Dossier Dossiers |
Le sequenze di apertura
"meta-cinematografiche": quando un film riflette su se stesso |
"Meta" opening sequences: self-reflecting films |
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Sulla soglia di un film: le sequenze di apertura - Piano del progetto * Introduzione generale * Il prologo di un film nelle sequenze di apertura * La definizione delle coordinate spazio-temporali di un film nelle sequenze di apertura * La presentazione dei personaggi di un film nelle sequenze di apertura * L'esposizione del tema centrale di un film nelle sequenze di apertura * L'uso delle sequenze di apertura per suggerire il tono e il genere di un film * Le sequenze iniziali di un film: il piano-sequenza e i movimenti della macchina presa * Grafica e design nelle sequenze di apertura di un film * Le ouvertures musicali nelle sequenze di apertura di un film * Le sequenze di apertura "meta-cinematografiche": quando un film riflette su se stesso |
On the threshold of a film: opening sequences - Project plan * A general introduction * The prologue of a film in its opening sequences * Opening sequences: establishing the place and time of a film's world * Introducing a film's characters in opening sequences * Conveying a film's main theme in opening sequences * Suggesting the tone and genre of a film through its opening sequences * Film opening sequences: long takes and camera movements * Graphics and design in a film's opening sequences * Musical overtures in a film's opening sequence * "Meta" opening sequences: self-reflecting films |
N.B. Sul "meta"-cinema si veda anche il Progetto I film sul cinema: uno sguardo "dall'interno" sul mondo del cinema, in particolare il Dossier "'Meta'-cinema: quando il cinema riflette su se stesso". La maggior parte delle sequenze di apertura soddisfa una o più delle funzioni definite nel "Piano del progetto" qui sopra. Tuttavia, esiste una particolare categoria di sequenze che sfidano queste funzioni, o, almeno, che le adempiono in modi inaspettati. In alcuni casi, il film sembra "aprire le porte" al pubblico, distruggendo quella "quarta parete" che solitamente è riservata alla macchina da presa, quella del cineasta, ma vietata agli spettatori: è come se un film invitasse gli spettatori ad "entrare" nel suo mondo, anche prima che questo mondo (il contesto, i personaggi, il tema/i, il tono, ecc.) fosse stabilito. Mettendo in mostra se stesso e i suoi "trucchi", un film sfida lo spettatore ad aprire gli occhi, a guardare da vicino, ad ascoltare attentamente, poiché l'illusione della realtà, su cui di solito si basa un film, viene distrutta fin dall'inizio. Il film, in altre parole, sembra “riflettere su se stesso”, sulla sua stessa esistenza, sui meccanismi che lo rendono possibile. Questo è il "meta-cinema" - un cinema che va oltre la superficie e l'illusione e porta i suoi spettatori a bordo in un viaggio alla scoperta di sé. Poiché questo non è il modo più frequente di aprire un film, il pubblico può essere sorpreso o restare sgomento, ma raramente è annoiato o infastidito: dopotutto, guardare un film "dall'interno" per una volta può essere un'esperienza interessante e stimolante, quindi un buon modo per attirare l'attenzione e il coinvolgimento del pubblico. Perché un regista dovrebbe voler usare la sequenza di apertura in questo modo, rinunciando alla sicurezza e all'immediatezza dei modi standard di iniziare un film? Non ci sono risposte certe a questa domanda, e questo è, in un certo senso, parte del gioco: è uno dei compiti del pubblico indagare e scoprire il motivo di questa insolita apertura e il significato che il regista sta cercando di trasmettere adottando questa posizione. Già nel 1931, ad esempio, gli spettatori pronti a guardare Frankenstein (si veda il video qui sotto) saranno rimasti sorpresi nel vedere, invece della prima scena del film, un uomo che usciva dal sipario ancora chiuso e faceva un breve discorso. Edward Van Sloan (che interpreta il dottor Waldam nel film) vuole chiaramente mettere in guardia il pubblico sul contenuto esplicito del film, sulla sua capacità di scioccare, persino di inorridire le persone ... Questa era ovviamente una strategia promozionale: l'"avvertimento" doveva stimolare ancora di più l'interesse e il coinvolgimento del pubblico. |
