Film characters' psychology and viewers' causal attributions - Part 1
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1. Introduzione Per godere pienamente di un film, abbiamo bisogno di capirlo, cioè di ricostruire nella nostra mente il mondo che il film ci propone. Spesso in questo mondo avvengono dei fatti e compaiono dei personaggi, che, con i loro comportamenti, danno origine ad una narrazione. Seguire la storia narrata dal film comporta capire i legami di causa/effetto che spingono i personaggi ad agire. Man mano che conosciamo sempre meglio un personaggio, ne cogliamo la personalità, il carattere, e le motivazioni che lo inducono a compiere certe scelte piuttosto che altre, e, quindi, ad agire in un determinato modo. In questo Dossier, indagheremo innanzitutto come costruiamo il significato di un film, ossia come la nostra mente utilizza, da una parte, quanto il film ci mostra e ci fa percepire (gli "indizi" che il film ci propone), e, dall'altra parte, le nostre conoscenze ed esperienze precedenti, immagazzinate nella nostra memoria, che ci servono per formulare delle ipotesi di significato sulla base di quegli indizi. Esploreremo poi come sono strutturate le nostre conoscenze, le nostre convinzioni, e i nostri atteggiamenti, o, in altre parole, il "bagaglio" mentale che ci portiamo appresso ogni volta che guardiamo un film (o che leggiamo un libro, o che ascoltiamo la radio ...). Sono queste nostre convinzioni e questi nostri atteggiamenti che ci permettono di avere accesso alla psicologia dei personaggi del film, di farci cioè un'idea dei pensieri che formulano e delle emozioni che provano. Per questo, esploreremo il mondo delle emozioni, cercando di capire come esse siano collegate a fattori causali diversi. Osservando i comportamenti dei personaggi attraverso gli "indizi" che il film ci propone (dialoghi, ma anche sguardi, toni di voce, espressioni del viso, gesti, azioni ...), noi riusciamo a cogliere le emozioni dei personaggi, e, in tal modo, tramite delle inferenze, attribuiamo loro delle motivazioni - e costruiamo così, a poco a poco, il significato di un film. In breve, sulla base di quanto vediamo e sentiamo, noi attribuiamo ai personaggi delle emozioni e, allo stesso tempo, decidiamo quali fattori le hanno causate. Ad esempio, se vediamo un ragazzo che accoglie con entusiasmo l'arrivo di una ragazza alla stazione (indizio che ci offre il film), cogliamo la sua gioia (emozione) e attribuiamo questa sua emozione al fatto che si tratti della sua ragazza (attribuzione causale). Se vediamo uno studente rabbuiarsi in volto dopo aver ricevuto un rimprovero da un insegnante (indizio), cogliamo la sua rabbia (emozione) e la attribuiamo al fatto che abbiamo visto che si trattava di un rimprovero ingiusto (attribuzione causale); ma possiamo invece cogliere invece il suo rimpianto (emozione) e lo attribuiamo al fatto che abbiamo visto che lo studente non aveva studiato ed ora se ne pente (attribuzione causale); o infine possiamo cogliere la sua frustrazione (emozione) e la attribuiamo al fatto che abbiamo visto che lo studente ce l'aveva messa tutta ma non ce l'ha fatta (attribuzione causale). Per chiarire ancora una volta il titolo di questo Dossier: usiamo le nostre convinzioni e i nostri atteggiamenti come chiave di accesso alla psicologia dei personaggi e per ipotizzare le cause delle loro emozioni. In tal modo non solo cerchiamo di capire i personaggi e le loro motivazioni, ma capiamo anche le cause e le conseguenze delle loro azioni e seguiamo così lo sviluppo della storia narrata dal film. 2. "Ri"costruire significati: indizi filmici e schemi mentali Quali processi mentali permettono allo spettatore di ricostruire il significato di ciò che vede sullo schermo? In fondo, il cinema si basa su un'illusione ottica potente quanto nascosta: ciò che vediamo è luce, o meglio, un'alternanza di fotogrammi intervallati da uno schermo nero. Poichè i fotogrammi si susseguono ad una velocità che impedisce all'occhio di percepirli uno per volta (la "classica" velocità di scorrimento della pellicola è di 24 fotogrammi al secondo), noi non possiamo percepire il "buio", e la rapidissima sequenza dei fotogrammi ci fornisce l'illusione del movimento (anche se recenti ricerche neuroscientifiche propongono spiegazioni più complesse). Questa percezione delle immagini (insieme alla percezione dei suoni ad esse associati) costituisce il "materiale grezzo" che la nostra mente utilizza per dare significato a ciò che vede. |
