Dossier Dossiers |
Il "sistema di Hollywood": dietro le quinte della "fabbrica dei sogni" |
The "Hollywood system": behind the scenes of the "dream factory" |
Questo Dossier fa parte del progetto I film sul cinema: uno sguardo "dall'interno" sul mondo del cinema Gli altri Dossier del progetto sono: * I film sul cinema: introduzione generale * Le divinità del cinema: ascesa e caduta delle stelle * Sul set: assistere alle riprese di un film * Registi dentro e fuori dal set * I "film nei film": lo spettatore raddoppiato * Produttori e sceneggiatori: le "figure nascoste" del cinema * Il "meta-cinema": quando il cinema riflette su se stesso |
This Dossier is part of the project Movies about movies: insiders' looks at the world of cinema The other Dossiers in the project are: * Movies about movies: a general introduction * Movie gods and goddesses: the rise and fall of stars * On the set: watching films being made * Directors on and off the set * "Films within films": viewers watching viewers * Producers and screenwriters: the "hidden figures" of filmmaking * "Meta-cinema": when movies reflect on themselves |
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1. Introduzione | 1. Introduction |
"Una cosa va ricordata quando si parla dei film di Hollywood sulla stessa Hollywood - che sono stati realizzati per lo stesso motivo dei film su qualsiasi altro luogo o argomento, ed è per intrattenere il pubblico più ampio possibile. Che si tratti di parodie geniali o di melodrammi brucianti, i "film sui film" non possono essere considerati dei documentari: per ragioni comiche e drammatiche, Hollywood ha spesso esagerato tutte le ovvie sfaccettature di se stessa - anche se può sembrare impossibile che siano più esagerate di quanto non siano in realtà - e ha aperto volentieri tutte le sue casseforti alla ricerca di materiale cinematografico. In tal modo, si rivela un'industria dalla mentalità tenace che ruota attorno a enormi quantità di denaro. È nella natura del mondo del cinema richiamare l'attenzione su se stesso, proprio come un attore deve fare la stessa cosa - e lo fa facendosi apparire interessante, bizzarro, attraente, affascinante, spaventoso, seducente, eccitante e divertente." (Nota 1) |
"One thing must be remembered in discussing
Hollywood's films about itself - that they were made for the same reason
as films about any other place or subject, and that is to entertain the
widest possible public. Whether they are genial spoofs or
searing melodramas, the movies about the movies cannot be taken aas
documentaries. For comic and dramatic reasons, Hollywood has often
exaggerated all the obvious facets of its character - although it may
seem impossible for them to be more exaggerated than they really are -
and willingly opened all its closets in the search for movie material.
In doing so, it reveals itself as a tough-minded industry revolving
around enormous amounts of money. It is the nature of the picture
business to call attention to itself - just as an actor must do the same
thing - and it does so by making itself appear interesting, bizarre,
glamorous, fascinating, frightening, beguiling, exciting and amusing."
(Note 1) |
Diversi Dossier di questo progetto (vedi l'Indice qui sopra) si concentrano su figure
particolari del sistema produttivo hollywoodiano, così come i film
stessi li hanno rappresentati nel tempo: attori/attrici, registi,
produttori e sceneggiatori. In questo particolare Dossier esamineremo
alcuni aspetti del sistema produttivo di Hollywood nel suo complesso (che, pur con mille
trasformazioni, continua ancora oggi ad esibire diverse caratteristiche
della sua "epoca d'oro") e la "filosofia di fondo" che ne sta alla base.