N.B. On "meta"-cinema see also the Project Movies about the movies: insiders' looks at the world of cinema, in particular the Dossier "'Meta-cinema': when movies reflect on themselves". Most of opening sequences fulfil one or more of the functions defined in the "Project plan" here above. However, there is a particular category of sequences that defy these functions, or, at least, that fulfil them in unexpected ways. In a few cases, the film seems to "open its doors" to the audience, by destroying that "fourth wall" that is usually reserved for the camera, i.e. the filmmaker, but forbidden to viewers: it is as if a film invited viewers to "enter" its world, even before this world (its context, its characters, its theme(s), its tone, etc.) had been established. By exposing itself and its "tricks", a film challenges viewers to open up their eyes, to watch closely, to listen carefully, since the illusion of reality, on which a film is usually based, is destroyed right from the start. The film, in other words, seems to "reflect on itself", on its very existence, on the mechanisms that make it possible. This is "meta-cinema" - a cinema that goes beyond the surface and the illusion and takes its viewers aboard on a journey of self-discovery. Since this is not the most frequent way of opening a film, the audience may be startled or surprised, but seldom bored or annoyed: after all, watching a film "from the inside" for once can be an interesting and stimulating experience, thus a good way to engage the audience's attention and involvement. Why would a filmmaker want to use the opening sequence in such a way, giving up the security and directness of the standard ways of beginning a film? There are no definite answers to this question, and this is, in a way, part of the game - it is one of the audience's tasks to investigate and discover the reason for this unusual opening and the meaning that the filmmaker is trying to convey by adopting this stance. As early as 1931, for example, viewers about to watch Frankenstein (watch the video below) would be startled to see, rather than the first scene of the movie, a man coming out of the still closed curtain and make a short speech. Edward Van Sloan (who plays Dr. Waldam in the movie) clearly wants us to warn about the explicit content of the film, its capacity to shock, even to horrify people ... This was clearly a promotional strategy: the "warning" would obviously stimulate the audience's interest and involvement even more. |
Frankenstein (di/by James Whale, USA 1931) |
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A volte la sequenza di apertura deve la sua "differenza" e originalità
alla forma di presentazione dei titoli di testa: ad esempio, in
Fahrenheit 451 (si veda il video in basso a sinistra), i titoli
di testa sono "letti ad alta voce" da una voce fuori campo, con immagini
fisse di tetti e di antenne, invece di essere scritti, come di solito
accade. E Nashville (si veda il video in basso a destra),
inizia come una roboante pubblicità di un'imminente attrazione musicale,
con una voce fuori campo che presenta il programma, mentre sullo schermo
scorrono verso l'alto a sinistra i nomi del cast e verso il
basso a destra i titoli delle canzoni, con le copertine degli album
delle canzoni stesse visualizzate al centro. Il tono della voce è quello
tipico di un trailer promozionale, e sottolinea la varietà e
l'attrattiva del cast - ma questo è il film vero e proprio, non il
trailer! |
Sometimes the opening sequence owes its "difference" and originality
to the
form of presentation of the title credits: for example, in
Fahrenheit 451 (watch the video below left), the title credits are
"read aloud" by a voice-over, with still images of roofs with a variety
of aerials mounted on top of them, instead of being written on title
cards, as is usually the case. And in Nashville (watch the
video below right), the film begins as a blazing announcement of a
coming musical attraction, with a voice-over
presenting the programme, while on the screen the names of the cast
scroll up on the left and the titles of the songs scroll down on the
right, with the album covers of the songs being displayed in the middle.