1. Introduction In order to fully enjoy a movie, we need to understand it, i.e. to (re)construct in our minds the world staged by the movie. In this world we see facts taking place and characters acting - which is what sets a narrative in motion. Following the story narrated by the movie implies an understanding of the cause/effect relationships which motivate a character to behave in a certain way. As our understanding of a characters improves, we are able to grasp her/his personality, character and motivations that push her/him to make certain decisions rather than others, and, therefore, to act accordingly. In this Dossier we will first explore how we reconstruct the meaning of a movie, that is, how our mind uses, on the one hand, what the movies shows and suggests (the "clues" offered by the movie), and, on the other hand, our previous knowledge and experience, stored in our memory, which help us to formulate hypotheses on the meaning on the basis of those clues. We will then explore the structure of our knowledge, beliefs and attitudes, or, in other words, the "mind baggage" which we carry with us each time we watch a movie (or each time we read a book or listen to the radio ...). Our beliefs and attitudes enable us to have access to the psychology of the movie characters, to form an idea of their thoughts and of the emotions that they feel. To this end, we will explore the world of emotions, trying to understand how they are linked to different causal factors. By closely watching the characters' behaviours through the "clues" offered by the movie (dialogues, but also glances, tones of voice, facial expressions, gestures, actions ...), we can grasp the characters' emotions, and in this way, through a process of inference, we attribute motivations to them - and thus build, as the movie progresses, the meaning of the movie itself. In short, on the basis of what we see and hear, we attribute emotions to the characters and, at the same time, decide which factors have caused them. For example, if we see a boy enthusiastically meeting a girl at the station (the clue that the movie offers), we grasp his joy (emotion) and attribute this emotion to the fact the she is probably his girlfriend (causal attribution). If we see a student's face darken after a telling-off from her teacher (clue), we grasp her irritation (emotion) and attribute it to the fact that we know that the reproach was not deserved (causal attribution); but we can instead grasp her regret (emotion) and attribute it to the fact that we know that she has not done her homework and is now feeling sorry about it (causal attribution); or, finally, we can grasp the student's frustration (emotion) and attribute it to the fact that we have seen her do her best but failed (causal attribution). In order to clarify once more the title of this Dossier: we use our beliefs and attitudes as a key to the characters' psychology and to make hypotheses on the causes of their emotions. In this way we do not just try to understand the characters and their motivations, but can also understand the causes and consequences of their actions, thus following the development of the story narrated by the movie. 2. "Re"building meanings: filmic clues and mental schemata What mental processes enable viewers to re-construct the meaning of what they see on the screen? After all, cinema is based on a powerful, although hidden, optical illusion: what we see is light, or rather, frames alternating with a blank screen. Since frames move at a speed which prevents the human eye to perceive them one by one (the "classical" frame ratio being 24 frames per second), we cannot perceive the "dark" and the very fast sequence of frames provides the illusion of movement (although more recent neuroscientific research seem to suggest more complex explanations). This image perception (together with the accompanying sound perception) constitutes the "raw material" which our mind uses to give meaning to what we see. |
Gli spettatori sono, in questo senso, agenti molto attivi durante la proiezione: per (ri)costruire il mondo che ci presenta il film, il nostro cervello è continuamente stimolato ad attivare delle conoscenze ed esperienze pregresse, immagazzinate nella nostra memoria a lungo termine, che forniscono di senso quelle che potrebbero restare "segni luminosi" senza significato. Dunque, la ricostruzione del significato (e, in modo particolare, l'elaborazione delle narrazioni rappresentate) è il risultato di due processi profondamente diversi ma tra loro continuamente interagenti: dal "basso" dei segnali e degli indizi che ci fornisce la pellicola all'"alto" delle nostre personali conoscenze ed esperienze - e viceversa, in uno scambio senza interruzioni (top-down vs bottom-up) (Fig. 1). |