Come illustra chiaramente la citazione qui sopra, i "film sui film" non
sono per nulla diversi dai tanti "generi cinematografici" in cui si
articola la produzione hollywoodiana: si tratta pur sempre, nello
spirito basilare dell'industria, di realizzare prodotti dal più alto
profitto possibile, e i personaggi e gli scenari tipici del mondo del
cinema sono soltanto uno tra i tanti possibili argomenti o mondi che il
cinema stesso mette continuamente in scena, con il valore aggiunto di
sfruttare quell'elemento di glamour e di curiosità che ha
sempre attirato il pubblico, sempre pronto ad gettare uno sguardo
"dietro le quinte". Che poi questo sguardo corrisponda al vero, cioè
mostri seriamente e onestamente questo "dietro le quinte", è un'altra
storia: anche nel caso dei "film sui film", Hollywood è sempre stata
maestra nell'allestire spettacoli più o meno verosimili, ma che
soddisfacessero comunque le aspettative (a volte reali, più spesso
indotte) del pubblico destinatario di queste "visioni". D'altronde, gli stessi professionisti coinvolti nel mondo del cinema (a cominciare dai produttori, ossia i personaggi più direttamene legati agli investimenti finanziari, al loro costo e ai relativi profitti), pur giovandosi della loro esperienza e di ricerche di mercato sempre più sofisticate, non sono mai al riparo dai rischi che comporta la realizzazione di un film, in quanto impresa finanziaria e commerciale: "[Il mondo del cinema è] un complesso, sconcertante business popolato da tutti i tipi di artisti e tutti i tipi di uomini d'affari, nessuno dei quali può essere del tutto sicuro che ciò che fanno incontrerà l'approvazione del pubblico. E se i film si riveleranno poi spazzatura piuttosto che capolavori, sono fatti solo perché è nell'interesse di qualcuno realizzarli - lo sforzo esiste solo all'interno di una struttura di profitto. Per quanto riguarda il vecchio adagio sul dare al pubblico ciò che vuole, il compianto Samuel Goldwin scosse la testa e disse: 'Non credo che il pubblico stesso sappia cosa vuole, solo dopo aver visto un'immagine sullo schermo sa se gli piace o no. Nessuno è abbastanza geniale da conoscere le risposte in anticipo '" (Nota 2) 2. Hollywood celebra se stessa La cerimonia di consegna dei premi Oscar è, da sempre, il momento culminante della vita della comunità che fa riferimento al mondo del cinema, e, di riflesso, un momento atteso con interesse e curiosità dai pubblici di tutto il mondo. Si tratta di un vero e proprio rito (o serie di riti), rimasto pressochè lo stesso attraverso i decenni, che, oltre ad avere risvolti finanziari importanti (in quanto i premi costituiscono un bel trampolino di lancio per i film premiati), è l'occasione per Hollywood di celebrare se stessa, nel pieno del suo fascino e della sua seduzione - e lo fa mettendo in bella mostra tutti i personaggi del suo mondo, a cominciare, ovviamente dalle star e dai registi. Dunque la cerimonia degli Oscar è già di per sè una specie di "film sui film", uno specchio in cui Hollywood riflette se stessa e si mette in mostra agli occhi di tutto il mondo. Un film incentrato sui premi Oscar ha dunque doppiamente un valore di svelamento del "dietro le quinte" - pur con le riserve, cui abbiamo appena accennato, sulla realtà e autenticità di quanto viene mostrato. E' il caso di The Oscar - Tramonto di un idolo (si veda il video qui sotto), che inizia con le scene che tutto il mondo è abituato da sempre a vedere: il luccichio delle location, l'arrivo delle auto che depositano le star, la folla che, eccitatissima, preme per soddisfare la sua curiosità, il red carpet, le interviste con i candidati ai vari premi ... |
Several Dossiers in this project (see the Plan above) focus
on particular figures of the Hollywood production system, as the films
themselves have represented them over time: actors/actresses, directors,
producers and screenwriters. In this particular Dossier we will examine
some aspects of the Hollywood production system as a whole (which,
despite many transformations, still continues to exhibit various
characteristics of its "golden age") and its underlying "philosophy". As
the quotation above clearly illustrates, "films about films" are in no
way different from the many "film genres" in which Hollywood production
is articulated: the goal is still, in the basic spirit of the industry,
to make products with the highest possible profit, and the characters
and scenarios typical of the world of cinema are only one of the many
possible topics or worlds that cinema itself continuously stages, with
the added value of exploiting that element of glamour and curiosity that
always has attracted audiences, always ready to take a look "behind the
scenes". The fact that this "look" corresponds to the truth, that is,
that it seriously and honestly shows the "behind the scenes", is another
story: even in the case of "films about films", Hollywood has always
been a master in setting up more or less plausible shows, but which
would nevertheless satisfy the expectations (sometimes real, more often