The tone of the voice is typical of a promotional trailer, emphasizing
the variety and attractiveness of the cast - except that this is the
actual film, not its trailer! |
Fahrenheit 451 (di/by François Truffaut, GB 1966) |
Nashville (di/by Robert Altman, USA 1975) |
Altre volte, le strategie narrative tradizionali vengono sovvertite e,
quando ciò accade, ci si deve chiedere perché è così e quale effetto
voleva ottenere il regista. Giocare con la sequenza temporale è
l'effetto sorprendente della sequenza di apertura di C'eravamo tanto
amati (si veda il video qui sotto), dove la scena di apertura si
ripete tre volte, ogni volta con una durata leggermente più lunga: tre
dei principali personaggi (Stefania Sandrelli, Nino Manfredi e Stefano
Satta Flores) scendono da un'auto davanti a una villa, e per tre volte
vediamo apparire sullo schermo il titolo del film. E per tre volte
vediamo il quarto protagonista (Vittorio Gassman), in vestaglia, uscire
dalla villa in giardino. Nella terza ripresa, i tre personaggi iniziano
a camminare lungo la recinzione - e di nuovo, in campo/controcampo,
vediamo il quarto camminare verso la piscina, arrampicarsi sul
trampolino e tuffarsi. La macchina da presa si sposta improvvisamente
per inquadrare i tre personaggi attoniti che guardano dal di fuori, solo per tornare immediatamente alla scena del salto, ora in
"fermo immagine". Un primo piano di uno dei tre personaggi è
accompagnato da una voce fuori campo che dice: "Attenzione: Gianni
finirà il suo tuffo in piscina alla fine di questa storia...", mentre
vediamo il corpo di Gassman sospeso a mezz'aria, e la frase è terminata
da uno dei tre personaggi: "... che iniziò trent'anni fa". Una
dissolvenza incrociata ora ci porta su una montagna innevata dove i
personaggi, tutti chiaramente più giovani, stanno innescando una bomba.
Questo è l'inizio del flashback, che inizia con i tre uomini
che combattono i fascisti durante la seconda guerra mondiale. Così la
strategia di scherzare con il tempo nella sequenza iniziale è funzionale
a una storia narrata in flashback, con la sequenza finale che
la chiude. |
At other times, the traditional narrative strategies are subverted,
and when this happens, one has to ask oneself why this is so and what
effect the filmmaker wanted to achieve. Messing around with the temporal
sequence is the surprising effect of the opening sequence of We all
loved each other so much (watch the video below), where the opening
scene is repeated three times, each time with a slightly longer
duration: three of the main characters (Stefania Sandrelli, Nino
Manfredi and Stefano Satta Flores) get out of a car in front of a villa,
and for three times we see the title of the film appearing on the
screen. And for three times we see the fourth main character (Vittorio
Gassman), wearing a dressing gown, come out of the villa into the
garden. In the third reprise, the three characters start walking along
the fence - and again, in a shot/reverse shot, we see the fourth one
walking to the pool, climbing the diving board and jumping off. The camera
suddenly moves to frame the three astonished characters watching
outside, only to come back immediately to the jumping scene, now in
"freeze frame". A close-up of one of the three characters is
accompanied by a voice-over saying, "Warning: Gianni will finish his
jump into the pool at the end of this story...", as we see Gassman's
body suspended in mid-air, and the sentence is finished by one of the
three characters: "... which started thirty years ago". A cross-fading
now takes us to a snow-covered mountain where the characters, who all
clearly look younger, are priming a bomb. This is the beginning of the
flashback, which starts with the three men fighting the Fascists during
World War II. Thus the strategy of messing around with time in the
opening sequence is functional to a story which is narrated in
flashback, with the end sequence closing it up. |
C'eravamo tanto amati/We all loved each other so much (di/by Ettore Scola, Italia/Italy 1974) - Film completo/Full film in Italian with subtitles |
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Una bizzarra sequenza di apertura segna l'inizio di Lemony Snicket -
Una serie di sfortunati eventi (si vedano i video qui sotto), che
inizia come una sequenza animata di titoli, una favola allegra e
spensierata chiamata "L'elfo più piccino". Pochi secondi dopo, lo
schermo si oscura e sentiamo una voce che dice: "Mi dispiace dire che