Fig. 1 |
Viewers are, in this sense, very active agents during projection: to (re)conctruct the world staged by the movie, our brain is unceasingly stimulated to activate previous knowledge and experiences, stored in our long-term memory, which give meaning to what might otherwise remain meaningless "light signs". Thus, the reconstruction of meaning (and, in particular, the elaboration of the staged narratives) is the result of two deeply different processes, which, however, are constantly interacting: from the "bottom" of the clues provided by the film to the "top" of our personal knowledge and experiences - and vice-versa, in an uninterrupted exchange (top-down vs bottom-up) (Fig. 1). |
In particolare, la nostra mente possiede un "magazzino" di conoscenze relative a fatti, eventi, situazioni, persone - di fatto, un magazzino che deriva dall'aver fatto esperienza del mondo durante tutto il corso della nostra esistenza. Questo "magazzino" non è un semplice accumulo disordinato di concetti ed idee, ma una "rete" dei collegamenti che abbiamo costruito nel tempo tra tutti questi "eventi esperienziali". Si tratta di veri e propri schemi mentali, che mettono in relazione tra loro gli elementi che man mano sono entrati nella nostra memoria a lungo termine: dalle proprietà di persone e cose (forme, colori, volumi, suoni ...) alle relazioni tra elementi (che cosa accade se non si bagna una piantina, come si relaziona una mamma con il suo bambino), fino a vere e proprie "sceneggiature" (scripts), che, proprio come in un film, ci permettono di capire un insieme di azioni e controreazioni che avvengono in situazioni "tipiche": ad esempio, come si svolge un visita medica o le varie "fasi" che compongono l'esperienza di andare al ristorante. E' questo "bagaglio" ricchissimo di conoscenze ed esperienze che ci permette di "anticipare" ciò che succederà date certe premesse: sappiamo già che cosa dire, che cosa ci verrà detto, che azioni dovremo compiere dal momento in cui entriamo in un negozio per fare un acquisto. E' questo "bagaglio" che ci aiuta a dare stabilità al nostro mondo, permettendoci di non dover, ogni volta, orchestrare una serie di pensieri e di comportamenti "ex-novo", cioè come se fosse la prima volta. Ed è questo stesso "bagaglio" che ci mette in grado di crearci delle aspettative sulla base di indizi e "chiavi di lettura", per cui non è necessario che scopriamo cosa succederà quando vediamo una coppia che entra in chiesa per sposarsi, o quando, scesi dall'aereo, veniamo indirizzati verso il controllo passaporti e l'ufficio della dogana. |
In particular, our mind includes a "store" of knowledge related to facts, events, situations, people - a store which owes its existence to our experience of the world throughout our lifetime. This "store" is not a chaotic heap of concepts and ideas, but rather a "network" of the links that we have built through time between all these "experiential events". We are dealing with real mental schemata, which link together the elements which have accessed our long-term memory through the course of time: from properties of things and people (shapes, colours, volumes, sounds ...) to the relationships between elements (what happens if we forget to water a plant, how a mother relates to her baby), up to real scripts, which, just as in a movie, enable us to understand a series of actions and reactions happening in "typical" situations: for example, what happens during a visit to the doctor's or the various "stages" that we go through when we have a meal in a restaurant. It is this extremely rich "baggage" of knowledge and experiences that enables us to "anticipate" what will happen following a certain set of events: we already know what to say, what will be said to us, what behaviours we will engage in from the moment we go into a shop to buy something. It is this "baggage" that helps us to give stability to our world, enabling us to avoid formulating a "new" series of thoughts and behaviours, as if each time were the first time. And it is this same "baggage" that enables us to create expectations on the basis of clues and interpretations - thus it is not necessary to discover what will happen when we see a couple entering a church to get married, or when, getting off from a plane, we are directed towards passport control and customs. |