induced) of the target audience of these "visions". On the other hand, the same professionals involved in the world of cinema (starting with the producers, that is the people most directly linked to financial investments, their cost and relative profits), while benefiting from their experience and increasingly sophisticated market research tools, are never safe from the risks involved in making a film as a financial and commercial enterprise: "[The movie world is] a complex, baffling business peopled by all kinds of artists and all kinds of businessmen, none of whom can be entirely sure that what they do will meet the approval of the public. And whether movies turn out to be claptrap or masterpieces, they are made only because it is in someone's interest to make them - the effort exists only within a framework of profit-making. As for the old adage about giving the public what it wants, the late Samuel Goldwin shook his head and said, 'I don't believe the public itself knows what it wants, They only know after they've seen a picture on the screen whether they like it or not. No one is enough of a genius to know the answers in advance'" (Note 2) 2. Hollywood celebrates itself The ceremony for the Academy Awards has always been the culminating moment in the life of the community that refers to the world of cinema, and, consequently, a moment awaited with interest and curiosity by audiences all over the world. It is a real ritual (or series of rituals), which has remained almost the same over the decades, which, in addition to having important financial implications (as the awards are a precious springboard for the award-winning films), is the opportunity for Hollywood to celebrate itself, in the height of its charm and seduction - and it does so by putting all the characters of its world on display, starting, obviously, from stars and directors. So the Oscar ceremony is in itself a kind of "film about a film", a mirror in which Hollywood reflects itself and shows itself to the eyes of the whole world. A film focused on the Oscars therefore has a double value in revealing the "behind the scenes" - albeit with the reservations, which we have just mentioned, about the reality and authenticity of what is shown. This is the case of The Oscar (see the video below), which begins with the scenes that the whole world expects: the glitter of the locations, the arrival of the cars with the stars, the excited crowd eager to satisfy their curiosity, the red carpet, the interviews with the candidates for the various awards ... |
The Oscar - Tramonto di un idolo/The Oscar (di/by Russel Rouse, USA 1966) |
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Naturalmente, la prima reazione a questo tipo di "auto-celebrazione"
potrebbe essere che "non è tutto oro quello che luccica", e la storia di
Hollywood, comprese le cronache che ne ha fatto la cultura popolare in
più di un secolo di vita, ci ha anche abituato a prendere con cautela
queste celebrazioni e a non dimenticare che "dietro le quinte" c'è ben
più di un mondo felice e affascinante. Eppure, sin dai tempi del cinema
muto Hollywood non ha rinunciato ad offrire questa immagine tradizionale
di se stessa in pasto ai suoi spettatori e all'opinione pubblica in
generale. Già un secolo fa Souls for sale (si veda il video qui
sotto), partiva dalla constatazione che già da tempo una miriade di
persone accorreva a Hollywood, lasciandosi alle spalle la propria vita
quotidiana, per cercare fortuna nella "fabbrica dei sogni" - con il
risultato che un'infima percentuale di loro avrebbe fatto fortuna, e gli
altri e le altre sarebbero "tornati a casa" (se non irretiti in
esperienze desolanti se non abbrutenti). Ma l'apertura di Souls for
sale presenta invece (con l'ausilio, in questo video, di un
commento musicale posteriore) proprio l'immagine già stereotipata che
Hollywood dava di se stessa: riprese aeree mostrano una città piena di
giardini, e poi un susseguirsi di ville che mostrano l'opulenza di un
ambiente da sogno: "case, giardini e panorami del mare dalle montagne",
come dice un cartello esplicativo. Il film di fatto si proponeva di
"rendere giustizia" a Hollywood, già criticata aspramente per i suoi
lati oscuri se non immorali, rilanciando l'idea di una comunità operosa
di persone oneste e impegnate che, come dice un altro cartello, sono al
lavoro per "riscaldare i cuori e illuminare le vite" dei loro spettatori
... |
Of course, the first reaction to this kind of "self-celebration" may be that "not all that glitters is gold", and the history of Hollywood, including the stories that made it part of popular culture for the last hundred years, has also accustomed us to take these celebrations with caution and not to forget that "behind the scenes" there is much more than a happy and fascinating world. Yet, since the days of silent cinema, Hollywood has not given up on offering this traditional image of itself to its viewers and the general public. Already a century ago Souls for sale (see the video below), started from the realization that for some time a myriad of people had already flocked to Hollywood, leaving their daily lives behind, to seek their fortune in the "dream factory" - with the result that a tiny percentage of them would make a fortune, and the others would "go home" (if not entangled in desolating if not brutal experiences). But the opening of Souls for sale instead presents (with the help, in this video, of a later musical commentary) precisely the already stereotyped image that Hollywood gave of itself: aerial shots show a city full of gardens, and then a succession of villas that show the opulence of a dream environment: "houses, gardens and views of the sea from the mountains", as an explanatory sign says. The film actually set out to "do justice" to Hollywood, already harshly criticized for its dark if not immoral sides, by relaunching the idea of an industrious community of honest and committed people who, as another sign says, are at work. to "warm the hearts and illuminate the lives" of their spectators ... |