questo non è il film che state per guardare. Il film che state per
vedere è estremamente spiacevole. Se desiderate vedere un film su un
piccolo elfo felice, sono sicuro che ci sono ancora molti posti a sedere
nella sala numero due". Poi la sequenza prosegue con la voce fuori campo
che si presenta come Lemony Snicket, che ha il triste compito di
raccontare questa storia. Vediamo l'immagine in bianco e nero di una
casa bruciata, e un bambino che ne esce e viene invitato a salire su una
limousine; questa immagine si rivela presto essere una
fotografia, tenuta nelle mani del narratore. Così può iniziare il vero
film ... Giocando con le aspettative del pubblico, la sequenza del
titolo fornisce un percorso insolito e intrigante di una storia che
promette di essere esattamente l'opposto dell'allegra favola mostrata
all'inizio. |
A bizarre opening sequence marks the beginning of Lemony
Snicket's A series of unfortunate events (watch the videos below),
which starts as an animated title sequence, a happy and easy-go-lucky
tale called "The littlest elf". A few seconds later, the screen goes
dark and we hear a voice saying, "I'm sorry to say that this not the
movie you'll be watching. The movie you're about to see is extremely
unpleasant. If you wish to see a film about a happy little elf, I am
sure there is still plenty of seating in theater number two". Then the
sequence proceeds with the voice-over presenting itself as Lemony
Snicket, who has the sad task of telling this story. We get to see the
black-and-white image of a burnt-out house, and a child coming out of it
and being shown to get into a limousine; this image soon proves to be a
photograph, held in the hands of the narrator. Thus the real film can
start ... By playing with the audience's expectations, the title sequence
provides an unusual, intriguing way into a story which promises to be
just the opposite of the cheerful tale shown at the start. |
Italiano English |
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Giocare con le convenzioni consolidate di un genere cinematografico, e
persino sovvertirle, è ciò che fa Quentin Tarantino nella sequenza di
apertura di Grindhouse, che è, tuttavia, totalmente coerente
con i temi di base del film. Un cinema "grindhouse" è (o meglio era,
fino agli anni '70 in America) "un cinema spesso squallido con
proiezioni continue di film pornografici o violenti" (Nota 1), e
Tarantino rende omaggio a questo tipo di spettacoli includendo in realtà
due film all'interno di quello intitolato Grindhouse. Tuttavia,
la sequenza di apertura (si veda il video 1 qui sotto) inizia con una
serie di falsi "prossimamente", che, girati con una pellicola sgranata e
con una colonna sonora rovinata, sarebbero stati tipici dei film di
bassa qualità proiettati nei "grindhouse". Ma Tarantino va anche oltre:
vediamo dei titoli di un film "classificato X", accanto a foto di
gattini che giocano ... poi quello che dovrebbe essere il
"lungometraggio", che viene subito interrotto da un titolo che dice
"Pellicola mancante - Ci scusiamo per l'inconveniente - La Direzione del
cinema"... poi una pubblicità di un ristorante tex-mex, con esempi delle
specialità della casa... seguita da un'altra serie di scuse da parte
della direzione... e infine un cartone animato per bambini, ancora una
volta descritto come "vietato ai minori" ... Nel video 2 qui sotto, alla
fine possiamo vedere i titoli di testa del primo dei due film che
compongono Grindhouse, "A prova di morte". Tarantino introduce
così i temi e i toni principali del suo film, mettendo in chiaro che si
ispira a un'età passata della storia del cinema. |
Playing with the established conventions of a film genre, and even
subverting them, is what Quentin Tarantino does in the opening sequence
of Grindhouse, which is, however,
totally coherent with the basic themes of the movie. A "grindhouse"
cinema is (or rather was, until the 1970s in America) "an often shabby
movie theater having continuous showings of pornographic or violent
films" (Note 1), and Tarantino pays homage to this kind of shows by
actually including two films within the one titled Grindhouse.
However, the opening sequence (watch video 1 below) starts with a series of fake "prevues of
coming attractions", which, filmed in a grainy film stock and with a
cracked soundtrack, would be typical of the low-quality movies shown in
"grindhouse theaters". But Tarantino goes even further: we see the title
cards of a film "rated X", alongside with photos of kittens playing ...
