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Pedro Almodóvar: questioni di identità
(Seconda parte)
Pedro Almodóvar: identity issues
(Part 2)
Note:
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7. Un periodo di transizione

Negli anni successivi al grande successo internazionale di Donne sull'orlo di una crisi di nervi, Almodóvar sembra cambiare decisamente tono. Dopo aver utilizzato alcuni modelli della Hollywood classica per descrivere la Spagna contemporanea, la sua attenzione sembra, da un lato, ritornare al passato, con droghe e sesso che riappaiono nei suoi film, e dall'altro, allontanarsi proprio dal tipo di "brillante commedia spagnola" su cui si stava costruendo il suo successo. Questo comportava, soprattutto, una nuova caratterizzazione dei personaggi, lontani dalle macchiette e dagli stereotipi presenti fino ad allora nei suoi film, e indagati ora più in profondità, anche nei loro risvolti più oscuri e inquietanti, e insieme, un'attenzione più realistica e anch'essa meno stereotipata della società spagnola, così come si stava rapidamente evolvendo.

Ancora una volta, però, questi nuovi discorsi passano attraverso il tema del cinema, della sua artificiosità e del rapporto che esso instaura tra realtà e finzione. In Legami!, questo è evidente sin dall'inizio, in cui vediamo una grottesca scena tra l'horror e il porno, che si rivela essere in realtà una sequenza di un film che si sta girando in uno studio. La protagonista-pornostar Marina (Victoria Abril) diventa presto oggetto di attenzione d parte di un giovane appena uscito dal manicomio, Ricky (Antonio Banderas), che la rapisce, la tiene segregata e fa di tutto per convincerla a sposarlo e metter su famiglia con lui - riuscendo alla fine a convincerla, nonostante il rapporto sado-masochistico che si è nel frattempo instaurato tra loro(video 1 qui sotto, e trailer nel video 2).

Ancora una volta, come dicevamo, la finzione del cinema viene chiaramente "svelata", ma serve nel contempo a definire i personaggi, che proprio dai ruoli che interpretano sembrano ricavare almeno una parte della loro vera, autentica identità. Tutto sembra oscillare tra realtà e finzione, e lo spettatore è portato a "stare al gioco" e a rimanere coinvolto, sospendendo il gioudizio morale, dalla storia, che nel frattempo ha delineato chiaramente la psicologia dei due protagonisti. Il cinema stesso sembra definirne la personalità: non solo Marina all'inizio sta girando un film horror, ma durante la sua prigionia guarda alla televisione La notte dei morti viventi (di George A. Romero, USA 1968) e, oltre alla colonna sonora di Ennio Morricone, udiamo persino un tema musicale da Psyco di Hitchcock ... Insieme a questi riferimenti cinematografici, altrettanto evidenti sono le immagini religiose, tra il kitsch e la pop art, che in realtà sono una delle costanti delle immagini dei film di Almodóvar, che in tal modo guarda, anche con tono nostalgico, alla cultura cattolica nazional-popolare della sua infanzia (che tornerà ad analizzare con più attenzione nei suoi film successivi).
Notes:
- A pdf version of this Dossier is available.
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7. A period of transition

In the years following the great international success of Women on the verge of a nervous breakdown, Almodóvar seems to turn to an altogether different tone. After using some models from the classical Hollywood tradition to describe contemporary Spain, his attention seems, on the one hand, to return to the past, with drugs and sex reappearing in his movies, and on the other hand, to distance himself from the kind of "brilliant Spanish comedy" on which he had been building his career. This implied, above all, a new, deeper insight into his characters, far from the caricatures and stereotypes which had appeared in his movies right from the start - his characters would now be described in more depth, even in their darker and disturbing features, together with a more realistic and less stereotyped view of Spanish society, as this was fast evolving.

Once again, though, these new elements are displayed through with the help of cinema, its artificial nature and the relationship between reality and fiction. In Tie me up! Tie me down!, this is evident right from the start, when we see a grotesque mise-en-scene halfway between horror and porno, which turns out to be a sequence froma movie that is being shot in a studio. The protagonist, pornostar Marina (Victoria Abril) soon attracts the attention of a young man just dismissed from a mental hospital, Ricky (Antonio Banderas), who kidnaps her, keeps her segregated and does everything he can to persuade her to marry him and form a family - eventually succeeding in this plan, despite the sado-masochistic relationship that has in the meantime evolved between them (video 1 below, and trailer in video 2).

Once again, as we said, the cinematic fiction is clearly unveiled, but in the meantime helps to define the characters, who seem to find at least part of their true, authentic identity in the roles that they play. Everything seems to swing between reality and fiction, and the viewer is inclined to play the game too, and to get involved in the story with a suspension of any moral judgment - the same story that has helped so well to describe the characters' psychology. Cinema itself seems to define their personality: non only is Marina the protagonist of a horror film at the start, but while she is being held prisoner she watches The night of the living dead (by George A. Romero, USA 1968) on TV and, on addition to Ennio Morricone's musical score, we even hear a theme from the score of Hitchcock's Psycho ... Together with these film references, we get clear pictures of religious images, between kitsch and pop art, which are definitely one of the constant kind of images appearing in Almodóvar' movies. This is his way of looking, with a touch of nostalgia, at the national-popular catholic culture of his childhood (which he will again turn to in his following works).

    

Video 1                                                                                                  Video 2

¡Atame! - Legami! - Tie me up! Tie me Down! (1990)

Il tema del ritorno al passato diventa centrale nel successivo film di Almodóvar, Tacchi a spillo, dove la figlia, Rebecca (Victoria Abril) di una famosa cantante, Becky (Marisa Paredes), dopo essere stata l'amante del patrigno, ritrova la madre, da cui era stata separata da profondi rancori (trailer nel video 1 qui sotto). Nel frattempo, l'amante della cantante viene ucciso, e sul caso indaga il giudice ispettore Dominguez (Miguel Bosé), che, per motivi professionali, conduce una doppia vita come travestito e come spacciatore, e si esibisce pure come cantante (video 2, in cui interpreta in playback la famosa canzone di Mina "Un anno d'amore"). Dunque un film a cavallo di diversi generi (il giallo, il melodramma, la commedia e il musical) che Almodóvar fonde, e in cui design coloratissimi, abbigliamenti e accessori vistosi, e frequenti intermezzi musicali sono al servizio di un ritratto essenzialmente al femminile del potere che le donne hanno conquistato.