Souls for sale (di/by Rupert Hughes, USA 1923) - Il film completo è disponibile qui/The full film is available here. |
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Proprio sulle disavventure di una ragazza che arriva a Hollywood nella
speranza di entrare nel magico mondo delle star è incentrato Maschere
di celluloide, che, realizzato alla
vigilia della rivoluzione del sonoro, presenta la mecca del cinema con
humor, una certa dose di ironia e un pizzico di nostalgia per un mondo
che si percepiva già al termine di una sua fase importante. La ragazza
in questione, Peggy Pepper (Marion Davies) arriva in città accompagnata
dal padre (si veda il Video 1 qui sotto), che desidera promuoverne le
fortune come "grande attrice", e attraversa le strade di Hollywood,
affascinata e stordita da tutto quello che vede, in particolare dalle
insegne ("Hollywood Cafeteria", "Hollywood Toy Shop", "Hollywood Daily
Market", e così via), che le fanno dire, "Deve essere proprio
Hollywood!". L'auto poi passa davanti al alcuni dei più famosi
studios: Paramount, First National, MGM, Fox ... Quando Peggy si
presenta in uno studio (Video 2), dopo aver mostrato diverse sue fotografie, le
viene chiesto se sa recitare. Per tutta risposta, lei si mette a
"mimare" diversi stati d'animo, come dicono i cartelli esplicativi:
meditativo, passionale, arrabbiato, dispiaciuto, gioioso ... fornendo
delle caricature che, come dice il titolo italiano, sono vere e proprie
"maschere di celluloide". "Molto buffo", sentenzia il produttore,
"Riempia questo modulo". Forse la carriera di Peggy sta veramente per iniziare ... |
Precisely on the misadventures of a girl who arrives in Hollywood in the hope of entering the magical world of stars is the focus of Show people, which, made on the eve of the sound revolution, presents the mecca of cinema with humor, a certain dose of irony and a pinch of nostalgia for a world that was already perceived as the end of an important phase. The girl in question, Peggy Pepper (Marion Davies) arrives in town accompanied by her father (see Video 1 below), who wishes to promote her fortunes as a "great actress", and drives through the streets of Hollywood, fascinated and stunned by everything she sees ("Hollywood Cafeteria", "Hollywood Toy Shop", "Hollywood Daily Market", and so on), which make her say, "It must be Hollywood!". The car then passes in front of some of the most famous studios: Paramount, First National, MGM, Fox ... When Peggy shows up in a studio (Video 2), after showing several photographs of herself, she is asked if she can act. In response, she begins to "mimic" different moods, as the explanatory signs say: meditative, passionate, angry, sorry, joyful ... providing caricatures that, as the Italian title says, are real "celluloid masks". "Very funny", says the producer, "Fill in this form". Maybe Peggy's career is really about to begin ... |
Video1 Video 2 Maschere di celluloide/Show people (di/by King Vidor, USA 1928) |
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3. Hollywood critica se stessa Nonostante il fuorviante titolo italiano, Ed ora ... sposiamoci non è una commedia romantica, ma una satira divertente ed intelligente del mondo di Hollywood, che sfrutta tutti i suoi luoghi comuni ma ne fornisce anche un ritratto nei suoi risvolti meno conosciuti e scontati. Un onesto e un po' ingenuo funzionario di banca, Mr. Todd (Leslie Howard) viene mandato a Hollywood per supervisionare gli aspetti finanziari di un film in produzione ("Sesso e Satana" ...), e rimane affascinato, ma in parte anche inorridito, da questo mondo per lui così nuovo: nel Video 1 qui sotto, ad esempio, lo vediamo sopportare una madre ansiosa di far scritturare la figlia, che si esibisce in una performance dimostrativa, provocando lo sdegno di Todd ("Sua figlia dovrebbe essere fuori a giocare ... lei le sta rubando la sua infanzia!"). E nel Video 2, un'ex bambina prodigio, Miss Plum (Joan Blondell) cerca di spiegargli come funziona Hollywood: i gusti del pubblico sono quelli che sono, e lei non potrebbe ora rifare quello che faceva da bambina (un riferimento non tanto velato all'importanza del successo al botteghino ...). Ma quando il film in lavorazione si preannuncia come un disastro, e le maestranze vengono licenziate, Todd riuscirà a convincerli a rientrare al lavoro e finire il film (Video 3), spiegando loro che le differenze tra "capitale" (gli studios) e "lavoro" (le maestranze) non sono così nette: molti tra di loro sono piccoli azionisti dello studio, e solo finendo il film si potranno sventare i piani di finanziatori senza scrupoli che intendono chiudere l'attività. Il film, dunque, apre una finestra inedita sul mondo produttivo hollywoodiano: per una volta, le questioni finanziarie vengono chiaramente denunciate, così come l'importanza di tutti i lavoratori, che a vario titolo e livello contribuiscono alla realizzazione di un film. |