then what should be the "feature film", which is immediately interrupted
by a title saying "Missing reel - Sorry for the inconvenience - Theater
Management" ... then an advertisement of a Tex-Mex restaurant, showing
examples of the specialties of the house ... followed by another series
of apologies from the management ... and finally, a children's cartoon,
again described as "restricted" ... In Video 2 below, we eventually get
to see the title credits for the first of the two films in his
programme, "Death proof". In this way, Tarantino introduces the main
themes and tones of his movie, making it absolutely clear that he is
inspired by a past age of cinema history. |
Video 1 Video 2 Grindhouse (di/by Quentin Tarantino, USA 2007) |
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Far sembrare la finzione "reale" è forse l'obiettivo della maggior parte
dei film, ma in The Truman Show (si vedano i video qui sotto)
assistiamo al contrario: è la realtà ad essere "confezionata" come un
film, con il personaggio principale (Jim Carrey ) che vive
inconsciamente una vita che non è altro che un programma televisivo "dal
vivo", e il mondo che lo circonda, compresa sua moglie, il suo lavoro e
tutto ciò che vede e sente, non è altro che un enorme set
cinematografico. All'inizio della sequenza di apertura, sentiamo una
spiegazione della logica di questo esperimento televisivo dal suo
"creatore, Christoph (Ed Harris)". Poi, mentre la macchina da presa
indietreggia, vediamo la faccia di Truman riflessa nello specchio del
suo bagno: ha un'espressione preoccupata, e dice: "Non ce la farò". Allo
stesso tempo, vediamo un segnale verde LIVE nell'angolo in basso a
destra ... potremmo già renderci conto che quello che stiamo guardando è
la vita di Truman su un monitor TV, proprio come il pubblico del
programma TV di cui è protagonista. Dopo di che iniziano i titoli di
testa, ma si riferiscono al programma TV all'interno del film, o al film
che stiamo effettivamente guardando? Poi vediamo un paio di interviste
ad altri personaggi del programma, che confermano che tutto è reale,
tutto è vero, non c'è niente di falso, è solo controllato, e la loro
vita è quella che stanno vivendo in "The Truman Show". Così questo film
si traasforma in una descrizione da incubo di un futuro mondo distopico,
dove una vita può essere trasformata in un film (o viceversa?). |
Making fiction look and sound like "real" is perhaps the aim of most
movies, but in The Truman Show (watch the videos below) we
witness the reverse: reality which is "packaged" as a movie, with the
main character (Jim Carrey) unconsciously living a life which is nothing else than a
"live" TV programme, and the world around him, including his wife, his
job, and everything he sees and hears, is nothing else than a huge
constructed set. At the start of the opening sequence, we get an
explanation of the rationale for this TV experiment by its "creator,
Christoph (Ed Harris)". Then, as the camera zooms out, we see Truman's
face reflected in his bathroom mirror: he has a worried expression, and
says, "I'm not gonna make it". At the same time, we see a green LIVE
sign on the bottom right corner ... we may already realize that what we
are watching is Truman's life on a TV monitor, just like the audience
of the TV programme of which he is the protagonist. After that, the
credits start, but are they referring to the TV programme within the
film, or the film we are actually watching? Then we see a couple of
interviews with other characters in the programmes, who confirm that
everything is real, everything is true, there is nothing fake, it is
merely controlled, and their life is the life they are living in
"The Truman Show". Thus this movie turns into a nightmarish description
of a dystopic future world, where a life can be turned into a film (or
vice versa?). |
Italiano English The Truman Show (di/by Peter Weir, USA 1998) |
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Il "film-nel-film", ad es. un film che viene girato all'interno del film
che stiamo guardando, è una tradizione di lunga data nella produzione
cinematografica. Un esempio molto chiaro è la sequenza di apertura di
Effetto notte (si veda il video qui sotto), che inizia con il
ciak, che ci informa che questo è la Quarta ripresa, e quindi segnala
che stiamo guardando il set di un film. Il contesto è una
strada di Nizza, con persone che camminano, macchine e autobus che
passano, ecc. - ma sentiamo anche una voce (presumibilmente quella del
regista o del direttore di scena) che dà istruzioni alle comparse che si
muovono sul set, finché non vediamo due persone che si