Come sempre, le citazioni cinematografiche servono a sottolineare i temi portanti: gli spettatori più cinefili ritroveranno echi da alcuni famosi melodrammi hollywoodiani centrati sul rapporto madre-figlia (come in Il romanzo di Mildred, di Michael Curtiz, USA 1945; Lo specchio della vita, di Douglas Sirk, USA 1959; e Amore sublime, di King Vidor, USA 1937), e persino un riferimento a Sinfonia d'autunno di Ingmar Bergman (Norvegia/Repubblica Federale Tedesca 1978). Ma il passato torna anche come elemento storico e culturale: Becky torna in Spagna dopo la caduta del dittatore Franco, e questa è dunque l'occasione, ancora una volta, per ricordare la Spagna del passato, ma anche per distanziarsene. E l'identità spagnola "pura" e tradizionale viene ibridata anche da riferimenti che gli spettatori più smaliziati possono cogliere, come la presenza di Miguel Bosé, figlio  del matador spagnolo Luis Miguel Dominguin e dell'attrice italiana Lucia Bosé.

Continua anche in questo film la messa in discussione delle identità e dei ruoli sociali e di genere: il giudice Dominguez, in particolare, impersona anche un agente sotto copertura, si rivela essere il padre del bambino che avrà Rebecca, e, come abbiamo detto, si esibisce travestito con il nome di "Femme Letal" (che ovviamente rimanda alla femme fatale dei noir americani): nel video 2, Dominguez si esibisce per Becky e Rebecca, e nel locale vediamo anche altri travestiti che lo/la imitano in ogni suo gesto.

Quando Letal appare sullo schermo, "La catena di simulazioni è abbagliante, poichè l'"interprete" è in realtà una pop star maschile (Miguel Bosé) che si spaccia per un uomo qualunque (Eduardo) che si spaccia per un detective ("il Giudice") che si spaccia per un "interprete" femminile (Letal) che si spaccia per una cantante pop (Becky), che appare tra il pubblico con sua figlia, Rebecca, che ha impersonificato  sua madre per tutta la vita" (Nota 1).
The theme of getting back to the past becomes the focus of Almodóvar's next movie, High heels, where the daughter, Rebecca (Victoria Abril) of a famous singer, Becky (Marisa Paredes), after being her stepfather's lover, gets in touch again with her mother, after years of separation (see the trailer in video 1 below). In the meantime, the singer's lover is killed, and the crime is investigated by Inspector Dominguez (Miguel Bosé), who, for professional reasons, leads a double life as a transvestite and drug-pusher, while also performing as a singer (video 2, where he sings in playback the Italian singer Mina's hit "Un anno d'amore"). Thus this film bridges different genres (thriller, melodrama, comedy and musical), which Almodóvar blends into one, in which brightly designed sets, garish clothes and accessories and frequent musical interludes are there to portray, from an essentially female point of view, the power that women themselves have now gained.

As always, cinematic quotations help to underline the central themes of the movie: film bluffs will recognize features from some well-known Hollywood melodramas focussing on the relationship between mother and daughter
(as in Mildred Pierce, by Michael Curtiz, USA 1945; Imitation of Life, by Douglas Sirk, USA 1959; and Stella Dallas, by King Vidor, USA 1937), and even a reference to Autumn Sonata by Ingmar Bergman (Norway/Federal German Republic 1978). However, the past resurfaces also as a historical and cultural element: Becky comes back to Spain after Dictator Franco's fall, and once again this is an opportunity to revisit the Spanish past, but also to leave it behind. And the "pure", traditional Spanish identity is now portrayed through references that the most knowledgeable viewers will not miss, as the presence of Miguel Bosé, the son of Spanish matador Luis Miguel Dominguin and Italian actress Lucia Bosé.

This movie, too, continues to explore the theme of identity and social and gender roles: Judge/Inspector Dominguez, in particular, is, among other things, an undercover agent, turns out to be the father of the aby that Rebecca is expecting, and, as we said, performs as a transvestite under the name of "Femme Letal" (which obviously refers back to the
femme fatale of American film noir): in video 2, Dominguez performs in front of Rebecca and Becky, and in the club we also see some other transvestites who imitate his/her gestures.

The moment Letal appears on screen
, "the chain of simulations is dazzling, for the impersonator is really a male pop star (Miguel Bosé) doing an impersonation of an ordinary man (Eduardo) doing an impersonation of a detective ("the Judge") doing an impersonation of a female impersonator (Letal) doing an impersonation of a female pop singer (Becky), who is there in the audience with her daughter, Rebecca, who has been impersonating her mother all her life" (Note 1).

      

Video 1                                                                                                Video 2

Tacones lejanos - Tacchi a spillo - High heels (1991)

Col successivo film, Kika (vedi trailer qui sotto a sinistra), Almodóvar torna a denunciare, in modo molto esplicito ma anche con scarsa capacità di vera denuncia, il mondo tecnologico della comunicazione di massa, in cui ancora una volta le identità sono continuamente messe in discussione e ri-definite attraverso la distorsione delle immagini (qui soprattutto televisive). La trama assembla, come sempre, una serie di storie contorte, a cominciare da Kika (Veronica Forqué), che non a caso fa la truccatrice, e del suo convivente, Ramon (Akex Casanova), complessato e con traumi alle spalle (il padre ha ammazzato la madre). Gli altri personaggi comprendono un pornodivo stupratore (Santiago Lajusticia) e una reporter televisiva (Victoria Abril). In questo grottesco groviglio, il prolungato stupro di Kika, che subisce stoicamente, dovrebbe risultare una scena di violenza riscattata dal lato satirico, ma quando la reporter si impadronisce della scena registrata per farne materiale per il suo programma televisivo "da reality show" (come diremmo oggi), la denuncia della violazione della privacy e della manipolazione mediatica mostra la corda e appare quasi cinica - e in effetti il film riscosse scarso successo di critica e di pubblico. In his next movie, Kika (see the trailer below right), Almodóvar (watch the trailer below right), Almodóvar once again tries to expose in a very explicit way, but all in all failing to do so, the technological world of mass communication, in which identities are constantly re-defined through the distortion of images (especially TV ones). The plot puts together, as always, a series of twisted stories, starting with Kika (Veronica Forqué), who - not by chance - is a make-up woman, and her partner, Ramon (Alex Casanova), who is a neurotic grappling with emotional traumas he has suffered (his father killed his mother). The other characters include a porno star and rapist (Santiago Lajusticia) and a TV reporter (Victoria Abril). In this grotesque tangle, Kika's prolonged rape, who stoically bears the event, is meant to be a violent scene portrayed in a satirical tone, but when the reporter steals the recorded scene in order to use it as footage for her TV "reality show" (as we would say today), Almodóvar' exposure of privacy violation and media manipulation sounds worn out and appears almost cynical - and the movie turned out to be a near failure, in terms of both critical appraisal and  box-office returns.