3. Hollywood criticizes itself Despite the misleading Italian title (which sounds as "And now ... let's get married") Stand-in is not a romantic comedy, but a funny and intelligent satire of the Hollywood world, which exploits all its clichés but also provides a portrait of its less known and obvious aspects. An honest and somewhat naive bank official, Mr. Todd (Leslie Howard) is sent to Hollywood to oversee the financial aspects of a film in production ("Sex and Satan" ...), and is fascinated, but partly even horrified, by this world so new to him: in Video 1 below, for example, we see him endure a mother anxious to have her daughter cast, who gives a demostrative performance, provoking Todd's outrage ("Your daughter should be out, playing ... you're stealing her childhood from her!"). And in Video 2, a former child prodigy, Miss Plum (Joan Blondell) tries to explain how Hollywood works: the public's tastes are what they are, and she couldn't do what she did as a child now (a not-so-veiled reference to the importance of box office success ...). But when the film in progress promises to be a disaster, and the workers are fired, Todd will manage to convince them to go back to work and finish the film (Video 3), explaining to them that the differences between "capital" (the studios) and "work "(the workers) are not so clear-cut: many of them are small shareholders of the studio, and only by finishing the film will it be possible to counterbalance the plans of unscrupulous financiers who intend to close the business. The film, therefore, opens an unprecedented window on the Hollywood production world: for once, financial issues are clearly exposed, as well as the importance of all the workers, who in various capacities and at various levels contribute to the making of a film. |
Video 1 Video 2 Video 3: Italiano Video 4: English Ed ora ... sposiamoci/Stand-in (di Tay Garnett, USA 1937) |
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Lo stesso spirito di (blanda) "critica sociale" lo ritroviamo in
un altro film che, pur possedendo tutte le caratteristiche della
commedia romantica, affronta con leggerezza ma anche con onestà il ruolo
e la funzione che il cinema può avere in diversi contesti di vita
sociale. I dimenticati infatti parte con la vicenda del regista
Sullivan (Joel McCrea), che è convinto che il cinema in tempi di guerra
(com'era il momento di uscita del film, il 1941, in pieno conflitto
mondiale) sia pura evasione, e dunque immorale: lui auspica invece un
cinema che sappia ispirarsi ai fatti della vita vera, che li sappia
documentare, in questo modo adempiendo anche ad una funzione educativa:
in questa discussione (si veda il Video 1 qui sotto), i suoi colleghi lo
interrompono continuamente dicendo, "Sì, va bene ... ma con dentro anche
un pochino di sesso ...". Per trarre ispirazione dalla "vita vera" si
traveste da vagabondo e si mette a vivere con i senzatetto. Ma
un'esperienza significativa l'avrà soltanto incontrando un'aspirante
attrice (Veronica Lake), e finendo per sbaglio in un campo di lavori
forzati. Qui (si veda il Video 2 qui sotto) il pastore della locale
comunità religiosa, dopo aver pregato i fedeli di accogliere
benevolmente i carcerati che tra poco entreranno per condividere la loro
esperienza, fa proiettare un film di Topolino, tra l'apprezzamento e il
divertimento generale. E, assistendo a questa scena, il nostro regista
capirà che anche nei periodi più bui e tormentati il cinema può offrire
un momento di gioia e di serenità. Così, quando torna al suo lavoro
(Video 4), ai collaboratori che vogliono fargli girare una "tragedia",
ispirata anche dalle sue recenti esperienze come "vagabondo", lui
stupisce tutti dicendo che vuole invece fare una commedia, perchè "Non
ho sofferto abbastanza per fare una tragedia ... E' importante far
ridere la gente ... E' tutto quello che alcuni hanno ... non è molto, ma
è meglio di niente". "I dimenticati sembra sostenere l'intrattenimento di evasione rispetto ai film socialmente impegnati, ma in realtà fa una distinzione più sottile: argomenta contro i film portatori di "messaggi didattici" (in particolare di natura allegorica) a favore di film che usano umorismo, arguzia e satira per esaminare i problemi sociali. [Il regista] Sturges, sebbene usi la satira, non è certo un radicale, ma sarebbe un errore vedere questo film (o altri suoi) come strettamente "di evasione". Nei suoi viaggi, Sullivan impara non solo il rispetto per la commedia, ma anche il rispetto per il suo pubblico." (Nota 3) |
We find the same spirit of (mild)
"social criticism" in another film which, while possessing all the
characteristics of a romantic comedy, tackles the role and function that
cinema can have in different social life contexts with lightness but also
honesty. Sullivan's travels starts with the story of
director Sullivan (Joel McCrea), who is convinced that cinema in times
of war (as it was when the film was released, in 1941, in the midst of
the world conflict) is pure escape, and therefore immoral: he instead