incontrano e una di loro schiaffeggia l'altra. A questo punto, sentiamo
la parola "CUT!", che segnala la fine della ripresa. Questa volta
vediamo il regista (il regista vero e proprio del film che stiamo
guardando, cioè François Truffaut), poi una rapida successione di
diverse riprese della stessa scena (e notiamo anche il nome del film,
"Pamela" scritto sul "ciak"). Segue una vista dall'alto del set, con la
musica di sottofondo, e poi vediamo i tecnici, vari tipi di macchinari e
attrezzature tecniche. Truffaut ha scelto di "aprire il set" a noi, il
pubblico, rendendo così il suo film un riflesso di se stesso,
evidenziando allo stesso tempo il carattere cooperativo del cinema e
fornendoci una visione affettuosa, persino nostalgica di cosa significhi
costruire una realtà alternativa e quanto sia facile mescolare realtà e
finzione. (Nota: "Effetto notte" si riferisce alle tecniche di ripresa
attraverso le quali è possibile far sembrare scene girate durante il
giorno come ambientate di notte.) |
The "film-in-the-film", e.g. showing a film being shot within the
movie we are watching, is a long-standing tradition in movie-making. A
very clear example is the opening sequence of Day for night
(watch the video below), which starts with the clapper board, which
informs us that this is Take 4, and thus signals that we are watching the set of a film. The context is a street in Nice, with people walking,
cars and buses passing by, etc. - but we also hear a voice (presumably
the director's, or the stage manager's) giving instructions to the
extras moving on the set, until we see two people meeting, and one of
them slapping the other in the face. At this stage, we hear the word
"CUT!", which signals the end of the take. This time we see the director
(the actual director of the movie we are watching, François Truffaut),
then a quick succession of different takes of the same scene (and we
also notice the name of the film, "Pamela" written on the clapperboard).
A high-angle view of the set follows, with the background music breaking
in, and we can then see the technicians, various kinds of machinery and
technical equipment. Truffaut has chosen to "open the set" to us, the
audience, thus making his film a reflection of itself, highlighting at
the same time the cooperative character of filmmaking and providing us
with an affectionate, even nostalgic view of what it means to build an
alternative reality and how easy it is to mix reality and fiction.
(Note: "Day for night" refers to filming techniques through which scenes
shot during the day can be made to appear as taking place at night.) |
Effetto notte/La nuit américaine/Day for night (di/by François Truffaut, Francia/France 1973) |
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Tuttavia, ci sono vari livelli in cui questi film "che riflettono su se
stessi" possono davvero mostrarsi (e mostrare il loro creatore, il
regista) e alla fine mettere veramente in discussione l'atto stesso del
filmare. Ciò accade più frequentemente nei film "d'autore",
d'avanguardia o sperimentali, con l'intento, talvolta esplicito, del
regista di sovvertire le "regole del gioco" svelando i "trucchi del
mestiere" o addirittura mettendo in discussione il ruolo e lo status del
cinema stesso . Questo è certamente il caso di Jean-Luc Godard, che, nella sequenza di apertura di La donna è donna (si veda il video in basso a sinistra), invece di mostrare i titoli di testa nel modo tradizionale, si limita a proiettare sullo schermo parole a caratteri cubitali, una successione di titoli che citano, in ordine sparso, tra gli altri, PONTI (produttore), GODARD (regista), COMEDIE (genere), COUTARD (direttore della fotografia), MUSICAL (genere), LEGRAND (compositore), SENTIMENTAL (genere), LUBITSCH (regista della Hollywood classica), 14 JUILLET (Festa Nazionale francese), KARINA - BELMONDO (attrice/attore) ... e con una voce femminile fuori campo che grida LUCE... CAMERA... AZIONE! vediamo il titolo del film - e il film inizia effettivamente, con il protagonista (che vediamo per la prima volta dall'interno di un bar), che entra nel bar sulle note di una nota canzone di Charles Aznavour. Così Godard attira la nostra attenzione fin dall'inizio non sul film in sé, ma su una serie di altri aspetti legati all'attività cinematografica: non solo cast e troupe, ma anche generi cinematografici e persino riferimenti ad altri registi, ovvero alla storia della cinema stesso. Questa è chiaramente una sequenza "meta". Una strategia simile è all'opera nel dramma politico Crepa padrone, tutto va bene (si veda il video in basso a destra), dove, ancora una volta, vediamo riferimenti di luogo e tempo (MAI 68 ... MAI 1972 ...) e poi il titolo del film, con la voce del "ciak" che lo ripete ad alta voce mentre annuncia i numeri delle riprese: 18/terza ... 