 

Kika (1993)

8. Rinnovamenti nella continuità

Una delle caratteristiche dei film di Almodóvar è la loro capacità di stupire ogni volta, sovvertendo sia le opere precedenti che le aspettative del pubblico: dopo il fiasco di Kika, con Il fiore del mio segreto il regista torna a realizzare un'opera sincera e densa di significati. Scompaiono le scene di sesso, qualche volta un po' gratuite; non ci sono personaggi negativi, ma persone con sentimenti autentici; c'è un ottimismo di fondo nonostante i temi scabrosi che anche questa volta non mancano, come il suicidio, la dipendenza dalle droghe e l'infedeltà; e il melodramma come modalità di racconto "per eccesso di emozioni" viene rimesso in discussione a favore di modi più autentici di esprimere quelle stesse emozioni (vedi il trailer nel video 1 qui sotto).

Il film si apre proprio con una scena straziante, in cui due medici cercano di convincere la madre di un ragazzo appena deceduto ad autorizzare il trapianto dei suoi organi (video 2 qui sotto). La scena (una riflessione sul confine tra la vita e la morte che Almodóvar riprenderà all'inizio di Tutto su mia madre qualche anno dopo) si rivela subito essere una messa-in-scena, cioè un video che viene utilizzato in un corso di formazione per operatori sanitari. Si introduce così ancora una volta, con un tono da melodramma, il dualismo realtà-finzione e la crisi della narrazione e della creatività autoriale, incarnata dalla protagonista, Leo (Marisa Paredes), una scrittrice di successo di romanzi rosa, in crisi professionale perchè vorrebbe poter raccontare storie più realistiche e autentiche, e in crisi personale, con un marito militare spesso assente e una rosa di familiari e amici che non le sono di aiuto, ma al contrario aggiungono alla sua vita ulteriori motivi di ansia e delusione. Un giornalista di "El Pais", Angel (Juan Echanove), le prospetta la possibilità di scrivere una serie di articoli in cui stroncherà le sue stesse opere (scritte sotto pseudonimo) ... (video 4 qui sotto).

La crisi professionale di Leo è ben evidenziata dalle richieste che le fa il suo editore, che "le ricorda gli obblighi contrattuali che non le consentono licenze creative. I suoi romanzi devono solo contenere "un sole brillante, nuove costruzioni urbane, burocrati governativi o ministri come protagonisti, yuppies. Niente di politico, nessuna consapevolezza sociale, tutti i figli illegittimi che vuoi, e, ovviamente, un lieto fine" (Nota 2). La rinuncia di Leo a questo ricatto, e la sua nuova energia creativa, significano dunque anche una rinuncia alle regole del melodramma, considerato quasi come una strategia di marketing.

Ma i temi portanti di questo film sono anche altri, e tutti strettamente collegati. Leo lascia sua madre a Madrid (suo padre non per caso è assente dalla storia, come il marito lontano) per tornare al paese di origine (video 3 qui sotto), e questo distacco, sia pure temporaneo, dalla grande città le permette di rimettere in prospettiva la sua vita, innanzitutto smorzando i toni melodrammatici con cui l'ha finora vissuta. Nel contampo, Almodóvar torna sulla tensione, da sempre presente nei suoi film, tra la città, simbolo della nuova Spagna, e la campagna, depositaria comunque dei suoi ricordi e di parte della sua identità. Quando Leo torna a Madrid, si ritroverà una sera sulla Plaza Major con Angel, che, citando la celebre battuta di Humphrey Bogart da Casablanca, le dice, "Avremo sempre Parigi", sottolineando così il recupero di un rapporto positivo con la città (Nota 3). Un recupero che avviene però soltanto dopo che si è riconosciuta e rivisitata la tradizione di un paese che non può rinunciare ai suoi valori originari: come Almodóvar ebbe a die, "Questo è il mio film più legato alla Mancha, un ritorno inconscio alle mie radici, e la radice primaria è la madre" (Nota 3).
8. Continuity and change

One of the features of Almodóvar's movies is their capacity to surprise the audience, overturning both his previous work and audiences' expectations: after the failure of Kika, with The flower of my secret he comes back with a movie which is both sincere and dense with meaning. No more sex scenes (sometimes uncalled for); there are no negative characters, but people with authentic feelings; there is an overall optimism despite the the thorny themes that are present even now, like suicide, drug addiction and infidelity; and melodrama, as a way of narrating "with en excess of emotion" is often replaced by more authentic ways to express those same emotions (see the trailer in video 1 below).

The movie opens with a harrowing scene, in which two doctors are trying to persuade the mother of a deceased boy to authorize the transplant of his organs (video 2 below). The scene (a reflection on the border between life and death, which Almodóvar's will take up again at the start of
All about my mother a few years later) turns out to be a video which is being used in a training course for hospital staff. Thus we are re-introduced, once again, and with a melodramatic tone, to the dualism between fiction and reality, as well as to the crisis of film narration and author's creativity. This is embodied in the protagonist, Leo (Marisa Paredes), a successful writer of romance novels, who is going through both a professional crisis, as she would like to write more realistic and authentic stories, and a personal crisis, her husband serving in the army and thus often away from home, and a range of friends and relatives who are less than helpful, but rather add additional burdens and anxieties to her life. A journalist from "El Pais", Angel (Juan Echanove), suggests that she write a series of articles which will critique her own novels (written under a pen name ... (video 4 below).