hopes for a cinema that knows how to be inspired by the facts of real
life, that knows how to document them, thus also fulfilling an
educational function: in this discussion (see Video 1 below), his
colleagues interrupt him continuously saying, "Yes, okay ... but with a
little bit of sex in it too ...". To draw inspiration from "real life"
he disguises himself as a tramp and starts living with the homeless. But
a meaningful experience will only come from meeting an aspiring actress
(Veronica Lake), and accidentally ending up in a forced labor camp. Here
(see Video 3 below) the pastor of the local religious community welcomes the inmates who will soon come in to
share their experience, and shows a Mickey Mouse film, which if fun for
everybody and highly
appreciated. And, witnessing this scene, our director
will understand that even in the darkest and most tormented periods,
cinema can offer a moment of joy and serenity. So, when he returns to
his work (Video 4), to collaborators who want to make him shoot a
"tragedy", also inspired by his recent experiences as a tramp, he
amazes everyone by saying that he wants to make a comedy instead,
because "I didn't suffer enough to make a tragedy ... It's important to
make people laugh ... It's everything some have ... it's not much, but it's
better than nothing. " "Sullivan's travels appears to endorse escapist entertainment over socially conscious films, but it actually makes a subtler distinction: it argues against didactic message films (particularly of an allegorical nature) in favor of films that use humor, wit, and satire to examine social problems. Sturges, though a satirist, is hardly a radical, but it would be a mistake to see this film (or his others) as strictly escapist. In his travels, Sullivan learns not only respect for comedy, but also respect for his audience." (Note 3) |
Video 1 Video 2: Italiano Video 3: English Video 4 I dimenticati/Sullivan's travels (di/by Preston Sturges, USA 1941) |
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Una denuncia dell'ignoranza, della superficialità e della volgarità che
i meccanismi produttivi di Hollywood possono dimostrare ci è offerta in
Il grande regista (si veda il trailer nel Video 1 qui sotto),
che, come in molti altri casi, mette a confronto un giovane regista
esordiente (Kevin Bacon), fresco di studi universitari e vincitore di un
premio in un concorso di cinema scolastico, con l'arroganza (e la
stupidità) di coloro che prendono le decisioni circa i film da produrre.
Nella scena forse più significativa (Video 2), il giovane espone per la
prima volta il progetto del suo film a dei produttori: è un film su come
le persone cambiano per ogni genere di ragioni, ma non necessariamente
allo stesso tempo e per le stesse ragioni ... Un tema troppo complicato
e astratto per i produttori, che lo incoraggiano ad entrare nel vivo
della storia. Il ragazzo allora comincia a descrivere questa drammatica storia
d'amore, che è ambientata in una casetta in inverno, e che vediamo materializzarsi subito nel possibile film (in
bianco e nero). Ma, man mano che la vicenda viene descritta i produttori
lo interrompono per suggerire modifiche (che vediamo puntualmente
riflesse nel film in b/n): all'iniziale triangolo rappresentato da una
donna e due uomini, si passa così all'aggiunta di un'altra donna ... poi
all'eliminazione di uno dei due uomini ... per finire con l'idea che la
love story sia ... tra le due donne ... e per trasformarsi poi
in una "commedia da spiaggia"! Questa caustica satira
del modo in cui vengono trattate le possibili sceneggiature mette alla
berlina gli intenti puramente commerciali del mondo produttivo
hollywoodiano - ma l'ironia va anche oltre: quando il giovane regista,
stufo delle continue manipolazioni a cui viene sottoposto, decide di
lasciar perdere tutto e di andarsene via con la sua ragazza, ecco che
improvvisamente tutti lo vogliono e lo cercano ... per realizzare, alla
fine, il film come lui lo aveva immaginato sin dall'inizio (Video 3)! |
A denunciation of the ignorance,
superficiality and vulgarity that Hollywood's production mechanisms can
demonstrate is the focus of The big picture (see the trailer in
Video 1 below), which, as in many other cases, compares a young
first-time director (Kevin Bacon), fresh out of university studies and
winner of a prize in a school film competition, with the arrogance (and
stupidity) of those who make the decisions about the films to be
produced. In perhaps the most significant scene (Video 2), the young man
exposes his film project to producers for the first time: it is a film
about how people change for all kinds of reasons, but not necessarily at
the same time and for the same reasons ... a much too complicated
and abstract theme for the producers, who encourage him to get into the
heart of the story. The boy then begins to describe his dramatic love
story, which is set in a small house in winter, and which we see
immediately materialize in the possible film (in black and white). But,
as the story is described, the producers interrupt it to suggest changes
(which we see promptly reflected in the b/w film): to the initial
triangle represented by a woman and two men, we move on to the addition
of another woman ... then the elimination of one of the two men ...