22/quarta ... mentre iniziano a comparire i titoli di testa. Poi, quando i titoli di testa sono finiti, su uno schermo nero sentiamo la voce di un uomo: "Voglio fare un film", e una donna che risponde: "Per fare un film ci vogliono soldi", seguita da un primo piano di una mano che firma assegni per le diverse persone della troupe ... La donna dice: "Se prendiamo attori famosi, troveremo i soldi", e l'uomo: "Beh, allora troviamo degli attori famosi" - " Ma questi attori vogliono una storia ... una storia d'amore, di solito" ... e alla fine il film può iniziare, mostrando una coppia che cammina in un parco ... Rendendo il più esplicito possibile il set per le riprese di un film, Godard svela la parte "invisibile" del cinema, i problemi finanziari e tecnici che stanno dietro le riprese di qualsiasi "storia d'amore" ... |
However, there are various levels at which such "self-reflecting"
films can really disclose themselves (and their maker, the director) and
eventually put the very act of filmmaking under close scrutiny. This
happens more frequently in "author", avant-garde or experimental films, with
the filmmaker's sometimes explicit intent to subvert the "rules of the
game" by disclosing the "tricks of the trade" or even questioning the
role and status of cinema itself. This is certainly the case with Jean-Luc Godard, who, in the opening sequence of A woman is a woman (watch the video below left), instead of running the title credits in the traditional way, simply projects big letter words onto the screen, a succession of titles which mention, in random order, among others, PONTI (producer), GODARD (director), COMEDIE (genre), COUTARD (cinematographer), MUSICAL (genre), LEGRAND (composer), SENTIMENTAL (Genre), LUBITSCH (classical director), 14 JUILLET (National French Holiday), KARINA - BELMONDO (actress/actor) ... and with a female voice over which cries LIGHT ... CAMERA ... ACTION! we see the title of the movie and the movie actually starts, with the protagonist (whom we first see from the inside of a bar), entering the café to the tune of a well-known Charles Aznavour song. Thus Godard draws our attention right from the start not to the film itself, but to a number of other features connected with the filmmaking activity: not just cast and crew, but also film genres and even references to other directors, i.e. to the history of cinema itself. This is clearly a "meta"-sequence. A similar strategy is at work in the political drama Tout va bien (watch the video below right), where, once again, we see place and time references (MAI 68 ... MAI 1972 ...) and then the title of the film, with the voice of the clapper person repeating it aloud as he announces the take numbers: 18/3rd ... 22/fourth ... while the title credits start to appear. Then, when the credits are over, on a black screen we hear the voice of a man: "I want to make a film", and a woman answering, "To make a film you need money", followed by a close-up of a hand signing cheques for the different persons of the crew ... The woman says, "If we take famous actors, we'll find the money", and the man, "Well, let's find some famous actors then" - "But these actors want a story .. a love story, usually" ... and the film can eventually start, by showing a couple walking through a park ... By making the background to the shooting of a film as explicit as possible, Godard exposes the "invisible" part of filmmaking, the financial and technical problems which lie behind the filming of any "love story" ... |
La donna è donna/Une femme est une femme/A woman is a woman (di/by Jean-Luc Godard, Francia/France 1961) |
Crepa padrone, tutto va bene/Tout va bien (di/by Jean-Luc Godard, 1972) - Film completo/Full film in Italian with subtitles |
Godard ha adottato un approccio simile in Il disprezzo (si veda
il video in basso a sinistra), dove la sequenza di apertura ci mostra il
cortile di un complesso di produzione cinematografica, e una voce fuori
campo inizia a "leggere ad alta voce" i titoli di testa (come farà
Truffaut in Fahrenheit 451, vedi sopra) - ma con frasi intere,
ad es. "È un film di Jean-Luc Godard", "George Delerue ha scritto la
musica" e così via. Mentre sentiamo i titoli "letti ad alta voce",
vediamo anche una "carrellata": un'attrice, prima in campo lungo,
gradualmente si avvicina a noi, mentre viene ripresa dalla troupe
che sposta la macchina da presa sui binari accanto lei ... fino a quando