Leo's professional crisis is clearly described in her editor's requests - he "reminds her of the contractual obligations that do not allow her creative license. Her novels are only to contain
"brilliant sunlight, urban housing developments, government bureaucrats or ministers as protagonists, yuppies. Nothing political, no social consciousness, all the illegitimate children you want, and, of course, a happy ending"" (Note 2). Leo's refusal of this blackmail, and her new creative energy, thus also stand for a relinquishment of the rules of melodrama, which is seen almost as a marketing strategy.

However, there are other main themes in this movie, and all of them are clearly related to one another. Leo leaves her mother in Madrid (not by chance, her father is absent from the story, just like her husband) and returns to her native village (see video 3 below), and this leaving the big city, although a temporary one, gives her the strength to focus on a new life, abandoning the melodramatic tones which were her usual way to face that same life. At the same time, Almodóvar returns to the tension, which has been a feature of most of his movies, between the city, a symbol of the new Spain, and the country, which still embodies his memories and part of his identity. When Leo returns to Madrid, she will meet Angel in Plaza Major one night and Angel will say to her, "We will always have Paris", quoting Humphrey Bogart's famous line from Casablanca, thus signalling a renewal of a positive bond with the city ((Note 3). This new bond, however, can only take place after one has recognized and re-visited the traditions of a country which cannot give up its original values: as Almodóvar said,
"This is my most Manchegan film, an unconscious return to my roots, and the primary root is the mother" (Note 3).

   

Video 1                                                                                              Video 2

    

 Video 3                                                                                              Video 4 

La flor de mi secreto - Il fiore del mio segreto - The flower of my secret (1995)

Adattando molto liberamente un romanzo della giallista inglese Ruth Rendell, in Carne tremula ritroviamo una trama complessa, ricca di colpi di scena, e, di nuovo, una mescolanza di toni e di generi, dal noir al melodramma alla commedia - ma anche uno dei commenti più esplicitamente politici che Almodóvar abbia realizzato nella sua filmografia.

Il film si apre infatti durante le feste di Natale del 1970, e precisamente la sera in cui il portavoce del governo franchista annuncia la sospensione dei diritti costituzionali in risposta ai recenti attentati terroristici. Quella sera, una prostituta, Isabel (Penélope Cruz) dà alla luce un bambino, Victor (Liberto Rabal), su un autobus dirottato - e per questo motivo a Victor e a sua madre sarà regalato un abbonamento a vita ai trasporti pubblici di Madrid (!). Subito dopo, la storia fa un salto di vent'anni, e ritroviamo Victor, fattorino addetto alla consegna di pizze, che, inseguendo la sua amata, Elena (Francesca Neri), finisce per sparare ad un poliziotto, David (Javier Bardem), destinandolo alla sedia a rotelle. Condannato alla galera, anche se a sparare è stato il collega di David, Sancho (José Sancho), Victor, all'uscita dal carcere, non pensa che a vendicarsi, seducendo prima la moglie di Sancho, Clara (Angela Molina), e poi mettendo in crisi il matrimonio di David ed Elena, con un'appassionata notte d'amore con la donna. A sua volta, David si vendica di Victor rivelando a Sancho il tradimento della moglie, col risultato che Sancho e Clara si uccideranno a vicenda (video 1 qui sotto: trailer italiano; video 2: trailer inglese con sottotitoli automatici).

Storie individuali di amore e di morte si intrecciano dunque con la storia di un paese e di una società, come chiarisce lo stesso Almodóvar: "Vent'anni fa la mia vendetta contro Franco consisteva nel non riconoscere la sua esistenza, la sua memoria, nel fare film come se lui non avesse mai messo piede su questa terra. Ora penso che non sia bene dimenticare quel periodo, vale la pena ricordare che, in ultima analisi, non era poi così tanto tempo fa " (Nota 4). Questa decisa presa di posizione politica si riflette nel trattamento ciclico della storia, sia in senso spaziale che temporale: nato in un quartiere centrale, Victor, all'uscita dal carcere, va ad abitare nella casa della madre, in una squallida periferia di Madrid dove però, sullo sfondo, vediamo le nuove costruzioni di una capitale e di un paese ormai avviato, ma non senza seri divari economici e sociali, verso un futuro europeo. Alla fine del film, ritroviamo Victor, ora sposato con Elena, una sera durante le feste di Natale del 1996, di nuovo nel centro di Madrid, mentre si affretta a portare la moglie in ospedale a partorire - e, rivolgendosi al bambino che sta per nascere, gli dice, "Sai che sei ben fortunato, piccolino! Non sai come siano cambiate le cose. La Spagna ha smesso di avere paura tanto tempo fa" (video 3 qui sotto).
By very freely adapting one of British crime witer Ruth Rendell's novels, Almodóvar 's next movie, Live flesh, is based on a complex plot, full of twists and turns, as well as on the blending of tones and genres, from noir to melodrama to comedy - together with one of the most explicitly political comments that Almodóvar has made throughout his filmography.

The movie opens during the Christmas holidays of 1970, exactly on the night that Franco's goverment's spokesman announced the suspension of constitutional rights in response to a series of terrorist attacks. That night, a prostitute, Isabel (Penélope Cruz) gives birth to a baby, Victor (Liberto Rabal), on a bus which she and a friend of hers have "hijacked" - and this is why the city decides to give Victor and his mother a lifetime pass for Madrid's public transport (!). After this, the story continues twenty years later, when we see Victor, now a pizza delivery man, who, while following his lover, Elena (Francesca Neri), end up shooting a policeman, David (Javier Bardem) - condemning him to a wheelchair. Victor is jailed, although the one who really shot David was his colleague Sancho (José Sancho). After serving his sentence, Victor is only keen to take his revenge, and does this first by seducing Sancho's wife, Clara (Angela Molina), and then by jeopardizing David and Elena's marriage, through a night of lovemaking with the woman. David, too, will avenge himself on Victor for seducing his wife, by telling Sancho about his wife's betrayal - which will eventually lead to Sancho and Clara killing each other (video 1 below; Italian trailer; video 2: English trailer with automatically generated subtitles).