to end up with the idea that the love story is ... between the two women
... with the picture eventually turning into a "beach comedy"! This caustic satire of the
way in which possible scripts are treated exposes the purely commercial
intentions of the Hollywood production world - but the irony
goes even further: when the young director, fed up with the constant
manipulations to which he is subjected, decides to give up everything
and go away with his girlfriend, suddenly everyone wants him and start
searching for him ... so that, in the end, the film will be made as he had imagined it
from the beginning (Video 3)! |
Video 1:Trailer Video 2 Video 3 Il grande regista/The big picture (di/by Christopher Guest, USA 1989) - The full film is available here. |
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Dai toni quasi farseschi di Il grande regista passiamo
all'ironia, velata di malinconia, di Boogie nights - L'altra
Hollywood (si vedano i trailer qui sotto), ritratto dolceamaro del
cinema porno hollywoodiano a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80. La
storia si concentra su un ragazzo di San Francisco, Eddie Adams (Mark
Wahlberg), che, sfruttando ciò che la natura gli ha donato (è un
"superdotato"), viene ingaggiato dal regista Jack Horner (Burt Reynolds)
e diventa presto una pornostar con il nome di Dick Diggler. Ma, dopo gli
anni dei grandi successi, subentrano anni di decadenza, tra
prostituzione, droga, violenza, rapine ... è l'inizio degli anni '80,
con il trionfo della reaganomics, il mito dell'effimero e il
passaggio dagli spensierati anni hippie ad una superficiale
mediocrità e all'inevitabile declino. Un'altra faccia del mondo
hollywoodiano, descritto con realismo ma anche con un afflato emotivo
nel rievocare una stagione finita per sempre, con i suoi miti e i suoi
eccessi. |
From the almost farcical tones of The big picture we turn to the irony, veiled in melancholy, of Boogie nights (see the trailers below), a bittersweet portrait of Hollywood porn cinema at the turn of the 70s and the '80. The story centers on a boy from San Francisco, Eddie Adams (Mark Wahlberg), who, taking advantage of what nature has given him (he's particulary "gifted"), is hired by director Jack Horner (Burt Reynolds) and soon becomes a pornstar by the name of Dick Diggler. But, after the years of great successes, years of decadence take over, along with prostitution, drugs, violence, robberies ... it is the beginning of the 80s, with the triumph of reaganomics, the myth of the ephemeral and the transition from the carefree hippie years to a superficial mediocrity and the inevitable decline. Another face of the Hollywood world, described with realism but also with an emotional inspiration in recalling a season that has ended forever, with its myths and its excesses. |
Trailer italiano English trailer Boogie Nights - L'altra Hollywood/Boogie nights (di/by Paul Thomas Anderson, USA 1997) |
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Una simile miscela di ironia e di affetto per un mondo cinematografico
che è ormai tramontato, ma che ci ha lasciato tanto capolavori
affascinanti quanto mediocri banalità, è quello rievocato dai fratelli
Coen in Ave, Cesare! (film che viene discusso anche
nel Dossier sui produttori e
gli sceneggiatori in questo stesso progetto). Qui ci limitiamo ad
esaminare un paio di scene molto evocative di alcune sfaccettature del
sistema hollywoodiano. Nel Video 1 qui sotto, la star
protagonista del film "colossal" storico-epico Ave, Cesare!
(interpretata da George Clooney) si lancia in un'accusa veemente contro
il "sistema", che fa finta di produrre film storici e "spirituali", ma
in realtà produce solo dei lecca-lecca per le masse - quello che una
volta si chiamava "panem et circenses" ... ma viene subito interrotto, e
persino schiaffeggiato, da uno degli executives dello
studio: "Adesso tu vai là e finisci Ave, Cesare!, farai il
tuo monologo ai piedi del ladrone credendo ad ogni singola parola che
reciti, lo farai perchè sei un attore ed è il tuo mestiere, come il
regista fa quello che fa, l'autore, la segretaria di edizione ed il
ragazzo del "ciak" ... lo farai perchè il film ha un valore e tu hai un
valore se servi al film ... Vai sul set e comportati da
star". L'attore, sia pure star riconosciuta, è dunque una
semplice pedina all'interno di un puzzle come quello rappresentaro da
una grande industria che ragiona in termini esclusivamente commerciali. Il Video 3 ci mostra invece un altro aspetto della "confezione" di un film hollywoodiano di tipo storico-religioso, che, come tale, e per assicurarsi il massimo gradimento da parte del pubblico, deve ridurre i rischi insiti nella sceneggiatura. Per questo viene convocata una riunione con i rappresentanti dei principali culti per ottenere il loro consenso rispetto alle scene previste. Inutile dire che anche queste inevitabili mediazioni e compromessi, che mettono in luce le cautele censorie con cui materie così sensibili vengono trattate, sono ancora una volta rappresentate con ironia e humour ... |
A similar mixture of irony and affection
for a cinema world that is now gone, but which has left behind both
fascinating masterpieces and mediocre banalities, is the tone evoked by
the Coen brothers in Hail, Caesar! (which is also discussed in the
Dossier on producers and screenwriters in this same project). Here we
limit ourselves to examining a couple of very evocative scenes of some
facets of the Hollywood system. In Video 1 below, the star of the
historical-epic "colossal" film Hail, Caesar! (played by George Clooney)
launches a vehement accusation against the "system", which pretends to
produce historical and "spiritual" films, but in reality only produces
lollipops for the masses - what was once called "panem et circenses" ...