non otteniamo un primo piano dello stesso cameraman, che gira
lentamente la macchina da presa verso di noi, il pubblico. Qui
l'esposizione dei meccanismi del cinema è ancora più esplicita:
l'effetto è quello di distruggere di proposito l'illusione facendo
partecipare il pubblico alla realizzazione vera e propria del film. Come abbiamo notato, le sequenze iniziali semisperimentali compaiono per lo più nei film "d'autore", cioè film realizzati da registi affermati che "firmano" le loro opere con uno stile fortemente connotato e lo sviluppano attraverso una serie di film che compongono un corpus di film ben riconoscibili. In Persona di Bergman (si veda il video in basso a destra), ad esempio, la sequenza di apertura è ben lontana da quella che normalmente ci aspetteremmo: un rapidissimo susseguirsi di inquadrature, a partire da luci che sembrano "esplodere" sullo schermo, accompagnate da inquadrature di apparecchiature e i loro vari suoni (ad es., primissimi piani di parti di un proiettore, di una macchina da presa, dell'attrezzatura per l'illuminazione), e poi scene di un cartone animato capovolto e di un divertente film muto, primi piani di mani, di un ragno, di un occhio, di una mano inchiodata come se crocifissa - seguita da un paesaggio innevato di una piccola città e primissimi piani di volti e corpi... finché non vediamo un ragazzo tra lenzuola bianche, che cerca di dormire, poi prova a leggere un libro, mentre una colonna sonora inquietante e oscura accompagna le immagini. Il ragazzo si gira verso di noi, poi lo vediamo di spalle, mentre passa la mano su una vetrata, oltre la quale appare ora un volto di donna ... Cosa dobbiamo pensare di questa sequenza iniziale? Chiaramente non ha alcun significato narrativo, ma, attirando la nostra attenzione sulla forma delle immagini e dei suoni (cioè sul linguaggio cinematografico), ci fornisce semplicemente degli indizi (e forse delle chiavi di lettura) sul tono e sull'atmosfera di ciò che seguirà ... |
Godard adopted a similar approach in Contempt (watch the video below left),
where the opening sequence shows us the yard of a film production
complex, and a voice-over starts "reading aloud" the title credits (as
Truffaut will in Fahrenheit 451, see above) - but with full
sentences, e.g. "It's a film by Jean-Luc Godard", "George Delerue has
written the music", and so on. As we hear the titles being "read aloud",
we also see a "tracking shot": an actress, first in a long shot, then
gradually coming closer towards us, as she is filmed by the crew moving
the camera on the tracks beside her ... until we get a close-up of the
cameraman himself, slowing turning the camera towards us, the audience.
Here the exposure of the mechanisms of filmmaking is even more explicit:
the effect is to purposefully destroy the illusion by making the
audience participate in the actual making of the film. As we have remarked, semi-experimental opening sequences appear mostly in "author" films, i.e. movies made by well-established directors who "sign" their works with a highly distinctive style and develop this through a series of films which make up a "body" of recognizable movies. In Bergman's Persona (watch the video below right), for example, the opening sequence is far from what we would normally expect: a very quick succession of shots, starting with lights which seem to "explode" on the screen, accompanied by shots of equipment and their various sounds (e.g. very close-ups of parts of a projector, of a camera, of the lighting equipment), plus shots of a cartoon upside down, of a funny silent movie, close-ups of hands, of a spider, of an eye, of a hand being nailed down as in a crucifixion - followed by a snow-covered landscape of a small town and very close-ups of faces and bodies ... until we get to see a boy between white sheets, trying to sleep, then trying to read a book, while an eerie, dark musical score accompanies the images. The boy turns towards us, then we see him from the back, as he wipes his hand on a screen, beyond which a woman's face now appears ... What are we to make of this opening sequence? It has clearly no narrative meaning, but, by drawing our attention to the form of the images and sounds (i.e. to the film language), merely gives us hints (clues) as to the tone and mood of what is to follow ... |
Il disprezzo/Le mépris/Contempt (di/by Jean-Luc Godard, Francia/France-Italia/Italy 1963) - Film completo in francese con sottotitoli/Full film in French with subtitles |
Persona (di/by Ingman Bergman, 1966) |
Note/Notes
(1) https://www.merriam-webster.com/dictionary
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