Thus individual stories of love and death intertwine with the history of a country and a society, as Almodóvar himself explained:
"Twenty years ago my revenge against Franco lay in not recognizing his existence, his memory, in making films as if he had never walked the earth. Now I think it's not good to forget that time, it's worth remembering that in the final analysis, it wasn't that long ago" (Note 4). This explicit political stance is reflected in the cyclical treatment of the story, in terms of both time and place: when Victor, born in the city centre, leaves the prison, he goes to live in his mother's flat, in one of Madrid's dreary suburbs, where, however, we can see in the background new building developments - the image of a capital and a country which are on their way to a new European future, although grappling with serious economic and social gaps. At the end of the movie, we find Victor, now married to Elena, one night during the Christmas holidays of 1996, once again in the centre of Madrid, while he hurries his pregnant wife to the hospital - and, addressing the baby who is going to be born, says to him, "You're lucky, you are, little kid! You don't know how things have changed. Spain lost its fear a long time ago" (see video 3 below).

  

Video 1                                                                                                  Video 2

 

Video 3

Carne trémula - Carne tremula - Live flesh (1997)

9. Identità rimesse a fuoco: Tutto su mia madre e Parla con lei
9. Re-focussed identities: All about my mother and Talk to her
La parola "maschile" sarebbe senza significato senza il suo diretto opposto "femminile". L'identificazione del sè può solo essere costruita quando si può fare la differenza tra se stesso o se stessa ed il mondo esterno. (Nota 5) The word "masculine" will be meaningless without the direct opposite "feminine". Self-identification can only be built when one can tell the difference between himself or herself and the outside world. (Note 5)

Nei successivi due film Almodóvar approfondisce ulteriormente il rinnovamento operato con Carne tremula, approdando ora ad una dimensione di racconto più integrato, ad una caratterizzazione più netta dei personaggi e ad uno sviluppo più coerente e strutturato delle tematiche a lui care. In questo film, come in quelli successivi, la trama, nella sua usuale complessità, va esaminata con cura per mettere in luce sia le costanti che le novità di queste opere complesse.

Manuela (Cecilia Roth), madre single e infermiera in un centro di trapianto di organi, dopo la morte accidentale in un incidente d'auto del figlio diciassettenne Estéban (Eloy Alzorin), che rincorreva l'attrice Huma (Marisa Paredes) per chiederle un autografo, si traferisce da Madrid a Barcellona, alla ricerca del padre del ragazzo, anche lui di nome Estéban: scoprirà che costui, dopo aver cambiato sesso, ora si prostituisce ed è ammalato di Aids (di cui morirà); entrerà in contatto con Huma, di cui diventerà segretaria e che arriverà persino a sostituire una sera in una recita; e darà una mano sia ad un travestito, Agrado (Antonia San Juan), sia ad una suora che aiuta le prostitute, Rosa (Penélope Cruz), rimasta incinta di Estéban e sieropositiva. Non solo, ma alla morte di Rosa per parto, si prenderà cura di suo figlio (cui darà il nome, ancora una volta, di Estéban), il quale quasi per miracolo nasce senza l'infezione (video 1: trailer italiano; video 2: trailer inglese).

Abbiamo già menzionato più volte la cinefilia di Almodóvar e le continue citazioni, cinematografiche e musicali, che punteggiano sempre i suoi film; ma nel caso di Tutto su mia madre le citazioni, sia alle opere proprie che a quelle di terzi, assumono una rilevanza particolare per il disegno dei personaggi e lo sviluppo della storia - o, in questo caso, di più storie incastonate l'una nell'altra.

Il titolo del film è un diretto riferimento a Eva contro Eva (All about Eve, di Joseph L. Mankiewicz, USA 1950), significativamente intitolato, nella versione spagnola, Eva al desnudo (cioè "Eva svelata", o "Eva nuda"): è il film che Manuela e suo figlio guardano alla televisione all'inizio del film (video 3). Come regalo per il suo compleanno, Manuela regala al figlio i biglietti per andare insieme a teatro a vedere Un tram che si chiama desiderio (il titolo del famoso film di Elia Kazan con Marlon Brando, USA 1951), in cui recita Huma
. Subito dopo l'incidente in cui il figlio perde la vita, Manuela deve affrontare un colloquio in cui due medici cercano di convincerla a donare gli organi di Estéban: quasi una ripetizione della scena iniziale di Il fiore del mio segreto, ma questa volta non si tratta di una finzione ma di una dura realtà. Il tema della recitazione, del giocare un ruolo, della vita come intreccio di realtà e finzione, della vita che imita l'arte (o viceversa?), come si vede, è dunque qui centrale, insieme ai modi diversi in cui si esprime (il cinema, il teatro, la televisione).

Tutto su mia madre potrebbe intitolarsi "Tutto sulle donne", poichè si tratta di una galleria di ritratti tutti al femminile: gli uomini sono travestiti, o transessuali, e/o comunque muoiono durante la storia; e le identità sessuali e di genere sono ancora una volta messe in discussione. Ma anche le donne esprimono una varietà di figure e di ruoli: sono attrici, prostitute, madri che perdono il figlio e che si prendono cura di altre doone (come Manuela e la suora Rosa) o che fanno nascere una nuova vita, pagando con la propria (come la stessa Rosa). E come in Eva contro Eva la grande attrice Margo (Bette Davis) finiva per assumere come assistente personale un'arrampicatrice sociale, Eva (Anne Baxter), che alla fine le ruberà il posto in scena, così qui Manuela, che in passato aveva già recitato in Un tram che si chiama desiderio insieme all'allora partner Estéban, diventa l'assistente di Huma e arriva a sostituire in scena la collega e amante di Huma, Nina, che la rimprovera di aver pianificato la sua sostituzione - un'occasione per Manuela di ricordare le tragiche circostanze della morte del figlio e spiegare così il suo comportamento a Huma e Nina (Video 4).