but he is immediately interrupted, and even slapped, by one of the
executives of the studio: "Now you go there and finish Hail, Caesar!,
you will do your monologue at the foot of the thief believing every
single word that you act, you will do it because you are an actor and it
is your job, as the director, the author, the editing
secretary and the "clapperboard" guy do ... you will do it because the film
has a value and you have value if you serve the film ... Go on set
and act like a star." The actor, albeit a recognized star, is therefore
a simple pawn in a puzzle like the one represented by a large industry
that thinks in exclusively commercial terms. Video 3, on the other hand, shows us another aspect of the "packaging" of a historical-religious Hollywood film, which, as such, must reduce the risks inherent in the script to ensure maximum approval by the public. For this reason, a meeting is called with the representatives of the main cults to obtain their consent with respect to the planned scenes. It goes without saying that even these inevitable mediations and compromises, which highlight the censorial cautions with which such sensitive matters are treated, are once again represented with irony and humor ... |
Video 1: Italiano Video 2: English |
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Video 3: Italiano Video 4: English Ave, Cesare!/Hail, Caesar! (di/by Joel e/and Ethan Coen, USA/GB 2016) |
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Concludiamo questa rapida carrellata di film-commedie che ironizzano sul
mondo di Hollywood con Hollywood, Vermont (si vedano i
trailer qui sotto), in cui una troupe cinematografica
"invade" Waterford, un tranquillo paesello nello stato del Vermont per
girare un film ... che in realtà ha tutte le carte in regola per
rivelarsi un disastro - a cominciare dal titolo, che allude ad un
vecchio mulino che non esiste più. A essere messi alla berlina sono un
po' tutte le figure professionali coinvolte, che per un verso o per l'altro
sono tutt'altro che affidabili: "il regista è un viscido, il
produttore uno squalo, lo sceneggiatore un ingenuo, la star pudibonda
una ninfomane, il primo attore corre dietro alle ragazzine. Si rischierà
la catastrofe, ma gli ingenui provinciali sono facilmente corruttibili
..." (Nota 4). A fare le spese di questa presa in giro è dunque
anche una certa America provinciale spesso raffigurata nella tradizione
cinematografica con toni falsamente idilliaci (il sindaco del paese si
chiama George Bailey, come James Stewart in
La
vita è meravigliosa di
Frank Capra,
ambientato in una piccola cittadina rurale). |
We conclude this quick roundup of comedy-films which depict with irony the world of Hollywood with Hollywood, Vermont (see the trailers below), in which a film crew "invades" Waterford, a quiet village in the state of Vermont to shoot a movie. which actually has all the credentials to turn out to be a disaster - starting with the title, which alludes to an old mill that no longer exists. All the professionals involved are being satirized, being anything but reliable: "the director is a slimy, the producer a shark, the screenwriter a naive, the star a nymphomaniac, the lead actor runs after the girls. Catastrophe is behind the corner, but the naive provincials are easily corruptible ..."(Note 4). Irony also touches a certain provincial America, often portrayed in the classical film tradition with falsely idyllic tones (the mayor of the village is called George Bailey, like James Stewart in It's a wonderful life by Frank Capra, which is likewise set in a small rural town). |
Trailer italiano English trailer Hollywood, Vermont/State and main (di/by David Mamet, USA 2000) |
Note/Notes
(1) Behlmer R. & Thomas T. 1975. Hollywood's Hollywood - The movies about the movies, The Citadel Press, Seacaucus, N.J., p. 75.
(2) Behlmer & Thomas, cit., p. 95.
(3) Ames C. 1997. Movies about the movies: Hollywood reflected, University Press of Kentucky, p. 97.
(4) Il Mereghetti. Dizionario dei film. Baldini & Castoldi, Milano.
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