3. Dalle convinzioni agli atteggiamenti Le aspettative sono anche alla base delle ipotesi che formuliamo circa i personaggi, la storia, i tempi e i luoghi di una narrazione: dati alcuni indizi, procediamo proprio come un detective che ricostruisce un puzzle partendo da pochi pezzi fino a formare l'immagine completa. Anche in questo caso, la nostra mente è sempre in allerta per mettere alla prova le ipotesi formulate e, se necessario, per rivederle sulla base di nuovi indizi. I film del tipo "poliziesco", "giallo" o "thriller" ci forniscono indizi mentre, volutamente, ce ne nascondono altri, in modo che il nostro lavorio mentale comporti anche una suspense, cioè un'"emozione sospesa" che ha bisogno di essere soddisfatta. Per lo stesso motivo, un film può fare in modo che sappiamo solo ciò che sa un personaggio, oppure meno o più di quanto lei/lui sappia; e ancora, che noi sappiamo tutto (o quasi tutto), siamo cioè degli spettatori onniscienti. Diventa così cruciale il nostro rapporto tra noi spettatori e il "narratore" che ci fornisce le informazioni, sia esso il film in quanto tale oppure uno dei personaggi (si veda il Dossier I narratori). |
3. From beliefs to
attitudes Expectations are also at the basis of the hypotheses which we formulate about the characters, the story, the time and place of a narrative: we are provided with a few clues and then proceed just like a detective, building a puzzle from a few pieces until we get the whole picture. In this case, too, our mind is always on the look-out to test our hypotheses and, if necessary, to revise them on the basis of new, incoming clues. Thrillers, in particular, provide us with some clues while at the same time hiding others from us, so that out mental effort also implies suspense, i.e. a "pending emotion" which needs to be satisfied. For the same reason, a movie can disclose only what a character knows, or more (or less) that she/he knows; and we can also be put in a position to know (almost) everything, thus becoming a sort of omniscient viewers. Thus it is crucial to evaluate the relationship between us, as viewers, and the "narrator" who provides the information, be it the film itself or one of the characters (see the Dossier Narrators). |
Queste nostre convinzioni non esistono solo a livello individuale, come costruzioni puramente soggettive: al contrario, sono il risultato di tutte le esperienze intercorse con gli ambienti di socializzazione e di apprendimento in cui siamo cresciuti e in cui viviamo. Si tratta, cioè, di costrutti mentali di carattere socio-culturale, condizionati in particolare dai gruppi sociali a cui facciamo riferimento. Questo spiega perchè, di fronte ad argomenti complessi, persone diverse possono avere convinzioni differenti e come queste ultime possano cambiare al variare delle condizioni e dei contesti in cui le persone si ritrovano a vivere. Infine, le convinzioni, in quanto rappresentazioni mentali personali, possono essere anche molto distanti dalle teorie accreditate a livello scientifico, sono cioè quadri interpretativi e immagini mentali precostituite che possono anche sconfinare in miti e stereotipi radicati. Insomma, le nostre "visioni del mondo" sono sempre condizionate da una varietà di fattori, personali, sociali, culturali e contestuali. Un film che rappresenti le dinamiche di una classe a scuola, come L'attimo fuggente (di Peter Weir, USA 1989)(Fig. 5) o come La classe - Entre les murs (di Laurent Cantet, Francia 2008)(Fig. 7) verrà interpretato e "vissuto" in modo anche molto diverso dagli spettatori, a seconda della loro età, sesso, provenienza geografica, status sociale, appartenenza culturale, e così via. Uno studente potrà così "ricostruirne" il significato in modo diverso da un insegnante, ed anche tra insegnanti di età e formazione differente (per non parlare delle culture a cui appartengono) potranno esserci interpretazioni divergenti se non addirittura contrapposte. E lo stesso varrà per chi insegnante non è, ma possiede comunque una serie di convinzioni su, per esempio, come dovrebbe comportarsi un insegnante in classe, che cosa dovrebbe far fare ai suoi studenti, come questi potrebbero o dovrebbero reagire, e così via. Le convinzioni personali non sono però "fredde" o "neutre": sono invece connotate da emozioni, sono cioè accompagnate da reazioni di tipo affettivo (di accettazione o di rifiuto, di piacere o dispiacere) e da giudizi o valutazioni nei confronti della realtà (di accordo o disaccordo, di approvazione o disapprovazione). Il fatto che le convinzioni siano "calde", cioè impregnate di affettività, spiega il loro stretto legame con i conseguenti