Dunque tutte figure femminili che in qualche modo hanno a che fare con la maternità come rigenerazione (Nota 2): dal trapianto che fa rinascere una vita alla nascita del terzo Estéban della storia. Anche la famiglia come istituzione è oggetto di ri-creazione: come ebbe a dire Almodóvar, "[Una] varietà di famiglie ... è possibile oggigiorno. Se c'è qualcosa che caratterizza la fine del ventesimo secolo è la rottura della famiglia tradizionale. Ora si possono formare famiglie con altri membri, altri legami, altre rapporti biologici che devono essere rispettati. La cosa più importante è che i membri della famiglis si amino" (Nota 4). E infine, la stessa identità fisica femminile viene ridisegnata: quando una sera la rappresentazione di Un tram che si chiama desiderio viene cancellata, Agrado sale sul palco e improvvisa un monologo in cui racconta quanto le sono costati gli interventi chirurgici per trasformarsi in una donna, e chiude dicendo, "Una donna è tanto più autentica quanto più assomiglia a ciò che sogna di essere" (video 5). Agrado rappresenta al massimo grado le identità trans-: a cavallo tra maschile e femminile, tra realtà e finzione, tra naturale e artificiale, in una ri-definizione di sessualità che sottolinea l'indefinitezza del "genere", la sua instabilità e la sua trasgressione. L'identità non è fissa e assoluta nè tantomeno "binaria": per questo Almodóvar ha sempre rifiutato l'etichetta di "regista gay", dichiarando sempre di non essere interessato alla semplice (e tutto sommato facile) dicotomia tra "eterosessualità" e "omosessualità".

Almodóvar chiude il suo film con questa dedica: "Alle attrici che giocano il ruolo di attrici - in modo specifico Bette Davis, Gena Rowlands, e Romy Schneider". Il film vinse un'infinità di premi, tra cui Palma d'oro per la miglior regia, Oscar come migliore film straniero, un Golden Globe, un British Academy Award e sette "Goya" (gli "Oscar" spagnoli).


In his next two movies Almodóvar continues to explore the paths opened up in Live flesh, now approaching a new, more integrated dimension of storytelling, a deeper psychological portrayal of characters and a more coherent and structured development of his main themes. In this movie, as well as in the following ones, the plot, though complex as usual, is worth examining carefully to highlight both the unchanging and the new features of such complex works.

Manuela (Cecilia Roth), a single mother and a nurse in an organ transplant centre, after the death in a car accident of her seventeen-year-old son Estéban (Eloy Alzorin), who was running after actress Huma (Marisa Paredes) to ask her for an autograph, moves from Madrid to Barcelona, looking for her son's father, also named Estéban: she will find out that he, after changing sex, is now a prostitute and infected with AIDS (which will cause his death); she will also get in touch with Huma, who will employ her as her secretary, and whom she will even replace in a theatre performance one night; and she will also help a transvestite, Agrado (Antonia San Juan) as well as a nun (Penélope Cruz) who takes care of prostitutes. Rosa, who got pregnant during an intercourse with Estéban, is infected with AIDS as well, and Manuela, after Rosa's death, will take charge of her baby (who will be named, once again, Estéban) - a baby who is miraculously born without the infection (video 1: Italian trailer; video 2: English trailer).

We have already mentioned Almodóvar's cinephilia more than once and the constant references, both filmic and musical, appearing in all his movies; however, in All about my mother quotations, to both his own works and others', are particularly relevant for character psychology and story development - or rather, in this case, several intertwined stories

The title of the movie is a direct reference to All about Eve (by Joseph L. Mankiewicz, USA 1950), which in the Spanish version bears the meaningful title of  Eva al desnudo (i.e. "Eve unveiled" or "Eva naked"): this is the movie that Manuela and her son are watching on TV at the start of the movie (Video 3). As a present for his birthday, Manuela gives her son two tickets for a stage performance of A streetcar named Desire (the tile of the famous film by Elia Kazan with Marlon Brando, USA 1951), where Huma plays a role. Immediately after the accident which causes her son's death, Manuela has to face an interview during which two doctors try to persuade her to donate Estéban's organs: almost a repetition of the initial scene of The flower of my secret, but this time we are dealing with fiction but rather with harsh reality. The theme of acting and performance, of playing a role, of life as a mix of reality and fiction, of life imitating art (or viceversa?), as we can see, is of central importance in this movie, together with the different ways in which it can be expressed (cinema, theatre, television).

All about my mother could just as well have been given the title of "All about women", since it is a gallery of female portraits: men are transvestites, or transsexual, and/or they die anyway during the story; and sexual and gender identities are once again exposed. Women, too, play a range of roles: they are actresses, prostitutes, mothers who lose their children and who take care of other women (as Manuela and sister Rosa do). And just as in All about Eve the famous actress Margo (Bette Davis) ended up employing as a personal assistant a social climber, Eva (Anne Baxter), who will eventually steal her role on the stage, here Manuela, who had in the past played a role in A streetcar named Desire together with her partner Estéban, becomes Huma's assistant and even replaces Huma's  colleague and lover Nina, who reproaches her for planning her replacement in advance - an opportunity for Manuela to remember the tragic circumstances of her son's death and thus to explain her behaviour to Huma and Nina (Video 4).

Thus we are dealing with female figures who all have to do with maternity as regeneration (Note 2): from the organ transplant, renewing a life, to the birth of the third Estéban in the story. The family itself  as an institution is re-created: as Almodóvar himself said, "[A] variety of families ... are possible in these times. If there is something that characterizes the end of the twentieth century it's the rupture of the traditional family. Now you can form families with other members, other ties, other biological relations that need to be respected. The most important thing is that the members of the family love each other " (Note 4). And last but not least, the same female physical identity is redesigned: when one night the performance of A streetcar named Desire is cancelled, Agrado gets on the stage and improvises a monologue in which she tells the audience how expensive were the surgical operations she had to undergo in order to become a woman, ending it with,
"A woman is more authentic the more she resembles what she dreams herself to be" (Video 6). Agrado represents in the most explicit way the trans- identities: between male and female, between reality and fiction, between nature and artifice, she embodies a re-definition of sexuality which underscores the indefinite nature of "gender", its instability and its transgression. Identity is neither fixed and absolute nor "binary": this is why Almodóvar has always refused to be considered as a "gay director", always stressing that he is not interested in the simple (and much too easy) dichotomy between "heterosexuality" and "homosexuality".

Almodóvar ends this movie with this dedication:
"To the actresses who play actresses - specifically Bette Davis, Gena Rowlands, and Romy Schneider". The movie went on to win a number of awards, including the Golden Palm for best director, an Academy Award for best foreign film, a Golden Globe, a British Academy Award and seven "Goyas" (the Spanish "Oscars").

 

Video 1                                                                                            Video 2

 

Video 3                                                                                            Video 4

m  

Video 5                                                                                            Video 6

Todo sobre mi madre - Tutto su mia madre - All about my mother (1999)

Anche in Parla con lei Almodóvar prosegue il discorso sulle identità, con la stessa, se non maggiore, profondità di riflessione già dimostrata in Tutto su mia madre, anche se in questo caso sono gli uomini a raccontare storie, a se stessi, a chi intende ascoltarle e persino a chi non può ascoltarle. Le storie e lo "storytelling" sono in effetti uno dei tratti distintivi della trama del film, il che sottolinea ancora una volta la centralità delle storie (ed anche di storie plurime incrociate) e del desiderio di godere di queste storie come una delle componenti centrali del cinema di Almodóvar .

La trama di Parla con lei in effetti incrocia storie differenti ma soprattutto destini di persone diverse che per caso si trovano ad incrociare le loro vite. Il film si apre con una rappresentazione di un balletto di Pina Bausch: allo spettacolo assistono, commossi, Benigno (Javier Camara), un infermiere, e Marco (Dario Grandinetti), un giornalista. Mesi dopo, i due si ritrovano per caso nella stessa corsia di ospedale dove si trovano ricoverate, in coma da anni, Lydia (Rosario Flores), una torera già amante di Marco, e la ballerina Alicia (Leonor Watling), di cui Benigno è innamorato sin da quando la spiava durante le lezioni di ballo, e che ora cura amorevolmente. I due uomini fanno amicizia, e Benigno convince Marco che è importante continuare a parlare con le due donne e raccontare loro storie. Ma la trama subisce una drammatica svolta, quando Benigno, in realtà omosessuale e attratto da Marco, ciononostante ha un rapporto sessuale con Alicia e la rende incinta: arrestato, si suicida in carcere, mentre Marco, dopo la morte di Lydia, si ritrova, ancora ad un balletto di Pina Bausch, questa volta con Alicia, che nel frattempo, proprio grazie al parto, si è quasi per miracolo risvegliata dal coma, e che forse Marco amerà (vedi i trailer nei video 1 e 2 e il primo incontro di Benigno con Alicia nel video 3).

La storia di Parla con lei, relativamente semplice, è ancora una volta punteggiata da rimandi e citazioni che costituiscono quasi dei piccoli "film nel film". Il teatro, e in modo particolare la danza, apre e chiude il film. Il primo balletto, che mette in segna due sonnambule e un uomo che cerca di evitare che inciampino e cadano a terra, riflette evidentemente la vicenda di Benigno e la sua amorevole cura di Alicia; il secondo balletto, che inscena il rapporto tra due giovani amanti in una specie di "Giardino dell'Eden", riflette invece la vicenda di Marco e della rinata Alicia. Ancora più significativo è il breve film muto in bianco e nero, di tipo surreale ed espressionista, in cui un uomo, bevendo una specie di pozione sperimentale preparata dalla sua amante scienziata, rimpicciolisce fino al punto di camminare sul corpo della donna e di entrare nella sua vagina - un chiaro simbolo del rapporto sessuale che Benigno ha con Alicia in coma, ed una contrapposizione tra il fiume di parole di cui Benigno inonda Alicia e il muto rapporto che ha con lei (oltre che un forse più banale richiamo al "ritorno del maschio nel ventre materno"). Anche il modo in cui le storie si intrecciano, mediante frequenti flashback, è punteggiato da "titolazioni" (del tipo, "Parecchi mesi dopo", "Quattro anni prima", e così via), che possono ricordare gli "intertitoli" con cui il cinema muto segnalava i diversi momenti temporali. E, infine, l'apparizione di Caetano Veloso (video 4), che canta la famosa ballata folk messicana "Cucurrucuccù paloma" (che narra della perdita dell'amata), costituisce un ulteriore momento di "rappresentazione", a cui assistono, non solo Marco e Lydia, ma persino due attrici "almodovariane" come Marisa Paredes e Cecilia Roth, che erano protagoniste di Tutto su mia madre ma che in questo film non giocano nessun ruolo. Tutto ciò sottolinea una costante del cinema di Almodóvar, e cioè la speciale gamma di personaggi che spesso compaiono nel suoi film: registi, cabarettisti, romanzieri, cantanti, toreri, attrici, giornalisti, ballerini ... persone che hanno a che fare con storie, che raccontano e/o ascoltano storie, e che spesso vediamo assistere a spettacoli di vario tipo: concerti, spettacoli teatrali o televisivi, film, corride ... Insomma, la vita come spettacolo e lo spettacolo come vita.

Il tema dell'identità sessuale e di genere è di nuovo proposto con evidenza: non solo Benigno è un omosessuale legato all'eterosessuale Marco, ma i ruoli sociali sono invertiti: abbiamo una torera donna e un infermiere uomo. E' poi curioso il fatto che "Lydia" in spagnolo significhi "corrida" (bullfighting), quasi a significare che alla corrida stessa, simbolo della Spagna più tradizionale e violenta ed espressione della virilità, ora possano accedere delle donne. E parte del discorso delle identità è anche il tema del "corpo", che qui ricorre con frequenza e con diversi significati: si tratta dei corpi danzanti nei due balletti, ma anche del corpo di Alicia, anch'essa ballerina, e mostrato spesso in primo piano, nel suo coma, in una pudica nudità; ed anche del corpo di Lydia, torera devastata nella sua fisicità dall'incontro col toro. I corpi, insomma, sembrano farsi carico della narrazione stessa. Non a caso, nei suoi film precedenti, come in quelli successivi, Almodóvar riprende il tema della corporeità come elemento fondante dell'identità: non solo il corpo come soggetto e oggetto di sessualità e come sede della fluidità dei generi (dal travestitismo alla transessualità), ma anche come dolorosa costrizione (come quello di David paralizzato in Carne tremula), o ancora come scambio vitale tra persone (come nel caso dei trapianti di organi raffigurati sia in Il fiore del mio segreto che in Tutto su mia madre); fino a diventare il tema centrale della narrazione nel suo successivo film La pelle che abito.