atteggiamenti (e quindi con le intenzioni rispetto alle decisioni da prendere e ai comportamenti da tenere (Fig. 9). Insomma, ciò che pensiamo relativamente ad un fatto, un concetto, una persona si accompagna a delle reazioni affettive che ci predispongono ad agire in un determinato modo. Se sono convinto che il mio vicino di casa ha idee razziste che io non condivido (convinzioni), non accetterò queste sue posizioni, non le approverò (atteggiamenti) e, come conseguenza, potrò decidere di non avere nessun rapporto con lui e di evitarlo (comportamento). Le convinzioni e gli atteggiamenti costituiscono così una specie di "filtro" attraverso cui interpretiamo il mondo, degli "occhiali" con cui osserviamo ciò che accade attorno a noi (ma anche dentro di noi), che inevitabilmente influenzano le nostre intenzioni e motivazioni, le decisioni che prendiamo e, in ultima analisi, i comportamenti che teniamo (Fig. 10). |
Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 |
Our beliefs are not just
individual factors, i.e. purely subjective elements: they are instead
the result of all the experiences we have gone through in the
socialization and learning environments in which we happened to grow
and which we presently inhabit. They are, in other words, mental
constructs of a socio-cultural nature, conditioned in
particular by the social groups we belong to. This explains
why, when faced with complex matters, different people can have
different beliefs and how these beliefs can change following the changes
in the conditions and contexts people happen to live in. Finally,
beliefs, as personal mental representations, can also be quite
different from "scientific" theories, since they are consolidated
frames of reference and mental images which can reach the level of
deep-rooted myths and stereotypes. Our "visions of the world" are thus
always conditioned by a variety of factors - whether personal, social,
cultural or contextual. A movie showing a school and its class dynamics, like Dead Poets Society (by Peter Weir, USA 1989)(Fig. 6) or like The class - Entre les murs (by Laurent Cantet, France 2008)(Fig. 8) will be interpreted and "lived" in very different ways by viewers, according to their age, sex, origin, social status, cultural belonging, and so on. A student may "reconstruct" the meaning of the movie quite differently from a teacher, and even among teachers of different ages and professional expertise (not to mention the cultures they belong to) there may be divergent, if not opposing, interpretations. And the same could be said for a person who is not a teacher, but still holds a series of beliefs about, for instance, how teachers should behave in class, what they should ask students to do, how the latter could or should react, and so on. Personal beliefs, however, are not "cold" or "neutral": they are rather aaccompanied by emotions, i.e. affective reactions (acceptance or refusal, pleasure or displeasure), as well as by judgments and evaluations towards reality (agreement or disagreement, approval or rejection). The fact that beliefs are "warm", i.e. affect-laden, explains their close relationship with the relevant attitudes (and therefore, with the intentions leading to the decisions to be made and ultimately with the behaviour to be exhibited (Fig. 9). In other words, what we think about a fact, a concept or a person includes affective reactions which set our mind to behave in a certain way. If I am convinced that my neighbour is a racist, and if I do not agree with him (different beliefs), I will not accept his ideas, I will not approve of them (attitudes), and, as a consequence, I may decide to keep him at bay or to avoid him completely (behaviour). Beliefs and attitudes are thus a sort of "filter" through which we interpret the world, a pair of "glasses" through which we observe what happens around us (but also inside us), which inevitably affect our intentions and motivations, the decisions we make and, ultimately, our behaviours (Fig. 10). |
Note/Notes (1) Chatman S. 1978. Story and discourse. Narrative structure in fiction and film, Cornell University Press, Ithaca, NY, p. 138. Torna al testo/Back to the text (2) Tan E. 1996. Emotion and the structure of narrative film. Film as an emotion machine, Lawrence Erlbaum, Mahwah, NJ, p. 156. Torna al testo/Back to the text(3) Persson P. 2003. Understanding cinema. A psychological theory of moving imagery, Cambridge University Press, Cambridge, p. 157. Torna al testo/Back to the text |
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