Dopo essere stato all'inizio osteggiato e poi gradualmente riconosciuto dalla critica, con Parla con lei
Almodóvar si guadagnò il suo secondo Oscar per la miglior sceneggiatura.
In Talk to her, too, Almodóvar continues to explore the question of identity, adding depth to this exploration which he had already carried out in All about my mother - although in this case meen are aclled on to tell stories, to themselves, to those who want to listen to them and even to those who can't listen. Stories and storytelling are actually one of the main features of the plot of this movie, which once again underscores the centrality of stories (as well of the interconnection of stories) and of the desire to enjoy them as one of the central components of Almodóvar' cinema.

The plot of Talk to her is at crossroads of different stories as well as focussing on the destiny of different people who happen to meet and share their lives. The movie opens with a performance of a Pina Bausch ballet: in the audience we spot Benigno (Javier Camara), a nurse, and Marco (Dario Grandinetti), a journalist, to appear to be deeply moved by the ballet. A few months later, they happen to meet again in the same hospital ward where two women have been lying in a coma for years, Lydia (Rosario Flores), a former matador and Marco's ex-lover, and Alicia (Leonor Watling), a ballerina Benigno fell in love with while watching her taking ballet lessons, and whom he cares in a most affectionate way. The two men become friends, and Benigno persuades Marco that it is important to go on talking to the two women and telling them stories. However, the plot gets a dramatic twist when  Benigno, who is actually gay and attracted by Marco, despite this has a sexual intercourse with Alicia and gets her pregnant. He is arrested and commits suicide, while Marco, after Lydia's death, finds himself again at a Pina Bausch ballet performance, where he meets Alicia, who, in the meantime, thanks to her delivery, has almost miraculously come out of the coma, and may become Marco's lover (see the trailers in Video 1 and 2 and Benigno's first encounter with Alicia in Video 3).

The plot of Talk to her, which is relatively linear, is once again dotted with quotes and references which act as a sort of "movies within a movie". Stage plays, and ballet in particular, open and close the movie. The first ballet, which stages two sleep-walkers and a man trying to prevent them from falling to the ground, reflets rather explicitly Benigno's story and his loving care of Alicia; the second ballet, which stages the relationship between two young lovers in a sort of "earthly Paradise", reflects the story of Marco and the re-born Alicia. Even more meaningful is the short silent black and white film, of a surrealist and expressionist kind, in which a man, by drinking a sort of experimental potion prepared by his lover-scientist, shrinks to the point of walking on the woman's body and even entering her vagina - a clear symbol of the sexual intercourse that Benigno has with the comatose Alicia, as well as of the juxtaposition between the words Benigno floods her with and the silent relationship he has with her (besides being a rather easy reference to "the male's return into the mother's womb"). Even the way the stories intertwine, through frequent flashbacks, is dotted with "intertitles" (such as, "Several months later", "Four years earlier", and so on), which can bring to mind the "intertitles" through which silent films signalled the different points in time. And even Caetano Peloso's appearance (Video 4), who sings the famous Mexican folk ballad "Cucurrucuccù paloma" (which tells the story of a lost love), is again a moment of "stage performance - and we get to see, among the audience, not just Marco and Lydia, but even two of Almodóvar' favourite actresses, Marisa Paredes and Cecilia Roth, who were the protagonists of All about my mother but do not appear playing any role in this film. All this underscore a theme of central importance in Almodóvar's cinema, i.e. the special range of characters who often appear in his movies: directors, cabaret singers, novelists, matadors, actresses, journalists, ballet dancers ... people who have to do with stories, who tell and/or listen to stories, whom we often see watching all sorts of shows: concerts, stage plays, TV programs, movies, bull-fighting ... In a word, life as a show and shows as life.

The topic of sexual and gender identity is, once again, at the forefront: not only is Benigno a homosexual attracted by heterosexual Marco, but the social roles are inverted: we get a male nurse and a lady matador. A curiosity: in Spanish "Lydia" means "bullfighting", almost to point o the fact that bullfighting, a symbol of traditional, violent Spain and an expression of virility, is now available to women too. And part of the same theme of "identities" is the theme of "the body", which is recurring in the movie, carrying several meanings: the two dancing bodies in the ballets, Alicia's body, a ballet dancer herself, often shown in close-ups, in her coma, in its chaste nudity, and Lydia's body, too, a bull-fighter's body now ravaged in its physical reality by a tragic encounter with a bull. In a word, bodies seem to take charge of narration itself. It is not by chance that Almodóvar, both in his previous movies and in the following ones, takes up again the them of the "body" as a basic element of identity: not just the body as sexual subject and object and as the meeting point of gender types (from transvestitism to transsexuality), but also as painful constraint (like David's paralysed body in Live flesh), or as vital exchange between humans (as in the case of organ transplants both in The flower of my secret and in All about my mother); eventually turning into the main theme  of his next movie, The skin I live in.


After experiencing critics' open hostility and those same critics' gradual recognition, with Talk to her Almodóvar won his second Academy Award for best screenplay.

  

Video 1                                                                                                Video 2

 

Video 3                                                                                                Video 4

Hable con ella - Parla con lei - Talk to her (2002)

 

Fine della Seconda parte. Vai alla Terza ed ultima parte End of Part 2. Go to Part 3
   

Note/Notes

(1) Kinder M. 1995. "From Matricide to Mother Love in Almodóvar's High heels", in Vernon K.M. and Morris B. (eds.) Post-Franco, Postmodern, Greenwood Press, Westport, p. 151.

(2) Almodóvar P. 1995. La flor de mi secreto, Press-book, p.75 e/and 165.

(3) D'Lugo M. 2006. Pedro Almodóvar, University of Illinois Press, Urbana and Chicago.

(4) Strauss F. 2001. Conversaciones con Pedro Almodóvar, Ediciones Akal, Verona, p. 154, 162.

(5) All about sexuality, p. 33.


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